Nella tarda serata di sabato 31 agosto, una rivolta ha acceso il carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. I disordini sembrano essere stati lanciati da poco meno di 60 detenuti, che si sarebbero sollevati per poi provare a evadere in massa uscendo dalla portineria; qualcuno avrebbe anche dato fuoco ai materassi delle proprie celle. Secondo alcune ricostruzioni, quattro ragazzi sarebbero riusciti a fuggire, passando però non dall’uscita principale, ma dai muri di cinta, e rimanendo all’interno del perimetro che delimita il carcere. In seguito alla rivolta otto persone sono rimaste ferite, la struttura sembrerebbe avere subito danni, e i detenuti evasi sono stati ritrovati. Gli eventi di ieri sera sono «la prova provata del fallimento organizzativo e gestionale del sistema penale inframurario minorile, che fa il paio con quello per gli adulti», sostiene Gennarino De Fazio, coordinatore nazionale del sindacato della polizia penitenziaria Uilpa; «urge un cambio di passo che deve essere dettato dalla politica, prim’ancora che dalle amministrazioni».
Le sommosse di ieri sono iniziate attorno alle 22:00 e hanno coinvolto 58 detenuti. Secondo quanto racconta Gennarino De Fazio a fare scattare la rivolta sarebbero stati degli incendi scoppiati in alcune celle, che avrebbero spinto la polizia penitenziaria a spostare i ragazzi nelle aree comuni; proprio da questo spazio comune, alcuni avrebbero «approfittato della situazione tentando la fuga», sfruttando anche la presenza di una porta aperta. Nella rivolta otto ragazzi sono rimasti feriti in circostanze non ancora chiare; uno di loro è stato portato in ospedale, dove sta venendo piantonato dalla polizia di Stato, in mancanza di operatori penitenziari. Mentre i più tentavano la fuga cercando di raggiungere la portineria, quattro detenuti sarebbero riusciti a scavalcare il muro di cinta e ad evadere da lì; uno di loro sarebbe stato catturato subito dopo, mentre gli altri tre sarebbero stati rintracciati in mattinata, mentre si trovavano ancora «all’interno del perimetro che delimita il carcere e altri uffici del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità». Proprio il Dipartimento pare però di un altro avviso, e sostiene che non vi sarebbe stato alcun tentativo di evasione da parte dei detenuti. In seguito alle rivolte, le strade intorno al carcere sono state chiuse per prevenire i tentativi di evasione, e sul posto sono arrivati i Vigili del fuoco che devono ancora quantificare i danni, definiti «ingenti» dallo stesso Dipartimento. Per ora l’unica ipotesi che sta circolando è che l’incendio sia stato scatenato da un gruppo di detenuti che avrebbe dato fuoco ai materassi delle proprie celle.
Quella di ieri sera, non è la prima volta che il carcere Beccaria finisce sotto i riflettori. Celle troppo piccole, sovraffollamento, casi di maltrattamento, e attività rieducative che alla fine non portano da nessuna parte sono solo alcune delle criticità interne più volte denunciate da detenuti e associazioni di categoria. Lo scorso aprile, 13 agenti della struttura sono stati arrestati con le accuse di maltrattamento, concorso in tortura, e tentata violenza sessuale, con l’aggravante di aver commesso gli atti ai danni di minori; altri 8, invece, sono stati sottoposti ad altre forme di misure cautelari e sospesi dal servizio. È anche per questo che il carcere Beccaria non risulta nuovo a rivolte e possibili tentativi di evasione: il 20 agosto scorso, nove persone tra agenti e detenuti sono finite in ospedale, ed è stato bruciato un materasso; il 29 maggio, una cinquantina di detenuti si è rifiutata di rientrare dall’ora d’aria, scatenando il disordine; nella notte tra il 5 e il 6 maggio, è invece scoppiato un incendio che ha coinvolto quattro celle. La struttura, spesso lodata per il suo modello di gestione, è col tempo passata dall’essere un esempio da seguire, al sintomo di cosa non va nelle prigioni italiane.
[di Dario Lucisano]