La società civile continua a muoversi a difesa dei diritti di Abdullah Öcalan, il leader curdo imprigionato a vita dal regime turco. 69 premi Nobel hanno sollecitato la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa e il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite a intervenire per l’integrità di Öcalan, che da tre anni e mezzo vive in isolamento nell’isola-prigione di Imrali. Nel frattempo 1524 avvocati provenienti da tutto il mondo hanno chiesto al Ministero di Giustizia turco di far visita al leader curdo e ad altri tre prigionieri politici – Ömer Hayri Konar, Hamili Yıldırım and Veysi Aktaş – eliminando le degradanti restrizioni a loro carico, come il divieto di parlare con i legali e la famiglia.
«Ad Abdullah Öcalan non è permesso vedere il suo avvocato dal 7 agosto 2019. Veysi Aktaş, Hamili Yıldırım e Ömer Hayri Konar non hanno potuto incontrare i loro legali nemmeno una volta dal 2015, l’anno in cui sono arrivati sull’isola di Imrali», scrivono i firmatari della lettera, sottolineando che non si hanno più notizie di Öcalan dall’ultima chiamata telefonica avvenuta il 25 marzo 2021. «Il divieto di visite legali nel carcere di Imrali viola le Regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti (le cosiddette Regole Nelson Mandela), le raccomandazioni del CPT e la stessa legge turca sull’esecuzione delle pene. Gli Stati hanno l’obbligo di garantire che i detenuti possano esercitare i propri diritti, indipendentemente dalla loro identità o dalla natura della loro condanna». I firmatari a questo punto citano i Principi fondamentali relativi al ruolo dell’avvocato, adottati dall’ONU nel 1990, e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, di cui la Turchia è parte. La lettera si conclude con la richiesta di visita ai quattro detenuti politici.
L’impegno dei 1524 avvocati fa seguito all’iniziativa intrapresa da 69 premi Nobel, a cui le istituzioni hanno risposto attraverso il temporeggiamento, evitando di usare parole di condanna. La CEDU si è limitata a ringraziarli, mentre il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ha affermato che la situazione a Imrali è sotto monitoraggio e che il dialogo con le autorità turche continua. Va ricordato che nel febbraio scorso il CPT ha visitato il Paese in occasione del 25° anniversario del rapimento di Abdullah Öcalan ma si è rifiutato di recarsi presso la struttura in cui il leader curdo è detenuto. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha invece fornito una risposta più articolata, sostenendo che la detenzione di Ocalan sarà oggetto di discussione nella prossima riunione, che si svolgerà da oggi fino al 19 settembre.
Öcalan è il fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che dal 1978 rivendica l’autodeterminazione dei curdi quale popolo oppresso. Un diritto osteggiato in particolare dalla Turchia, che a seguito di un’operazione NATO ha detenuto Öcalan a partire dal 1999. Oltre all’essere un leader politico, Öcalan si è affermato come un pensatore rivoluzionario che ha teorizzato il confederalismo democratico, ovvero una forma di gestione del potere basata su rapporti orizzontali e non gerarchici, uguaglianza di genere, equa distribuzione delle risorse e rispetto della natura. Tracce pratiche di confederalismo democratico si incontrano in Rojava o nel campo profughi di Makhmour, costantemente sotto assedio dai poteri circostanti impegnati a difendere lo status quo.
[di Salvatore Toscano]