martedì 15 Ottobre 2024

L’Europa ci ha messo 4 giorni per decidere che è “preoccupata” dagli attacchi israeliani

Dopo giorni di forti dichiarazioni, gravi condanne, e intenso dibattito, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea sono riusciti a esprimere unitariamente la loro «grave preoccupazione» per le azioni israeliane in Libano, in particolare riguardo alla missione UNIFIL. Nella dichiarazione, non una parola è stata spesa sugli oltre 2.000 morti e sul milione di sfollati in Libano, né una nota a margine è stata fatta su Gaza. Anche la discussione che ha seguito la dichiarazione sembra essersi concentrata prevalentemente sulla condotta dell’esercito israeliano nei confronti di UNIFIL. In sede di conferenza stampa, Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE, è apparso con le mani legate: «Non basta dire che il diritto umanitario debba essere rispettato», bisogna farlo rispettare. Eppure, quando si tratta di compiere azioni concrete affinché questo avvenga, sembra non esserci nulla da fare. «Preferirei poter rilasciare una dichiarazione più velocemente», ha detto Borrell, ma i ministri sono divisi: se alcuni chiedono un embargo di armi nei confronti di Tel Aviv, c’è ancora chi, dopo decine di migliaia di morti, «chiede che vengano consegnate più armi a Israele».

Malgrado il coro unanime di condanne che Israele ha attirato su di sé dopo i suoi continui attacchi al contingente UNIFIL, la forte presa di posizione dei grandi leader europei sembra starsi rivelando un fuoco di paglia. La dichiarazione del Consiglio per gli Affari Esteri dell’UE, pubblicata nelle ultime ore di domenica 13 luglio, tratta esclusivamente della situazione in Libano, ignorando completamente il resto del Medio Oriente. Il tema principale del documento è costituito proprio dagli attacchi israeliani all’UNIFIL, sui quali i 27, dopo quattro giorni di discussione, sono finalmente riusciti a manifestare nero su bianco il proprio disappunto. Ironicamente, dei ben più gravi attacchi alla missione internazionale avvenuti la stessa domenica non vi è stata alcuna menzione, né nella dichiarazione, né prima della conferenza stampa, né durante il colloquio con i giornalisti. Josep Borrell sembra essere consapevole della a tratti tragicomica situazione delle istituzioni europee quando si tratta di criticare Israele: «Ci vuole troppo tempo per dire alcune cose che sono abbastanza evidenti. È evidente che dovremmo essere contrari agli attacchi israeliani contro l’UNIFIL, soprattutto perché i nostri soldati sono lì», ha risposto a un giornalista; «sarei lieto se gli Stati membri riuscissero a raggiungere un accordo in merito più rapidamente». Intanto, l’ONU ha dichiarato che non intende spostare i propri caschi blu.

A rendere grottesco lo scenario europeo non basta il fatto che, di fronte a immagini di morti bruciati vivi, l’UE discuta sulle telecamere rotte dell’UNIFIL, ma si aggiunge anche la quasi totale assenza di voci – a eccezione delle solite Irlanda e Spagna – che chiedano di fare qualcosa di concreto. Interrogato in merito alla proposta di rivedere gli accordi di Associazione con Israele avanzata da Dublino e Madrid, Borrell ha dichiarato che proverà a fare quel che può perché «il Consiglio si assuma le sue responsabilità», suggerendo tuttavia che l’emergere di una decisione in tempi celeri sia improbabile. «Il fatto che Israele soddisfi il lato politico dell’Accordo di Associazione è», infatti, «un elemento di competenza del Consiglio, non della Commissione», ha puntualizzato Borrell. Le norme europee sugli accordi di scambio impongono che i patti multilaterali si svolgano nel pieno rispetto dei diritti umani, e l’Accordo UE-Israele non fa eccezione. Borrell ha dichiarato senza mezzi termini che «il diritto umano è sotto le macerie a Gaza», ma, nonostante ciò, i 27 sembrano voler fare poco affinché esso venga rispettato.

Nel frattempo, l’escalation di violenza prosegue: lunedì, l’esercito israeliano ha effettuato il suo primo attacco nel nord del Libano, colpendo la città di Aitou, a maggioranza cristiana. L’attacco ha colpito una casa di sfollati e ha ucciso almeno 21 persone. Continuano, inoltre, i raid nel sud del Paese e nella valle della Bekaa, così come l’invasione terrestre. Domenica, invece, Hezbollah ha lanciato una vasta offensiva con droni su una base militare a Binyamina, a sud di Haifa. L’attacco, indirizzato contro la Brigata d’élite Golani, ha causato la morte di 4 persone e decine di feriti. Ieri, inoltre, il movimento libanese ha attaccato Tel Aviv. A Gaza aumentano i morti dell’assedio nel nord, dove solo ieri le IDF hanno ucciso 29 persone. Dall’escalation del 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 42.289 persone, anche se il numero di morti totale potrebbe superare le centinaia di migliaia di vittime, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet, e dalla recente lettera di medici volontari nella Striscia.

[di Dario Lucisano]

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

5 Commenti

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti