martedì 15 Ottobre 2024

Il Tribunale conferma: a Milano c’è un sodalizio tra Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta

In Lombardia, le associazioni mafiose Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta hanno sancito un “patto” per portare avanti all’unisono i loro affari criminali. Lo ha attestato il Tribunale del Riesame di Milano, chiamato a esprimere un giudizio sul ricorso di 79 dei protagonisti dell’inchiesta Hydra, nella cui cornice la Procura aveva spiccato ben 153 richieste d’arresto. Accogliendo le tesi dei pm, che un anno fa non erano state avallate dal GIP – che aveva dato l’ok all’arresto solo di 11 persone –, il Riesame ha ritenuto «ampiamente dimostrato che il sodalizio contestato abbia fatto effettivo, concreto, attuale e percepibile uso, anche con metodi violenti o minacciosi, della forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche», ovvero degli «ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano la natura mafiosa del gruppo». Al momento, il Riesame ha confermato l’associazione mafiosa per 13 soggetti, tra cui i vertici di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra romana.

I giudici hanno dunque ufficialmente riconosciuto la presenza di un’alleanza tra le tre grandi consorterie mafiose dello Stivale in Lombardia, che era stata ampiamente documentata dalle ricostruzioni dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano in merito agli incontri tra i loro esponenti, interamente confluite nell’inchiesta Hydra. Al centro del “patto” vi sarebbero stati la gestione del traffico di droga, l’infiltrazione del tessuto economico e imprenditoriale della regione, il riciclaggio e le estorsioni. «Con il placet delle associazioni di riferimento», ha evidenziato il Riesame, demolendo l’impianto dell’ordinanza del gip, è nata «una collaborazione sistemica limitata, nei termini accertati, ad un certo contesto territoriale (quello lombardo), che ha prima di tutto in sé oltre che nelle azioni concrete una connotazione mafiosa, senza che ciò implichi né fusione tra associazioni mafiose né abiura della appartenenza mafiosa genetica». I giudici hanno inoltre evidenziato come l’associazione «non nasce dal nulla e non ha necessità di imporsi ex novo sul territorio conquistando dal nulla la propria fama criminale», dal momento che «il nome Fidanzati, il nome Rispoli, il nome Errante Parrino, il nome Nicastro avevano già conquistato una negativa notorietà proprio in quelle stesse zone». Infatti, il loro peso e la loro influenza sul territorio lombardo aveva prodotto negli anni «un clima di omertà e intimidazione, uno stato di soggezione che è tanto più eclatante nelle richieste di “sostegno” per piccoli e grandi problemi da parte di onesti cittadini».

Secondo le ipotesi avanzate dalla Procura, il “sistema mafioso lombardo” avrebbe riunito Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra con l’obiettivo di gestire «risorse finanziare, relazionali ed operative, attraverso un vincolo stabile tra loro caratterizzato dalla gestione e ottimizzazione dei rilevanti profitti derivanti da sofisticate operazioni finanziarie realizzate mettendo in comune società, capitali e liquidità». All’interno dell’inchiesta figurano personaggi e cosche di grande spessore criminale. Per quanto riguarda la ‘Ndrangheta, ci sono il locale di Legnano – Lonate Pozzolo e le famiglie Iamonte e Romeo. Per la Camorra, a operare in Lombardia ci sarebbe il clan napoletano Senese, già radicatissimo a Roma. Cosa Nostra è invece rappresentata dal clan Fidanzati, in cui spiccano i nomi di Giuseppe e Stefano, rispettivamente figlio e fratello del capomafia Gaetano Fidanzati (condannato al Maxiprocesso di Palermo dopo essere stato accusato dai pentiti Buscetta e Contorno), le famiglie gelesi Nicastro e Rinzivillo, la cosca catanese dei Mazzei. Un aggregato criminale è poi riconducibile a elementi direttamente collegati al clan di Castelvetrano, che fu il feudo del superboss Matteo Messina Denaro. Tra questi, il suo parente Errante Parrino, i membri della famiglia Pace, organici ai trapanesi, il canicattese Gioacchino Amico, legato ai Senese, e gli imprenditori Rosario e Giovanni Abilone, che avrebbero messo a disposizione del network criminale circa 200 società per il riciclaggio di denaro.

[di Stefano Baudino]

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