martedì 17 Settembre 2024

Gli USA bloccano all’ONU il progetto di ridurre gli antibiotici negli allevamenti

Gli obiettivi di riduzione dell’uso di antimicrobici negli allevamenti sono stati eliminati da una dichiarazione politica chiave delle Nazioni Unite (ONU) in seguito alla pressione delle lobby agricole e farmaceutiche e di una serie di Paesi, tra cui spicca il ruolo degli Stati Uniti d’America. Lo ha rivelato un’indagine condotta dall’organizzazione non profit US Right to Know (USRTK), che ha analizzato le discrepanze tra le prime bozze della dichiarazione, che contenevano tali obiettivi, e il documento finale, in cui invece sono stati sbianchettati. Le carte mostrano che oltre agli USA, a influenzare l’iter di modifica della dichiarazione incentrata sulla crescente resistenza ai farmaci antimicrobici – problematica che, a livello globale, provoca la morte di circa 1,3 milioni di persone ogni anno – sono state anche altre nazioni produttrici di carne, ovvero Canada, Australia e Nuova Zelanda. I leader mondiali si incontreranno all’ONU il prossimo 26 settembre per adottare la dichiarazione, che, secondo scienziati ed esperti, non contemplando obiettivi numerici concreti, non potrà affrontare efficacemente il problema.

Negli ultimi mesi, l’ONU aveva negoziato una dichiarazione politica finalizzata a impegnare gli Stati membri a ridurre l’uso di antimicrobici negli allevamenti. Nelle prime bozze del testo, infatti, era prevista la riduzione del 30% dell’utilizzo di questi farmaci in agricoltura rispetto ai livelli attuali dei Paesi nei prossimi sei anni, nonché l’eliminazione entro il 2030 della pratica di somministrazione di antimicrobici importanti per la medicina umana per promuovere la crescita degli animali. Eppure, documenti riservati ottenuti ed esaminati da US Right to Know hanno dimostrato che gli USA hanno suggerito di eliminare gli obiettivi, così come hanno fatto, in gruppo, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Così, dal documento sono stati espunti i target numerici, che avrebbero dovuto essere vincolanti. Pur dichiarando di sostenere «l’obiettivo di eliminare l’uso per la promozione della crescita di agenti antimicrobici considerati importanti dal punto di vista medico», cercando di giustificare la loro azione oppositiva, gli Stati Uniti hanno affermato che gli obiettivi presenti nelle prime bozze erano «arbitrari», dal momento che non contemplavano l’utilizzo degli antimicrobici «appropriati» e «necessari» per «garantire la salute e il benessere degli animali».

Come ricostruito da US Right to Know, a spingere per la cancellazione degli obiettivi è stata anche l’industria del farmaco veterinario. In un’e-mail interna visionata da USRTK, la direttrice degli affari governativi presso l’AHI – gruppo che rappresenta le aziende di medicina veterinaria negli Stati Uniti con sede a Washington DC -, scriveva che l’istituto aveva «preoccupazioni per il linguaggio della dichiarazione sulle riduzioni volumetriche e la promozione della crescita», aggiungendo che avrebbe avuto intenzione di contattare i senatori democratici degli Stati Uniti per condividere tali preoccupazioni. Ad obiettare ai contenuti delle prime formulazioni della dichiarazione sarebbero poi stati, tra gli altri, anche Health for Animals, gruppo internazionale di aziende di medicina veterinaria con sede a Bruxelles, e l’International Poultry Council, gruppo industriale globale con sede a Tucker, in Georgia.

La questione in ballo è tutt’altro che secondaria. È infatti opinione diffusa tra gli esperti che l’uso eccessivo di antibiotici negli animali sia una delle principali cause dell’aumento negli esseri umani di infezioni batteriche che non possono essere trattate con antibiotici. Ne sono una prova evidente infezioni tra cui polmonite, tubercolosi e salmonellosi, che stanno già mostrando una crescente resistenza al trattamento antibiotico. Incrociando i dati della World Organization for Animal Health (WOAH) sull’utilizzo di antibiotici e quelli dell’ONU sul numero di animali da allevamento, un’importante ricerca pubblicata nel febbraio dello scorso anno su Global Public Health aveva rivelato che l’utilizzo di antibiotici nell’allevamento animale aumenterà dell’8% entro il 2030. è infatti diventato sempre più comune l’uso massiccio di antibiotici come misura preventiva, anziché di trattamento. Si stima che fino al 90% degli antibiotici assunti dagli animali vengano rilasciati nell’ambiente attraverso urina e feci, mischiandosi con le acque sotterranee e superficiali.

[di Stefano Baudino]

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1 commento

  1. Se serviva una ulteriore dimostrazione che la società imposta sul mondo dagli USA è contro il genere umano , questa ne è un’ulteriore prova. Ma quello che è più sorprendente è che sembrano avercela in questo caso con i popoli del benessere, quelli che maggiormente utilizzano carni e antibiotici di ogni tipo. Se questi sono i risultati che l’ONU riesce ad ottenere , forse non ha più senso di esistere visto che è l’impero a dettare legge su tutto. Ad ognuno le proprie conclusioni.

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