La Cina ha segnato un altro significativo passo in avanti per quanto riguarda l’esplorazione spaziale: il lander lunare Chang’e-6 è atterrato con successo sul lato nascosto della Luna prelevando circa due chili di campioni dal terreno e si trova ora sulla via del ritorno, previsto per il 25 giugno nel sito di Siziwang Banner, in Mongolia. Lo ha annunciato l’Amministrazione spaziale nazionale cinese, citata dall’agenzia di stampa Xinhua. Si tratta di una delle operazioni robotiche più complesse mai realizzate da Pechino e della sesta missione lunare dal 2007. I campioni raccolti potrebbero fornire indizi cruciali per indagare l’origine e l’evoluzione non solo della Luna stessa, ma anche della Terra e del sistema solare, oltre che arricchire le conoscenze scientifiche in vista delle prossime missioni e degli obiettivi futuri della Cina, che vorrebbe inviare astronauti sulla Luna nel 2030. Alla missione, inoltre, ha contribuito anche il Belpaese: a bordo del lander era presente uno strumento chiamato INRRI e realizzato da ricercatori italiani.
Il lander lunare cinese Chang’e-6 è atterrato con successo sul lato nascosto della Luna – che mostra sempre la stessa faccia in quanto possiede periodo di rotazione simile a quello di rivoluzione intorno alla Terra – domenica mattina, alle 00:23 ore italiane. L’allunaggio ha seguito 20 giorni di orbita ed è avvenuto nell’immenso bacino del Polo Sud-Aitken, ovvero un cratere di circa 2.500 km di diametro situato vicino al polo sud lunare. All’interno di questa zona – riporta l’agenzia di stampa cinese – Chang’e-6 ha esaminato un terreno «esplorato per la prima volta nella storia umana». Il dispositivo, costituito da un orbiter, un returner, un lander e un ascender, ha raccolto per due giorni campioni lunari sfruttando un trapano ed un braccio robotico e ha sfruttato il supporto fornito dal satellite Queqiao-2, lanciato nel marzo 2024. Tale impiego ha permesso all’Agenzia spaziale cinese di superare un ostacolo tutt’altro che indifferente: il lato buio della Luna è al di fuori della portata delle normali comunicazioni e per questo è risultato essenziale lo strumento lanciato qualche mese prima che, grazie alla sua potente antenna parabolica di oltre 4 metri di diametro, è stato in grado di collegare l’Agenzia a Chang’e-6. Tuttavia – spiegano gli scienziati cinesi – per risparmiare tempo e migliorare l’efficienza è stato comunque sviluppato un processo di campionamento più intelligente che ha permesso al lander di eseguire istruzioni in modo autonomo per ridurre le interazioni Terra-Luna.
Durante la missione, è stata issata la bandiera nazionale cinese e sono stati eseguiti vari esperimenti scientifici, tra cui l’attivazione del rivelatore di ioni dell’ESA e il rilevatore di radon. Il lander, quindi, non si è limitato alla sola raccolta di campioni, ma ha valutato e testato le risorse presenti nell’area, cercando prove sulle grandi riserve di ghiaccio che dovrebbero essere presenti nei pressi del polo sud lunare. Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, ha dichiarato che Chang’e-6 rappresenta un passo importante nella corsa al ritorno sul nostro satellite naturale, ricordando la presenza di un contributo italiano alla missione: «A bordo del lander è presente uno strumento realizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Si chiama INRRI ed è costituito da un retroriflettore laser passivo da utilizzare per la telemetria laser del lander. Non richiede energia e sarà utilizzato anche dopo che la missione si sarà conclusa».
Secondo quanto riportato dall’Agenzia di stampa cinese Xinhua, che cita la China National Space Administration, la sonda è decollata martedì 4 giugno alle ore 7:38 locali dopo aver stivato i campioni raccolti come previsto. Si stima che il viaggio di ritorno sulla Terra durerà circa tre settimane e terminerà con un atterraggio previsto in Mongolia il 25 giugno. «L’enigmatico lato nascosto della Luna è così diverso dal lato visibile della Luna in così tanti modi, che senza campioni restituiti, gli scienziati lunari non possono comprendere appieno la Luna come un intero corpo planetario. I campioni restituiti da Chang’e-6 consentiranno di compiere grandi passi avanti nella risoluzione di questi problemi», ha affermato James Head, professore alla Brown University che ha collaborato alla missione. Ma gli obiettivi non sembrano limitarsi solo ad una maggiore comprensione del corpo celeste: «La superficie lunare è ricca di basalto. Dato che in futuro costruiremo una base lunare, molto probabilmente dovremo trasformare il basalto in fibre e usarlo come materiale da costruzione», ha dichiarato l’ingegnere e ricercatore Zhou Changyi. La Cina, infatti, prevede di lanciare altre due missioni della serie Chang-e che le consentirebbero di avvicinarsi ulteriormente all’obiettivo di inviare astronauti sulla Luna nel 2030, e sicuramente nell’ultima settimana è stato raggiunto un importante passo in avanti per portare a termine tale obiettivo.
[di Roberto Demaio]
The dark side of the Moon. Mmh, l’ importante è giocare sempre a carte coperte così ai terrestri creduloni si può propinare qualsiasi teoria…