Cina, Corea del Nord, Francia, India, Israele, Pakistan, Regno Unito, Russia, e naturalmente Stati Uniti: questa la lista delle nove potenze nucleari del mondo, che solo nel 2023 hanno speso oltre 91 miliardi di dollari proprio negli investimenti sull’armamento atomico. I dati sono forniti dall’annuale rapporto dell’International Campaing to Abolish Nuclear Weapons, solitamente abbreviato come ICAN, organizzazione premio Nobel per la pace 2017 che si spende per promuovere l’adesione e l’implementazione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Nel rapporto si legge che ogni singolo Paese ha aumentato le spese militari sul proprio arsenale atomico, e che, prese tutte insieme, rispetto al 2022, le 9 potenze militari hanno incrementato gli investimenti riguardanti l’armamento nucleare di 10,8 miliardi di dollari, equivalenti a un innalzamento percentile pari a 13,4 punti. Questo quadro di incremento negli investimenti sulle armi di distruzione di massa è restitutivo del generale clima di tensione che da mesi investe tutto il globo, e va di pari passo con un analogo aumento delle spese nel più generale ambito bellico-militare.
Secondo il rapporto dell’ICAN, nel 2023 sono stati spesi in totale 91.393.404.739 di dollari in investimenti bellico-nucleari, l’equivalente di 2.898 dollari al secondo. Le spese sono cresciute in tutti e 9 i Paesi nucleari, e in particolar modo negli Stati Uniti, che hanno visto un incremento nelle spese pari al 18%, e che da soli hanno investito 51,5 miliardi di dollari, più di tutti gli altri 8 Paesi presi insieme. Al secondo posto per la spesa si trova la Cina con 11,9 miliardi, che ha sorpassato la Russia, ora in terza posizione con 8,3 miliardi. Sul fronte dei privati, il rapporto ICAN rileva invece che 20 compagnie che lavorano nello sviluppo e nel mantenimento degli arsenali nucleari hanno guadagnato 31 miliardi di dollari, 7,9 dei quali generati da nuovi contratti. Questi rientrano in un più generale e ampio quadro di spesa talvolta dalla prospettiva decennale, che preso nella sua totalità vale almeno 335 miliardi di dollari. Le compagnie investite nell’ambito della tecnologia bellico-nucleare, inoltre, “esercitano influenza sui governi, think thank, e istituti finanziari”, tanto che molti dei vecchi e attuali dipendenti di queste stesse compagnie, siedono in diversi tavoli di lavoro, tra “think thank, quadri direttivi, e consigli di amministrazione”. Secondo l’ICAN, queste grandi imprese hanno speso 118 milioni di dollari per finanziare la “lobby” del nucleare dell’asse USA-Francia (11 milioni in più rispetto al 2022), e la maggior parte di esse ha intrattenuto rapporti diretti con rappresentanti del Regno Unito, arrivando a incontrarsi addirittura con il Primo Ministro Rishi Sunak. Per quanto concerne i privati risulta infine importante anche il lato dell’investimento “teorico”, a cui le compagnie hanno riservato 6 milioni di dollari.
Sebbene non si tratti di una potenza nucleare, anche l’Italia è riuscita a ritagliarsi il proprio spazio nel rapporto ICAN. A ottenere il posto d’onore è la azienda a partecipazione maggioritaria statale Leonardo, che secondo il documento avrebbe guadagnato in totale 281 milioni di dollari. 2 i think thank finanziati, 13 gli incontri con rappresentanti del Regno Unito, 317 i lobbisti assunti, per un totale di investimenti pari a poco meno di 1,4 milioni sull’asse USA-Francia. Proprio quest’ultimo Paese risulta quello con cui Leonardo intesse le sue più proficue relazioni, anche in quanto parte del colosso europeo MBDA, principale consorzio continentale nella costruzione di missili e tecnologie per la difesa di cui la stessa Leonardo è una delle tre aziende proprietarie.
L’aumento negli investimenti sulle armi nucleari si colloca in un più generale contesto di incremento delle spese militari globali. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (SIPRI), nel 2023 le spese militari globali hanno raggiunto il record di 2.443 miliardi in un anno, con un aumento del 6,8% in termini reali rispetto al 2022. Dalle spese previste per il 2023 a quelle per il 2024, la stessa Italia ha aumentato le proprie spese per il settore della difesa di oltre il 5%, arrivando a un record annuale pari a oltre 29 miliardi di euro. Secondo l’ultimo rapporto del SIPRI sull’export delle armi, inoltre, negli ultimi cinque anni l’Italia avrebbe aumentato il proprio volume di esportazione di materiali bellici dell’86%, superando il Regno Unito.
[di Dario Lucisano]