Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani. Queste, le provincie anche solo parzialmente colpite dall’emergenza siccità che da mesi investe la Sicilia. Tale fenomeno, lungi dal limitarsi alla scarsa quantità di precipitazioni, risulta molto più strutturato di quello che sembri, e sta colpendo l’isola in tutte le sue forme. Dalla siccità agricola a quella idrologica, per arrivare fino alla sua manifestazione socio-economica, la siccità in Sicilia sta mettendo in ginocchio un’intera amministrazione, colpendo circa un milione di persone residenti in più di cento comuni. Nel mentre, a Palazzo Chigi l’unico tema di cui si sente parlare in relazione alla Sicilia resta quello del Ponte sullo Stretto: 13,5 miliardi di euro per un’opera da realizzare in mezzo al mare in due Regioni ironicamente sempre più prive di acqua. Eppure, molte dei problemi idrici che coinvolgono l’isola sarebbero risolvibili con un po’ di pianificazione e molto meno denaro di quello necessario a collegare lo Stretto, ma per trovare i fondi necessari a queste opere necessarie a dare acqua alle case e alle attività agricole la politica pare non avere alcuna fretta.
Le varie tipologie di siccità in Sicilia
L’Osservatorio Siccità del Consiglio Nazionale delle Ricerche definisce il fenomeno della siccità come una “condizione di insufficienza idrica per soddisfare i bisogni”. Essa non si riduce al mero fenomeno fisico dell’assenza di pioggia, ma si configura come “il risultato dell’interazione fra pericolosità naturale e fabbisogni idrici”. Per tale motivo, si riconoscono quattro tipi di siccità: la siccità meteorologica, che consiste in una “riduzione delle precipitazioni al di sotto della media climatologica (almeno 30 anni)”; la siccità agricola, che si traduce in una “riduzione della disponibilità idrica” del suolo; la siccità idrologica, che implica la “riduzione delle risorse idriche” come fiumi, laghi, o fonti acquifere sotterranee; infine c’è la siccità socio-economica, associata alla domanda e al rifornimento idrico “relativi a beni e bisogni economici”. La Sicilia sta venendo almeno in parte colpita da tutti questi tipi di siccità, tanto che il 9 febbraio ha dichiarato lo stato di calamità naturale.
Siccità meteorologica
Dal punto di vista meteorologico, secondo il Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (SIAS), nel periodo che va da giugno 2023 a maggio 2024, la media delle precipitazioni regionali sono scese sotto la soglia psicologica di 500 millimetri, “valore che non si registrava dalla grande siccità del 2002”. Addirittura, il secondo semestre del 2023 è risultato il meno piovoso della storia: come scrive il SIAS, infatti “mai in Sicilia dal 1921 le precipitazioni erano state così scarse nel secondo semestre dell’anno”. Nonostante il miglioramento delle condizioni registrato nel mese di maggio, gli ultimi due mesi del trimestre hanno registrato un ulteriore calo nelle precipitazioni, che probabilmente andranno sempre più riducendosi. In generale, secondo molti, si starebbe registrando la più grave carenza di piogge dal 1980.
Siccità agricola
La Sicilia non risulta messa meglio sotto l’ottica agricola. Il passato 18 giugno, la stessa Regione ha denunciato come per il settore si stimi una perdita annuale “pari in media al 50% della produzione nello scenario di ‘improbabili precipitazioni estive’ e del 75% se queste non dovessero verificarsi”. Nello specifico, a venire colpiti sono perlopiù gli allevamenti, le coltivazioni di grano duro, e tutte le colture ortive e arboree quali agrumi, fruttiferi, vite e olivo. La gravità della situazione siciliana risulta inoltre “complicata dalla mancanza totale di pascoli verdi congiunta alla carenza di fieno”, quest’ultimo compromesso in quantità e qualità; la Regione Sicilia spiega a tal proposito come l’impiego di questo stesso fieno potrebbe nuocere direttamente “la salute degli animali”.
