giovedì 26 Settembre 2024

Piemonte, militari nelle scuole e ragazzi in gita nelle caserme: la denuncia dei docenti

Un gruppo di insegnanti dell’Osservatorio Contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università si è opposto alla presenza dell’Esercito nelle aule piemontesi, esprimendo preoccupazione per un’iniziativa del Comando militare regionale. L’allarme è stato sollevato dopo la diffusione di una circolare datata 21 agosto, indirizzata a dirigenti scolastici e direttori degli Ambiti Territoriali, in cui l’esercito annunciava l’organizzazione di conferenze e visite presso le caserme per gli studenti delle scuole primarie e secondarie del Piemonte. Molti docenti hanno manifestato il loro dissenso, scrivendo ai collegi docenti per evidenziare l’inadeguatezza dell’iniziativa. «In un contesto internazionale tragicamente segnato dal conflitto russo-ucraino, dal genocidio in atto a Gaza ad opera delle forze militari di Israele e dall’aumento della produzione di armi a tutto vantaggio della filiera industriale bellica – hanno affermato i professori dell’Osservatorio – riteniamo incompatibile, per le scuole, aderire alle attività di orientamento proposte da forze armate che tra l’altro mirano al reclutamento di nuove leve».

All’interno del documento, i docenti hanno evidenziato che «le finalità pedagogiche della scuola» non sono compatibili «con le pratiche, gli strumenti e i linguaggi militari che invece veicolano i disvalori della guerra, della violenza, della sopraffazione e della cieca obbedienza». L’Osservatorio, infatti, ritiene che le scuole rivestano da sempre «un ruolo sociale fondamentale, così come riconosciuto dalla Costituzione, che le considera luoghi di formazione e crescita per le persone, laboratori di accoglienza e di relazioni di cui l’educazione alla pace è un presupposto pedagogico indispensabile». Affinché gli istituti scolastici continuino ad essere «luoghi di incontro e dialogo fra culture, nonchédi promozione del pluralismo delle idee, della conoscenza e dello sviluppo del pensiero critico», indispensabili «per la formazione di cittadini e cittadine consapevoli», occorre allontanare dalle loro mura «ogni deriva nazionalista con i modelli di forza e di violenza e l’irrazionale paura di un “nemico” interno ed esterno ai confini nazionali che ne sono il necessario corredo». “Smilitarizzare” la scuola vuol dire, secondo i firmatari del documento, farne il luogo ideale «per la costruzione di una società di pace e di diritti per tutte/i». Proprio per questo motivo, i Professori chiudono la lettera chiedendo agli organi delle scuole interessate di «non aderire alle proposte del Comando Militare dell’Esercito Piemonte».

Quello del Piemonte non è certo il primo caso in cui si sviluppa la collaborazione tra eserciti e istituti scolastici. In Sicilia, ad esempio, negli ultimi mesi è stato sperimentato all’Istituto Professionale di Stato “Giovanni Falcone” di Giarre (Catania) – una delle scuole siciliane che oltre un decennio fa ha sottoscritto un patto di cooperazione con i militari di US Navy impiegati alla stazione aeronavale di Sigonella – un nuovo “sport” parabellico col coinvolgimento diretto degli alunni: il tiro a segno con raggi laser. All’IISS Galileo Ferraris di Acireale, da anni si tiene invece il “tiro al drone”, una specie di tiro al bersaglio in cui si utilizzano piccoli droni da competizione e vere e proprie armi da fuoco, come i fucili calibro 12. A Catania, Imola, Siena e Vercelli sono inoltre iniziati quest’anno i corsi di cultura aeronautica organizzati dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, in partnership con il ministero dell’Istruzione, con lo scopo ufficiale di “promuovere e diffondere tra gli studenti l’immagine della Forza Armata”. Sono stati coinvolti studenti di età compresa tra i 16 e i 20 anni, che hanno effettuato un volo di 30 minuti su un velivolo Siai Marchetti 208 insieme agli istruttori. Ad aprile, poi, l’Aeronautica militare e il ministero dell’Istruzione e del Merito avevano invitato le scuole lombarde “di ogni ordine e grado” a partecipare a una gita d’istruzione presso la base militare di Ghedi (Brescia), al fine di “scoprire i valori che ispirano il servizio al Paese” e di fornire ai giovani “uno spunto per l’orientamento della scelta professionale ed occupazionale”. L’iniziativa, dal titolo “Mettiamo le ali ai nostri sogni”, ha provocato la rivolta dei docenti, con 200 tra maestri e professori che hanno sottoscritto una lettera di protesta indirizzata al ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara.

[di Stefano Baudino]

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2 Commenti

  1. Capisco parzialmente la Sicilia ancorata ( ancora) allo sbarco degli americani nel ’43, ma il Piemonte? Ah già, il glorioso battaglione alpino “Susa”… Purtroppo anche alcuni storici (piemontesi) reclamizzano il “Mein Kampf” di un certo Adolf.

  2. Certo le masse vanno educate sin da piccole, soprattutto in un paese che nel DNA non ha i geni dei delinquenti che alcuni stati europei come UK e Francia riversarono sul nuovo continente per sfoltire le patrie galere, ma dovrebbero avere quelli dell’arte e della cultura. D’ altra parte è da dire che quando uno Stato permette che le industrie anche belliche e finanziarie estere entrino nel bilancio di molte università equivale a dire che rinuncia alla propria libertà o sovranità . Ovviamente condivido in pieno la protesta dei dirigenti scolastici che denunciano il danno che queste iniziative belliche portano a quello che dovrebbe rimanere il vero senso dell’Istruzione. Ma la cosa va ormai avanti da tempo e solo voi sin qui le avete denunciate , come la partecipazione di 62 tra docenti e studenti provenienti da 13 Università Italiane alla ennesima esercitazione Nato sui nostri mari. Non credo che la protesta sortisca alcun effetto sul ministero dell’Istruzione, ma almeno i genitori dei minori potrebbero fare qualcosa di positivo impedendo ai figli di partecipare. Comunque è sempre più chiaro che siamo in tempo di guerra e che i nostri giovani sono già predestinati a questo ed a questo indirizzati.

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