Si chiamava Satnam Singh ed era un bracciante di origine indiana di 31 anni che lavorava nella provincia di Latina. Due giorni fa, mentre lavorava, aveva perso un braccio, completamente staccatosi dal corpo dopo essere rimasto incastrato in un macchinario avvolgiplastica. Ma i suoi datori di lavoro, anziché chiamare i soccorsi, lo avevano caricato su un furgone e lasciato agonizzante in strada davanti casa, con il braccio staccato dal corpo appoggiato su una cassetta della frutta. Solo dopo diverse ore un passante ha chiamato il 118, che lo ha trasportato d’urgenza all’ospedale San Camillo di Roma. Ma era troppo tardi e Satnam è deceduto ieri mattina. Una storia allucinante, testimonianza delle condizioni in cui il lavoro sotto caporalato funziona in alcune zone d’Italia, specie quando basato sullo sfruttamento della manodopera straniera.
L’agghiacciante storia di Satnam Singh avviene fra Borgo Santa Maria e Borgo Montello, due frazioni del Comune di Latina. Singh era arrivato in Italia qualche anno fa assieme alla moglie, e i due lavoravano, senza contratto, in un’azienda che coltiva angurie, meloni, zucchine e ortaggi. Addetto al taglio del fieno, lunedì, il lavoratore era finito schiacciato da un macchinario, che gli ha reciso il braccio destro e schiacciato entrambe le gambe, causandogli fratture anche sugli arti inferiori. I soccorsi sarebbero stati chiamati su segnalazione dei vicini, che lo hanno trovato gettato davanti casa privato di un arto. È stato dunque portato d’urgenza in elicottero presso l’Ospedale San Camillo di Roma, dove ieri è morto. Da quanto si apprende da fonti giornalistiche, la Procura di Latina avrebbe aperto un’indagine contro il titolare dell’azienda per omissione di soccorso e omicidio colposo. La sindaca del Comune di Latina e la Regione Lazio hanno dichiarato che si costituiranno parte civile in un eventuale processo, e quest’ultima si è anche offerta di pagare le spese per il funerale della vittima.
Quello che è successo a Satnam Singh non è un incidente, ma il riflesso di un apparato malato che assume i connotati di un sistema di sfruttamento su basi etnico-razziale e di classe. Si tratta del fenomeno del caporalato, ancora particolarmente radicato nelle zone agricole italiane, dal sud fino alla Lombardia. Il caporalato è una sistema illegale di reclutamento e organizzazione della manodopera specialmente attivo nel settore primario. Sotto di esso, una serie di intermediari – detti appunto caporali – che lavorano per un imprenditore assumono operatori giornalieri, irregolari, al di fuori dei normali canali di collocamento, e sfruttando la propria posizione di monopolio del lavoro per sottopagarli. Secondo l’ultimo rapporto Agromafie e caporalato, realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil (risalente al 2022), 1 lavoratore agricolo su 3 sarebbe irregolare. Come denunciato dall’avvocato Bitonti a Redattore Sociale, i braccianti vivono e lavorano in condizioni inumane in casolari agricoli abbandonati e senza luce, acqua, porte o finestre, nonché privi di arredi, veri e propri letti, e circondati da spazzatura. Il fenomeno coinvolge l’intero Paese, ed è arrivato addirittura al Ministero dell’Interno, a testimonianza di quanto profondamente esso penetri nel mondo del lavoro italiano.
[di Dario Lucisano]
Mi dispiace ma il discorso di Mentana mi trova solo parzialmente ďaccordo.
Questo tipo di migranti vengonochiamati dalle aziende perchè costano meno, punto e basta. È vero che sono lavori che molti italiani non vogliono fare proprio ma molti altri non accettano di farli alle condizioni anche economiche proposte.
Il discorso che ha fatto Mentana ieri sera in Tv lo dovrebbero leggere nelle scuole , nelle piazze e soprattutto in Parlamento , fermo restando che la grossa distribuzione ha la sua parte di responsabilità in tutto questo come ovviamente i datori di lavoro .