martedì 16 Luglio 2024

Nel Kenya in rivolta spuntano resti di corpi torturati vicino alla caserma militare

Colorati sacchi della spazzatura, ciascuno legato con sottili fili di nylon, vengono prelevati da una sorta di discarica, adagiati a terra, e aperti: dentro si trovano i resti smembrati di una serie di irriconoscibili corpi in decomposizione, con evidenti segni di mutilazione e tortura. Questa, la raccapricciante scena che da giorni è stampata negli occhi dei cittadini kenioti. Nella giornata di venerdì 12 luglio sono stati trovati i resti di sei persone, successivamente identificate come donne, in una vecchia cava oggi ricoperta dalla spazzatura, situata a due passi da una caserma della polizia nei sobborghi della capitale Nairobi. Dei fatti si sa ancora molto poco, se non appunto che la maggior parte dei cadaveri, compresi gli altri almeno tre trovati nei giorni successivi, pare essere di persone di genere femminile. Le ipotesi sul piatto sono diverse: secondo le autorità potrebbe trattarsi di un serial killer, così come anche di una setta, visti soprattutto i precedenti che contraddistinguono il Paese; non manca neanche, però, chi ritiene che, data la vicinanza e le rivolte recenti, a essere coinvolta potrebbe essere la stessa polizia keniota, contro la quale l’autorità di controllo della polizia statale pare avere già avviato un’indagine.

Dietro ai ritrovamenti di venerdì aleggia ancora un’atmosfera di mistero e incertezza. I corpi inizialmente trovati erano sei, avvolti da sacchi e sacchetti di polietilene di colori assortiti, legati principalmente con fili di nylon secondo quello che viene definito “uno schema di imballaggio” ricorrente. I cadaveri sono stati recuperati da una cava piena di spazzatura di fronte alla stazione di polizia di Kware, vicino alla baraccopoli di Mukuru Kwa Njenga, nei sobborghi sud di Nairobi. Dopo i fatti di venerdì sono stati trovati altri corpi, la maggior parte di persone di genere femminile; tutti quanti erano mutilati, seviziati e con evidenti segni di tortura. Al di là di una eventuale “pista serial killer“, su cui ancora non pare esserci alcun indizio, un’altra delle interpretazioni sul piatto è quella che dietro agli omicidi e alle torture vi sia una setta. Il Kenya, dopo tutto, non sarebbe nuovo a questo genere di pratiche, tanto che solo una settimana fa è iniziato un processo contro Paul Mackenzie, un predicatore accusato di aver convinto oltre 400 persone a lasciarsi morire di fame.

L’ipotesi che sta causando più allarme, tuttavia, è quella secondo cui dietro agli omicidi di massa vi sia la polizia. A tal proposito, il Police Reforms Working Group (Gruppo di lavoro per le riforme della polizia, PRWG) keniota rimarca come il ritrovamento dei corpi sia avvenuto a pochi giorni dai turbolenti moti di protesta che hanno investito il Paese, sollevatisi contro la nuova finanziaria proposta – e poi ritirata – dal Presidente Ruto. In seguito a essi, numerosi contestatori sono stati uccisi e feriti, e altrettanti sono stati arrestati indiscriminatamente, sparendo in circostanze ancora ignote. In seguito alle sue analisi, il PRWG ha avanzato delle richieste a Governo e autorità keniote; esso, nello specifico: ha chiesto al Governo di indagare con urgenza sull’accaduto, in modo che i responsabili vengano trovati nel più rapido tempo possibile; si è appellato alle autorità competenti chiedendo che vengano smistati i resti dei corpi, e che si proceda, in coordinazione con un soggetto terzo e indipendente, con le identificazioni; ha proposto che venga aperto un database delle persone smarrite, domandando alla popolazione di fornire assistenza e informazioni; ha infine chiesto la chiusura di tutte le discariche, e che quella di Kware venga resa scena del crimine.

Parallelamente al PRWG, anche l’Independent Police Oversight Authority (Autorità di vigilanza indipendente della polizia, IPOA) ha redatto un documento in cui avanza le proprie richieste alle autorità e in cui annuncia l’apertura di una indagine volta a investigare su ogni possibile coinvolgimento delle forze dell’ordine negli omicidi di massa. Dopo i tanti appelli, il Presidente Ruto si è limitato a condividere una frase su un post su X dedicato a quattro argomenti diversi. Nel Paese, il malcontento nei suoi confronti è ormai crescente, e le accuse rivolte alle autorità – nonostante non sia ancora possibile stabilire cosa sia successo – non fanno che aumentare il senso di sfiducia nelle istituzioni che aleggia tra i cittadini kenioti.

[di Dario Lucisano]

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