Quasi 200 persone nel mondo sono state uccise nel 2023 a causa della loro attività di difesa dell’ambiente e dei territori in cui vivono. Si tratta in gran parte di leader comunitari, rappresentanti di movimenti locali e, in molti casi, di appartenenti ai popoli indigeni. Secondo il rapporto redatto dall’organizzazione Global Witness, due sono i tratti più comuni tra le vittime: danno fastidio a grandi progetti che muovono parecchi soldi, specie quelli minerari, e provengono dall’America Latina. Nel subcontinente sudamericano si è consumato infatti l’85% degli omicidi, in una classifica guidata dalla Colombia, dove solo nel 2023 sono stati uccisi 79 attivisti per l’ambiente e la difesa dei territori.
Gli attacchi letali contro gli ambientalisti si sono concentrati in quattro Paesi chiave: Colombia, Messico, Honduras e Brasile. Nello specifico, la Colombia – nazione in cui, in poco più di un decennio, sono stati assassinati 461 difensori dell’ambiente – ha fatto segnare nel 2023 il totale annuale di omicidi più alto per qualsiasi Paese documentato dal 2012, quando Global Witness ha iniziato a produrre rapporti sul tema. La stragrande maggioranza degli attacchi si è verificata nelle regioni sud-occidentali di Cauca (26), Nariño (9) e Putumayo (7) e, secondo l’ONG, almeno la metà sarebbero opera della criminalità organizzata. In totale, 31 delle persone uccise in Colombia nel 2023 erano membri della popolazione indigena, mentre sei appartenevano a comunità afrodiscendenti. All’interno del documento si legge che «solo in pochi casi è stato possibile stabilire collegamenti tra gli attacchi ai difensori colombiani e le industrie che hanno scatenato l’attivismo delle comunità», di cui «cinque legati all’industria mineraria, tre alla pesca, uno al disboscamento e uno all’energia idroelettrica». Già l’anno scorso la Colombia aveva fatto segnare statistiche impressionanti, registrando 60 uccisioni, ma quest’anno i dati sono ulteriormente peggiorati.
Gli attacchi letali contro gli ambientalisti si sono concentrati in quattro Paesi chiave: Colombia, Messico, Honduras e Brasile. La Colombia, dove in poco più di un decennio sono stati assassinati 461 difensori dell’ambiente, ha registrato nel 2023 il numero annuale di omicidi più alto mai documentato per un singolo Paese dal 2012, anni in cui Global Witness ha iniziato a produrre rapporti sul tema. La stragrande maggioranza degli attacchi si è verificata nelle regioni sud-occidentali di Cauca (26), Nariño (9) e Putumayo (7). Secondo l’ONG, almeno la metà degli omicidi sarebbe opera della criminalità organizzata. In totale, 31 delle persone uccise in Colombia nel 2023 erano membri delle popolazioni indigene, mentre sei appartenevano a comunità afrodiscendenti. Nel documento si legge che «solo in pochi casi è stato possibile stabilire collegamenti tra gli attacchi ai difensori colombiani e le industrie che erano al centro delle proteste». Ma non mancano casi in cui questa responsabilità diretta è stata provata: «cinque legati all’industria mineraria, tre alla pesca, uno al disboscamento e uno all’energia idroelettrica». Già l’anno scorso la Colombia aveva registrato statistiche impressionanti, con 60 uccisioni, ma quest’anno i dati sono ulteriormente peggiorati.
Tendenze simili sono evidenti in Messico e Honduras, con 18 difensori uccisi in entrambi i Paesi nel 2023. In Messico, oltre il 40% degli omicidi ha riguardato attivisti che si opponevano alle operazioni minerarie. L’organizzazione honduregna ACI-Participa ha individuato nella mancanza di terre produttive per gli agricoltori, nella priorità data alle attività estrattive e nella violazione dei diritti delle popolazioni indigene e afrodiscendenti i fattori chiave per comprendere la diffusione degli attacchi nel Paese. In Brasile, dove sono state registrate 25 uccisioni, almeno 10 vittime appartenevano al movimento dei contadini senza terra, che chiede una distribuzione più equa delle terre.
In Colombia è appena entrato in vigore l’accordo di Escazú, che riconosce, protegge e promuove i diritti di tutti i difensori dell’ambiente nell’area dell’America Latina e dei Caraibi. Nei giorni scorsi la Corte Costituzionale della Colombia ha stabilito che l’Accordo rispetta la Carta fondamentale del Paese. Con questa sentenza, l’accordo entra ufficialmente in vigore. Se applicato correttamente, fornirà uno strumento giuridico di tutela proprio per le organizzazioni, i militanti e gli attivisti che si battono in difesa dell’ambiente e dei territori. Nei prossimi mesi capiremo se qualcosa sta effettivamente cambiando.
[di Stefano Baudino]