giovedì 21 Novembre 2024

L’Europa arma il Kenya per reprimere le proteste popolari

È alta la tensione in Kenya, dove ieri manifestanti esasperati hanno assaltato il parlamento di Nairobi per protestare contro un disegno di legge che prevede un aumento delle tasse. In questo contesto, il Consiglio europeo ha adottato il 24 giugno la prima misura di assistenza a sostegno delle forze di difesa del Kenya del valore di 20 milioni di euro, nell’ambito dello Strumento europeo per la pace, armando di fatto lo Stato africano per reprimere le proteste. L’obiettivo dichiarato dal Consiglio è «proteggere l’integrità territoriale e la sovranità del paese e la sua popolazione civile da minacce interne ed esterne». Il tempismo con cui arriva l’iniziativa europea, tuttavia, coincide proprio con la necessità di sopprimere le rivolte in corso, anche considerato che i manifestanti hanno dichiarato l’intenzione di proseguire le contestazioni contro l’aumento delle tasse e che i principali Stati occidentali – tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti e Germania – hanno espresso preoccupazione per i recenti episodi di violenza. Lo strumento europeo finanzierà le attrezzature, le forniture e i servizi connessi, compresa la formazione tecnica, ove necessario, delle forze di difesa del Kenya. Saranno quindi forniti aeromobili senza equipaggio tattici, intercettori e disturbatori non letali, sistemi per neutralizzare gli ordigni esplosivi improvvisati, sistemi di guerra elettronica, veicoli militari tattici transnazionali e una postazione medica mobile, come si legge sul sito del Consiglio.

La Nazione, guidata dal presidente William Ruto è attualmente nell’orbita delle istituzioni finanziarie occidentali, tra cui il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che sta esortando il governo a tagliare la spesa pubblica per ottenere maggiori finanziamenti. Il disegno di legge, passato in terza lettura e in attesa solo della firma del presidente, mira a raccogliere 2,7 miliardi di dollari in tasse come parte di uno sforzo per alleggerire il pesante carico del debito del Kenya, considerato che i soli interessi sullo stesso consumano il 37% delle entrate annuali. Anche il Kenya si trova, dunque, nella morsa del debito creato dalle istituzioni occidentali che impongono l’austerità e le politiche economiche neoliberiste del Washington Consensus in cambio di finanziamenti. Nairobi ha dovuto far fronte, negli ultimi anni, a diverse crisi causate dalla pandemia di Covid19, dalla guerra in Ucraina, dal deprezzamento della valuta e da due anni consecutivi di siccità.

L’approvazione del disegno di legge sull’aumento delle tasse rappresenta quindi il culmine di un malcontento generale e di una crisi economica che è sfociata in violenza: dopo l’assalto al Parlamento si sono, infatti, verificati scontri tra i manifestanti e la polizia. Quest’ultima ha sparato sulla folla che cercava di entrare nel Parlamento uccidendo almeno cinque persone, dopo che i gas lacrimogeni e gli idranti non sono riusciti a disperdere i dimostranti. Il ministro della Difesa Aden Duale ha fatto sapere successivamente che l’esercito è stato schierato per aiutare la polizia ad affrontare una «emergenza di sicurezza» che ha provocato «la distruzione e la violazione di infrastrutture critiche». Proprio il dispiegamento dell’esercito spiega lo stanziamento repentino di fondi da parte dell’Ue per sostenere le forze armate kenyote. In un discorso televisivo alla nazione, Ruto ha detto che il dibattito fiscale è stato «dirottato da persone pericolose»: nonostante il tentativo di addossare le responsabilità delle tensioni solo su un gruppo ristretto, seppure pericoloso, della nazione, la disapprovazione generale della popolazione è evidente. Le proteste si sono diffuse in tutto il Paese con la folla che incitava alle dimissioni di Ruto. Si assiste, dunque, ad una spaccatura netta tra la popolazione e il governo kenyota, quest’ultimo sostenuto dai Paesi occidentali e dall’UE nel tentativo di reprimere le proteste con la forza.

[di Giorgia Audiello]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Ho casa in Kenya e informo quindi quelli che inviano armi al Kenya, che soldati e polizia in Kenya, escluse solo le forze speciali e le truppe d’élite abituate alle missioni all’estero, sono tutti banditi corrotti che taccheggiano la popolazione, se si vuole aiutare il Kenya usiamo le loro truppe nelle missioni internazionali e basta.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria