sabato 23 Novembre 2024

61 suicidi e nuove rivolte ogni giorno: l’estate delle carceri italiane

Un altro morto di carcere. Aveva 25 anni la sessantunesima vittima di un sistema penitenziario che ormai ogni giorno palesa la propria insostenibilità, caratterizzato da continui suicidi e rivolte sempre più frequenti. Il giovane si è impiccato il 30 luglio in una cella del reparto isolamento di Rieti dove era stato rinchiuso a seguito delle proteste scoppiate nei giorni precedenti, quando circa 400 detenuti si erano rifiutati di rientrare nelle rispettive celle per due giorni e due notti, lanciando una sorta di autogestione carceraria. L’ondata di suicidi di quest’anno ha anche alimentato le proteste e rivolte che si stanno susseguendo a catena nelle ultime settimane. Il sovraffollamento, la denunciata mancanza di servizi e progetti di reinserimento, le strutture invivibili, sono alcuni tra i fattori che hanno fatto scattare la scintilla della rivolta.

La prima protesta della serie era scoppiata il 4 luglio, a Firenze, dopo che un detenuto di vent’anni si era suicidato nel carcere di Sollicciano: battiture delle sbarre, roghi di suppellettili in varie celle, l’esposizione di uno striscione con scritto «Suicidio/Carcere/Aiuto/Help». Il carcere di Sollicciano è noto da tempo per le pessime condizioni igieniche e sanitarie e il grave sovraffollamento: al 30 giugno erano presenti 565 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 497 posti. In alcune parti della struttura manca anche l’acqua corrente.

Sollicciano accende la miccia: il 10 luglio scoppia la rivolta a Viterbo, anche qui dopo la morte di un detenuto, ufficialmente a causa di un malore. Una cinquantina di detenuti si asserragliano in una sezione, danneggiano il reparto, lanciano oggetti e bottiglie incendiarie autoprodotte contro gli agenti. L’11 luglio è la volta del carcere di Trieste: oltre cento detenuti provocano incendi e danneggiamenti per denunciare le condizioni igienico-sanitarie giudicate insostenibili. Per sedare la rivolta questa volta serve l’irruzione della polizia anti-sommossa, che provoca almeno otto ricoveri tra feriti e asfissiati da gas lacrimogeni.

Lo stesso giorno la protesta divampa anche nel carcere di Cuneo, mentre il 12 luglio è la volta delle rivolte dei detenuti di Brissogne, in Valle d’Aosta, e di Vercelli. In entrambi i casi i detenuti si rifiutano di rientrare in cella al termine dell’ora d’aria e deve intervenire ancora una volta la polizia dall’esterno. La rivolta scoppia anche alle Vallette di Torino, dove i detenuti bruciano coperte e lenzuola e rompono i sanitari, chiedendo attenzione e “indulto o amnistia subito” tramite video pubblicati su TikTok. Le proteste continuano nel carcere torinese anche tra il 17  eil 20 luglio, quando circa 250 detenuti si rifiutano di rientrare in cella dopo l’ora d’aria.

Nella notte tra il 26 e il 27 luglio una forte protesta scoppia nel carcere di Prato. I detenuti rimuovono le telecamere e le luci dal reparto, poi danno fuoco ad alcuni indumenti e si barricano nelle celle ostruendone l’ingresso con le brande di ferro. La situazione torna sotto controllo dopo ore di mediazione tra gli agenti della penitenziaria e i detenuti.

Il 27 luglio è la volta del più grande penitenziario di Roma, il Regina Coeli, dove circa un’ottantina di detenuti ha dato il via a una rivolta, appiccando il fuoco e distruggendo numerose celle. Nei due giorni successivi le proteste, con modalità analoghe, si diffondono anche a Terni, Biella, Pescara e poi nuovamente a Cuneo, dove alcuni detenuti occupano un’intera sezione, rompendo le telecamere di sorveglianza e frantumando i vetri dei gabbiotti degli agenti della penitenziaria. Un padiglione viene danneggiato a tal punto da essere dichiarato inagibile.

L’ultimo caso, nella bollente estate delle carceri italiane, è ancora di ieri, 30 luglio. A Velletri la rivolta – alimentata dal sovraffollamento di un carcere che ospita 594 detenuti a fronte dei 412 per cui è omologato – è talmente forte che devono intervenire polizia, carabinieri e nucleo mobile della penitenziaria (il GOM) per sedarla.

Suicidi quasi quotidiani, rivolte, condizioni di invivibilità, sovraffollamento e mancanza di sufficienti percorsi di reinserimento sono problemi storici delle carceri italiane, in questa fase acuiti da un sovraffollamento tornato ai massimi. Attualmente sono 14.500 i detenuti che superano i posti disponibili nel Paese. Un quadro al quale il governo Meloni e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, stanno rispondendo che l’ennesimo decreto “svuota carceri”, che mira a ridurre il problema del sovraffollamento tramite sconti di pena e ricorso a misure alternative. Mentre Nordio ha annunciato un prossimo «piano di investimenti straordinario» per le carceri.

Il tutto mentre le associazioni che si occupano di carcere continuano a chiedere che la questioni carceri non si affronti più come una emergenza perenne ma per quello che è: un disastro ormai strutturale che per essere risolto necessità di investimenti strutturali, presenza di più personale civile e nuovi approcci che mettano i progetti di reinserimento al centro della pena, come peraltro previsto dalla Costituzione.

[di Moira Amargi]

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