lunedì 2 Settembre 2024

In Israele 500mila persone sono scese in piazza per chiedere un accordo con Hamas

Dopo il ritrovamento dei corpi di 6 ostaggi all’interno di un tunnel di Hamas, in Israele è scoppiato il caos. Le principali firme sindacali hanno lanciato uno sciopero nazionale, il primo dal 7 ottobre, e domenica è esplosa una protesta in diverse città del Paese in cui si sono verificati anche scontri con la polizia. «È impossibile restare a guardare di fronte al grido dei nostri bambini che vengono assassinati nei tunnel di Gaza», ha dichiarato Arnon Bar-David, segretario dell’Histadrut, il principale sindacato israeliano. Di fronte a quello che Bar-David descrive come uno stallo nelle trattative portato avanti per «interessi politici», l’unico modo per ottenere una tregua e fare tornare a casa gli ostaggi sarebbe quello di mobilitare la cittadinanza: «sono giunto alla conclusione che solo il nostro intervento potrà smuovere coloro che hanno bisogno di essere smossi»; un’osservazione ragionata, che tuttavia non prende nemmeno in considerazione l’eventualità di chiamare in causa lo sterminio dei palestinesi. Anche questa volta, insomma, l’attenzione delle manifestazioni israeliane è rivolta esclusivamente agli ostaggi, e a venire richiesta risulta essere non una pace per la pace, ma una tregua per la sola liberazione degli ostaggi.

Le proteste in Israele sono scoppiate ieri sera, domenica 1 settembre, e sono arrivate dopo l’annuncio dello sciopero generale lanciato dai principali sindacati del Paese. A scendere in piazza sono state diverse centinaia di migliaia di persone (il quotidiano israeliano Haaretz parla di 300.000 persone, mentre l’agenzia di stampa Reuters ne cita 500.000), in molteplici città israeliane. I manifestanti hanno bloccato le strade di tutto il Paese per chiedere al Governo di siglare un accordo per fare rientrare a casa gli ostaggi nelle mani di Hamas. Nel corso dei sollevamenti, si sono verificati scontri con la polizia, che ha impiegato idranti e granate stordenti per disperdere i presenti; altrove, gli scontri parrebbero essere stati più volenti, e un totale di 15 persone sembrerebbe essere stata arrestata. A Tel Aviv il corteo ha trasportato sei bare finte lungo una delle strade principali della città, e alla fine della marcia ha preso parola Arnon Bar-David, che ha criticato le decisioni dell’esecutivo Netanyahu. Al termine del corteo, Bar-David ha ricordato lo sciopero che è stato lanciato per la giornata di oggi.

Stamattina decine di migliaia di israeliani non si sono presentate sul luogo di lavoro per rispondere alla chiamata di Bar-David. Lo sciopero è stato chiamato dallo stesso Histadrut, ma ha trovato il sostegno anche dell’Israel Business Forum (la principale sigla che rappresenta i lavoratori nel settore privato), e del leader dell’opposizione Yair Lapid. È la prima volta che l’Histadrut indice uno sciopero generale dal 7 ottobre. Le contestazioni sono iniziate alle 6:00 del mattino (le 5:00 italiane), e hanno coinvolto anche l’aeroporto Ben Gurion a partire dalle 8:00. Anche per quanto riguarda lo sciopero, a venire richiesto dai dimostranti è il raggiungimento di una tregua con lo scopo di portare a casa gli ostaggi: una manifestazione che ha il solo scopo di salvare la vita di 100 persone, insomma, e non di denunciare le azioni dell’esecutivo nella Striscia, che hanno portato a oltre 40.000 morti certi e più di 180.000 stimati. Nel mentre, infatti, anche giornali e grandi leader mondiali non fanno che rimarcare la «brutalità» di Hamas e la necessità di estirpare il movimento dalla faccia della Terra. La Vicepresidente statunitense e candidata democratica alle elezioni presidenziali in programma il prossimo novembre Kamala Harris ha rilasciato una dichiarazione in cui denuncia la «malvagità» di Hamas e il «sangue» che scorrerebbe tra le sue mani, senza citare quello che macchia le uniformi dell’esercito israeliano. Lo stesso Bar-David ha rivolto tutta la sua attenzione alla questione degli ostaggi, senza spendere una parola in difesa dei palestinesi.

Nel mentre continua l’assedio israeliano tanto di Gaza, quanto della Cisgiordania. Stamattina, l’esercito israeliano ha preso di mira una scuola che fungeva da rifugio per gli sfollati, uccidendo 11 persone; parallelamente a Jenin, in Cisgiordania, i palestinesi si stanno vedendo negare l’accesso a cibo, acqua ed elettricità. Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha ucciso almeno 40.738 palestinesi nella Striscia; dall’inizio delle operazioni militari in Cisgiordania di mercoledì, invece, sono state uccise 29 persone.

[di Dario Lucisano]

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2 Commenti

  1. Comprendo perfettamente i sentimenti di chi ha familiari in ostaggio , ma il silenzio del popolo israeliano in tutto questo periodo di invasione di Gaza ed ora anche della Cisgiordania purtroppo la dice lunga sul sentire del popolo israeliano nei confronti dei Palestinesi , qualora ce ne fosse stato ancora bisogno . Come scordare la Nahba del 1948 . Non era già chiaro da allora? E con questo io non voglio più sentire parlare di nuovo odio nei confronti della religione ebraica, ogni religione ha diritto di esistere e di essere liberamente professata . Ma se condanno il fondamentalismo islamico come radice del terrorismo altrettanto condanno chi utilizza la propia religione come motivo di sopraffazione occupazione di territori, di appharteid sino alla pulizia etnica. La credenza nella razza superiore di nazista memoria proprio a loro ha portato male, distruzione e genocidio, ma non si può campare su questo disastro per essere giustificati in qualunque atto.

  2. «È impossibile restare a guardare di fronte al grido dei nostri bambini che vengono assassinati nei tunnel di Gaza»

    Questo la dice tutta sulla sensibilità, anche degli israeliani che manifestano contro il governo. Assassini da una parte ipocriti dall’altra.

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