Siccità idrologica
Anche la siccità idrologica appare particolarmente problematica. L’isola è infatti una delle poche aree in tutto il continente, e la più vasta zona in Italia, a essere registrata come zona rossa per carenza di risorse idriche, “in compagnia di Marocco e Algeria”. Gli invasi d’acqua hanno toccato picchi tali da risultare vuoti al 75%, e solo nella seconda metà di giugno secondo Massimo Gargano, Direttore Generale dell’ANBI, risultava ormai l’acqua rimanente in oltre la metà dei bacini dell’Isola” rischierebbe di essere “di fatto inutilizzabile”. La condizione delle acque sotterranee, specialmente nella Sicilia orientale, è altrettanto allarmante: “alle pendici dell’Etna l’abbassamento della falda è stimabile in 20 metri”; nell’area di Catania, si registrano analoghi abbassamenti nel Calatino; “la falda di Fiumefreddo, da cui dipende l’approvvigionamento idrico del 70% della città di Messina, si è abbassata di almeno 15 metri”, e a breve potrebbe risultare impossibile prelevarvi l’acqua. Grave inoltre la situazione del lago di Pergusa, in provincia di Enna, il cui imminente pericolo di scomparsa è stato denunciato da Legambiente Sicilia, così come quelle dell’Ogliastro, tra Enna e Catania e del Lentini, a Siracusa.
Siccità socio-economica
Le condizioni di siccità socio-economica portano a compimento questo quadro disastroso. Secondo l’Osservatorio Siccità la produzione di energia idroelettrica risulta ai valori minimi dal 2016. La rete idrica regionale, inoltre, figura come una delle peggiori in Italia in termini di approvvigionamento. Come mostrato da un rapporto dell’ISTAT, è dal 2022 che in Sicilia il 51,6% dell’acqua diffusa dalla rete idrica viene dispersa, finendo a tutti gli effetti sprecata. Nello specifico, Siracusa risulta una delle provincie che registrano la maggiore percentuale di perdite di acqua totali in distribuzione (pari al 65,2%), e Palermo si colloca al secondo posto della stessa classifica tra i capoluoghi di Regione. Nell’isola risiede inoltre il 29,5% delle famiglie italiane che riscontrano problemi di erogazione dell’acqua nelle proprie abitazioni.
Strategie possibili e misure adottate
Per far fronte alla vastità dei problemi che sorgono in seno alle varie tipologie di siccità, la Regione Sicilia e il Governatore Renato Schifani hanno attuato varie strategie di risoluzione e contenimento dei danni, a partire dalla stessa dichiarazione dello stato di calamità. La politica ha inoltre deciso di nominare un Commissario straordinario per gestire la crisi idrica, individuato nella figura di Nicola dell’Acqua, che ha emesso un decreto apposito. Egli è affiancato da una cabina di regia apposita e dalle singole Autorità di bacino distrettuali. In Sicilia, a marzo, Leonardo Santoro è stato nominato nuovo commissario per il bacino idrografico.
Cosa si è fatto
Dal punto di vista agricolo, a fine luglio, la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al riconoscimento per tutta la Sicilia delle “condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali”, che consentono alle imprese agricole e zootecniche di usufruire di deroghe in alcuni ambiti della Politica Agricola Comune, e di godere di aiuti e rinvii dei pagamenti. A inizio mese, inoltre, la Regione ha iniziato a erogare il cosiddetto “bonus fieno”, e qualche giorno dopo Schifani ha annunciato l’arrivo di ulteriori 15 milioni in sostegno delle imprese agricole.
A causa della scarsa disponibilità idrica e dei problemi infrastrutturali, la Regione e le Provincie si sono viste costrette a portare avanti misure di razionamento dell’acqua: a Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no, in tutta la Provincia di Caltanissetta c’è stata una riduzione dell’erogazione, mentre i terreni di Gela non possono venire irrigati. Analoghe misure di razionamento dell’acqua (con una limitazione fino al 45%) sono state prese anche nelle province di Agrigento, Palermo e Trapani, per un totale di oltre 100 comuni in cui risiedono circa un milione di persone. Analogamente, sono state promosse misure contro l’utilizzo di acqua potabile per irrigare piante, orti e terreni, e per limitare il lavaggio di aree, spazi ed autovetture a uso privato. Oltre a tutte le misure di limitazione, la Regione ha promosso anche provvedimenti per integrare l’attuale sistema di approvvigionamento idrico. Tra questi, il ripristino di pozzi e sorgenti già esistenti, la sistemazione di autobotti per le zone più colpite, e la riparazione di reti di distribuzione.
