mercoledì 14 Agosto 2024

Sempre più Paesi africani stanno dismettendo gli investimenti in dollari

Un numero crescente di Paesi africani sta iniziando a comprare oro per proteggersi da guerre, conflitti commerciali ed altri eventi geopolitici che potrebbero procurare perdite valutarie e instabilità economica, soprattutto in luoghi già in condizioni precarie o che stanno cercando di avviare il proprio sviluppo. La scorsa settimana, il governatore della Banca Centrale del Sud Sudan ha dichiarato che il Paese è in procinto di avviare l’espansione delle riserve auree, ma si tratta solo dell’ultimo di una serie di Paesi che ha intrapreso questa via: Nigeria, Uganda, Ghana e Zimbabwe hanno già fatto lo stesso. I Paesi africani scambiano dollari con oro oppure acquistano il loro stesso oro con valuta locale per sostenere lo sviluppo interno e garantire la stabilità nella sicurezza delle proprie riserve, sia di oro che di altre valute considerate forti. Alcuni, come lo Zimbabwe, hanno persino creato una nuova moneta ancorata ad oro, altri metalli preziosi e valute estere. In definitiva, sebbene il dollaro rimanga forte a livello globale così come in questi Paesi, viene sempre più visto come una minaccia, mentre le riserve auree, di cui molti Stati africani abbondano, rappresentano una maggiore stabilità e sicurezza.

Nigeria, Uganda, Zimbabwe, Madagascar e per ultimo il Sud Sudan, hanno avviato programmi per aumentare le proprie riserve auree e persino sostenere la loro valuta con il metallo prezioso. La scorsa settimana, il governatore della Banca Centrale del Sud Sudan ha presentato un piano per espandere le riserve auree del Paese. Il mese scorso, la Banca Centrale dell’Uganda ha annunciato un programma nazionale di acquisto di oro direttamente dai minatori artigianali locali, per un duplice scopo: aiutare ad affrontare i rischi nei mercati finanziari internazionali e stimolare lo sviluppo interno. In questo modo, aumenterà le proprie riserve, assicurandosi contro gli squilibri e le lotte a livello mondiale, e stimolerà il mercato interno con soldi che rimarranno nella propria economia. A giugno, la Tanzania ha stabilito un piano per spendere 400 milioni di dollari per sei tonnellate d’oro. Il Ministro delle Finanze della Tanzania, Mwigulu Nchemba, ha spiegato la mossa in una direttiva per frenare l’uso diffuso del dollaro USA nel Paese, nella quale viene fatto intendere che lo scambio-dollari ora sia dovuto alla volontà di liquidare una valuta che viene ritenuta rischiosa, in clima di incertezza mondiale, a favore del metallo prezioso che invece è una garanzia di valore. Oltretutto, la decisione rispecchia la volontà di sostenere l’espansione mineraria in atto nel Paese, il quale è passato da esportare poco più di 200 milioni di dollari di oro a più di 2 miliardi di dollari in un anno.

Nel mese di giugno, la Nigeria ha lanciato una campagna di acquisto di oro nazionale per rafforzare le sue riserve auree e utilizzare la propria moneta da rimettere in circolo nell’economia del Paese. Il programma si chiama Presidential Artisanal Gold Mining Initiative (PAGMI): attraverso di esso (istituito già nel 2020, ma mai veramente utilizzato), il ministro per lo Sviluppo dei minerali solidi, Dele Alake, ha potuto consegnare i primi lingotti ai depositi della Banca Centrale nigeriana, aumentando la riserva di ora in un valore parificato ai 5 milioni di dollari. Il programma consente di acquistare oro dai minatori artigianali pagando in naira, la valuta locale della Nigeria. Il piano ha anche lo scopo di far emergere l’estrazione illegale, che è altissima, e indirizzarla verso le casse dello Stato. Oltre all’acquisto di oro di provenienza locale, la Banca Centrale nigeriana ha annunciato l’intenzione di riportare all’interno del Paese le sue riserve auree, che si trovano attualmente all’estero, per non correre il rischio che possa essere in qualche modo intaccata. La Banca del Ghana ha lanciato un programma di acquisizione di oro con l’obiettivo di raddoppiare le sue riserve auree nei prossimi cinque anni, acquistando il metallo prezioso da società minerarie selezionate internamente. Questo segna un cambiamento significativo nel modus operandi delle operazioni di gestione delle riserve valutarie della Banca del Ghana, come spigato nel giugno scorso da Ernest Addison, governatore della Banca Centrale del Paese.

Lo Zimbabwe è andato anche oltre. Lo scorso aprile, questo Paese ha creato una valuta sostenuta dall’oro: lo ZiG, il quale ha sostituito il dollaro dello Zimbabwe. Si tratta di una “valuta strutturata” sostenuta principalmente dall’oro, ma anche da altre riserve forex, tra cui il dollaro statunitense – che continua a rappresentare la netta maggioranza delle transazioni nel Paese. In questo modo, lo Zimbabwe ha praticamente dato vita ad un sistema multi-valutario nel tentativo di guadagnare la fiducia del pubblico e stabilire una valuta locale stabile, necessaria per lo sviluppo delle industrie e per attrarre investimenti esteri. L’uso dello ZiG è cresciuto dal momento del suo lancio, passando dal 15% al 30% del totale. Negli ultimi 15 anni, questo è il sesto tentativo della nazione dell’Africa meridionale di avere una valuta locale funzionante. Il governo ha fissato l’obiettivo al 2030 come data in cui lo ZiG diventerà l’unica moneta a corso legale nel Paese.

I leader africani e i banchieri centrali stanno cercando di risolvere i problemi che hanno creato stampando troppo denaro e accumulando debito denominato in dollari. Al contempo sono anche preoccupati per la possibilità dell’utilizzo del dollaro come arma da parte degli Stati Uniti (come avvenuto negli ultimi anni) e di sanzioni e requisizioni. Comprando oro in valuta locale si cerca anche di sviluppare i settori economici interni al Paese rimettendo valuta propria all’interno dell’economia, andando anche ad aumentare le proprie riserve auree.

[di Michele Manfrin]

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