giovedì 21 Novembre 2024

Oltre cento cittadini hanno portato in tribunale il Ponte sullo Stretto di Messina

Le proteste contro il Ponte sullo Stretto procedono, e si estendono al campo legale. Giovedì 13 giugno, un gruppo di 104 persone tra attivisti, abitanti, e «amanti dello Stretto», ha presentato un ricorso presso il Tribunale di Roma contro la Società Stretto di Messina SPA. La class action, si legge in un comunicato stampa del gruppo, intende muoversi contro il cosiddetto “decreto ponte”, che viene giudicato dagli avvocati «costituzionalmente illegittimo e contrario alla normativa europea». Intenzione dei ricorrenti è quella di portare avanti interessi «collettivi all’ambiente, alla salute e allo sviluppo sostenibile nell’area dello stretto di Messina». Nello specifico, spiega la nota stampa, il ricorso punta a «ottenere la cessazione immediata da parte della società Stretto di Messina, di ogni atto o comportamento pregiudizievole dei diritti e degli interessi collettivi», nonché a «ordinare la cessazione immediata di ogni attività negoziale, della stipula di atti aggiuntivi, unilaterali e contrattuali, onerosi e non» legati in qualsiasi modo alla costruzione dell’opera.

Il ricorso contro la Società Stretto di Messina, nonostante depositato lo scorso giovedì, è stato reso noto solo ieri. I ricorrenti – la cui lista di nomi è disponibile nelle prime pagine del documento – sono persone provenienti da diverse realtà e parte di essi è stata soggetto di espropri da parte delle autorità. Come ci ha spiegato brevemente l’avvocata Aurora Notarianni, una dei quattro legali che rappresentano i ricorrenti, l’azione vuole essere solo «inibitoria», e non intende richiedere pagamento di danni o rimborsi. Nello specifico, il documento, lungo 42 pagine, rileva le criticità del decreto ponte nei riguardi della legge comunitaria «sia in materia di concorrenza, che di tutela dell’ambiente». In aggiunta a ciò, gli avvocati portano avanti anche questioni di legittimità costituzionale, tanto che, ci comunica la stessa avvocata, se il ricorso non dovesse venire accettato, l’intenzione è quella di portarlo davanti alla stessa Corte Costituzionale.

Nello specifico, il ricorso contesta la Legge n. 197/2022 (che sarebbe la legge di bilancio per il 2023), e il Decreto Legge n. 35/2023 convertito con modificazioni nella Legge 58/2023, ossia quello che regolamenta “Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”. Secondo gli avvocati, il cosiddetto decreto ponte violerebbe gli articoli 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i due pilastri legali che costituiscono quella che viene gergalmente definita “costituzione dell’Unione Europea”. I due articoli interessati riguardano la sostenibilità ambientale, e verrebbero violati dal decreto ponte poiché esso minerebbe i principi di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente. I legali reputano inoltre che “Il decreto legge n. 35/2023 agli artt.1, 2, 3 e 4 contrasta con i principi di leale concorrenza nel mercato, considerato nella totalità della sua dimensione a livello europeo” così come con il TFUE (artt. da 101 a 109). Precisamente, a costituire violazione delle leggi sulla concorrenza sarebbero l’articolo 1 “sull’assetto societario e la governance della società Stretto di Messina”, l’articolo 2 “sulla concessione affidata che riacquista efficacia”, l’articolo 3 “sul riavvio delle attività di programmazione e progettazione dell’opera” e l’articolo 4 sul medesimo riavvio “degli atti aggiuntivi”. Tanto parallelamente quanto conseguentemente alle violazioni delle carte fondamentali europee, vi sarebbero inoltre analoghe violazioni di articoli della Costituzione italiana, e nello specifico degli articoli 2, 3, 9, 11, 32, 41, 42, 77, 81, 97 101, 104, 117, 118 e 120.

La costruzione del Ponte sullo Stretto è stata contestata sin dal suo concepimento. A febbraio è stato approvato il progetto definitivo, mentre ad aprile è iniziato l’iter di esproprio. Già a maggio, tuttavia, il piano di aprire i cantieri nel 2024 è naufragato, elemento che secondo molti confermerebbe le critiche avanzate dai contestatori, prima tra tutte quella che lo descrive come una sostanziale mossa propagandistica e di scarsa utilità per i territori interessati.

[di Dario Lucisano]

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