Cosa si può fare
Le misure di implementazione adottate, evidentemente, non bastano. Secondo Greenpeace, per risolvere il problema della siccità si deve passare per forza per un maggiore investimento su fonti di energia rinnovabili. Questo deve venire affiancato da pratiche più mirate che vanno dall’adozione di “misure per incoraggiare l’utilizzo di tecniche agroecologiche” sostenibili, alla riduzione del “consumo di suolo e della cementificazione”, da porre in parallelo a un aumento delle aree boschive e naturali. Necessarie, inoltre, la costruzione di nuovi invasi e una ristrutturazione sistematica delle reti idriche. Tutte queste misure devono andare di pari passo con un sostanziale cambio di prospettiva nell’utilizzo dell’acqua: il rapporto di Greenpeace parla a tal proposito del bisogno di ridurre “a monte i consumi idrici in agricoltura” e la “domanda mangimistica”. Considerato il fatto che l’Italia risulta uno dei Paesi più idrovori al mondo, insomma, andrebbero promosse abitudini volte a ridurre gli sprechi di acqua, come fatto per esempio dalla Catalogna, in cui i cittadini sostengono diverse pratiche riutilizzo e riciclo dell’acqua.
Di fronte a una simile situazione, non può che sorgere spontanea una domanda: e il ponte? Mentre la Sicilia (così come la Calabria) risulta ogni anno sempre meno senza acqua, chiedersi come mai i 13,5 miliardi che (per ora) dovrebbero venire spesi per il ponte non vengano utilizzati per sistemare le infrastrutture idriche che cadono a pezzi in una Regione in perenne stato di siccità non può essere definito benaltrismo. Gli stessi cittadini messinesi si sono mossi tra le strade della propria città sotto lo slogan “vogliamo l’acqua del rubinetto, non il ponte sullo stretto“, e non a caso: il piano per la sua costruzione non è infatti ancora pronto, e, anzi, è stato recentemente deciso che potrà venire approvato “a pezzi“.
[di Dario Lucisano]
Il problema mi sembra che sia lo spendere 13 miliardi, che poi in corso diventano tranquillamente il doppio
Se la Sicilia è bella è perché è un Isola e col ponte, magari fatto dal sempre Laudato Ing. Morandi, diventerebbe solo un’appendice più povera della Calabria.
L’acqua va sistemata in autonomia dalla Regine col sostegno solo finanziario dello Stato, che quello che fa Roma, finisce solo in ruberie.
A tutti coloro i quali fanno osservare che siccità e ponte non sono sono in relazione dico: non vi rendete conto che è questa mentalità di rapina e stravolgimento degli equilibri naturali la causa della siccità?
Sono d’ accordo: il ponte e la siccità sono due paia di scarpe diverse. Resto però convinto, e non per presa di posizione ideologica, che costruire il ponte (adesso?) sia inutile e dispendioso. Invece, prima si investe sulla costruzione di impianti di desalinizzazione, alimentati ad energia eolica/solare, sul risanamento e manutenzione della rete idrica e sull’ educazione al consumo di acqua potabile, meglio è. Poi il ponte, come il paradiso, possono attendere…
Abito in Sicilia quindi il problema lo conosco bene forse anche meglio di voi. Il Ponte sullo stretto non c’entra nulla per il semplice fatto che questi sono problemi SECOLARI da ben prima che si parlasse del Ponte sullo Stretto. In questo Paese si butta tutto in politica ma senza cercare soluzioni. In Provincia di Palermo vi è il lago Poma (o Diga Jato) un invaso che dà acqua alle campagne per l’agricoltura ma anche acqua ad almeno la metà degli abitanti della città di Palermo. Finchè l’inverno è piovoso tutto ok ma se la stagione inveranle è povera di piogge viene privilegiaita la città di Palermo (ed è anche giusto) e razionata l’acqua all’agricoltura, attualmente all’agricoltura viene erogata acqua 2 giorni la settimana contro i 5 dello scorso anno. Qual’è la soluzione? Non c’entra nulla il Ponte sullo Stretto parliamo di due cose completamente diverse. La soluzione è quella che adottano in alcune isole delle Canarie:un DISSALATORE che fa diventare dolce l’acqua del mare e con tubazioni la porti alle campagne. Che può COESISTERE col Ponte sullo Stretto. Cominciamo a trovare SOLUZIONI in questo Paese invece di schierarci politicamente e rimanere indietro rispetto al resto del Mondo…
Sono d’accordo… mi piacerebbe saperne di più sugli impianti di desalinizzazione. In Italia, leggevo, il più grande è a Sarroch, vicino Cagliari. Anche le sonde a raggi cosmici sono uno strumento valido per misurare l’umidità del suolo e quindi individuare perdite idriche. Lo spreco d’acqua è un altro lato del problema su cui investire, non solo in Sicilia. Suggerisco un articolo dedicato… Grazie.