sabato 6 Luglio 2024

Il “riformista” Masoud Pezeshkian sarà il nuovo presidente dell’Iran

Con un inaspettato colpo di coda si è chiuso l’eccezionale tornata elettorale in Iran per decretare il nuovo Presidente del Paese: a trionfare è stato infatti il candidato riformista Masoud Pezeshkian con il 53,3% delle preferenze, che ha goduto così del supporto di circa 3 milioni di elettori in più rispetto al rivale ultraconservatore Saeed Jalili. La vittoria di Pezeshkian – unico riformista candidato sin dal primo turno – risulta a tratti inattesa, e si configura come un primo accenno di liberalizzazione della Repubblica Islamica; dal nuovo Presidente ci si aspetta infatti qualche rinnovamento nelle politiche interne e nella gestione dei rapporti esteri del Paese. È difficile, tuttavia, che il trionfo di Pezeshkian porti a cambi radicali su entrambi i fronti, essendo egli tenuto a mantenere la sua fedeltà assoluta nei riguardi di Ali Khamenei, la Guida Suprema del Paese.

Le elezioni presidenziali in Iran sono state indette dopo la morte del Presidente Ebrahim Raisi, avvenuta lo scorso 19 maggio dopo un incidente in elicottero. Il ballottaggio si è tenuto ieri, venerdì 5 luglio, ed è seguito al primo turno di venerdì 28 giugno. Stando ai primi dati ufficiali, Pezeshkian avrebbe ottenuto 16.384.403 voti contro i 13.538.179 di Jalili. Al ballottaggio presidenziale avrebbero partecipato 30.530.157 (49,8%) dei 61.452.321 elettori aventi diritto, circa il 10% in più rispetto al primo turno. Molti cittadini iraniani, infatti, si sono presentati alle urne per non fare vincere il candidato conservatore, contribuendo alla vittoria di Pezeshkian. In tal senso il dato relativo all’affluenza e la stessa vittoria del candidato riformista risultano particolarmente restitutivi della impopolarità di cui gode il regime iraniano.

Durante la campagna elettorale, Pezeshkian, cardiochirurgo ex ministro della Sanità, ha mostrato posizioni più moderate rispetto a quelle degli altri candidati. Le politiche da lui proposte tendono a una molto parziale e graduale liberalizzazione del Paese, e vanno dalla volontà di riaprire i contatti con l’Occidente – e specialmente con gli Stati Uniti – per rilanciare l’economia, fino ad arrivare a una gestione meno conflittuale e violenta di questioni interne come quella dell’utilizzo del velo in pubblico, diventata centrale dopo la vicenda di Masha Amini. Nonostante ciò, egli non si allontana, né con ogni probabilità allontanerà, dalle più importanti politiche interne ed estere del Paese, quali la nuova gestione del nucleare o i legami con le milizie filo-iraniane site nel Medioriente. La sua stessa candidatura, dopo tutto, è stata concessa dalle autorità del regime, che quest’anno hanno bocciato 74 candidature, elemento che sottolinea ancor di più come sia molto difficile che la sua vittoria possa davvero rivoluzionare le politiche cruciali del Paese. Pezeshkian, comunque, giocherà un ruolo, seppure minore, nella decisione della prossima Guida Suprema. Quest’ultima risulta la massima carica religiosa e amministrativa prevista dalla Costituzione iraniana, e per tale motivo è la figura più di spicco della politica del Paese, e ne detta la sua reale linea.

[di Dario Lucisano]

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