In Italia decine di migliaia di persone hanno manifestato per fermare la guerra e costruire la pace. Sono oltre 80.000 secondo gli organizzatori, che hanno spiegato di aver organizzato il tutto «come momento di esplicitazione per le proposte concrete, che ribadiamo quotidianamente, della società civile che chiede percorsi di pace, disarmo, giustizia sociale e climatica». La manifestazione è stata promossa da Europe for Peace, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, AssisiPaceGiusta, Sbilanciamoci e da oltre 400 «organizzazioni della società civile di tutta Italia». Si è svolta a Bari, Cagliari e Palermo nella mattinata di sabato 26 ottobre, mentre nel pomeriggio i cortei hanno avuto luogo a Roma e Firenze, seguiti da quelli di Milano e Torino, che non si sono fatti scoraggiare nemmeno dalla pioggia. «Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora» è stato il filo conduttore dell’occasione.
Gli organizzatori hanno spiegato che, nonostante la manifestazione abbia riguardato temi storici già parte del movimento per la pace e il disarmo, sono stati introdotti alcuni “elementi nuovi” che rendono l’iniziativa ancora più urgente. Il primo riguarda il “contesto”: si è di fronte a una stagione di riarmo “chiaro e forte” come non succedeva da decenni. «Ciò che prima veniva deciso in termini meno dispendiosi, ma con opacità e reticenze, oggi viene rivendicato: da qui la crescita enorme delle risorse che gli Stati mettono a disposizione del comparto militare, in particolare per quanto riguarda la produzione e il commercio di nuovi sistemi d’arma», viene ricordato nel testo di presentazione della mobilitazione. In secondo luogo, viene posta l’attenzione sulla situazione globale, non solo dal punto di vista della politica e delle relazioni internazionali, ma anche in un mondo che, secondo l’organizzazione, non riesce più a trovare un equilibrio multilaterale per avanzare nell’accesso ai diritti universali.
A cascata, le altre proposte: ridurre la spesa militare a livello nazionale e globale, creare nuovi percorsi di disarmo, utilizzare le risorse liberate dalla spesa militare per interventi sociali e ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace, tassare gli extra profitti dell’industria militare, ridurre i fondi destinati alle missioni militari all’estero e aumentare i controlli sull’influenza indebita dell’industria militare sul bilancio e sulle esportazioni. «La spesa militare globale è in crescita da oltre due decenni, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della ripresa di retoriche e politiche sempre più allineate alle richieste del comparto militare-industriale-finanziario». «È tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste nostre proposte di alternativa alle spese militari e su cosa davvero sia necessario per ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni», scrivono gli organizzatori.
[di Roberto Demaio]
Siamo sempre troppo pochi purtroppo. Nella società di oggi una parte sostiene questa politica e ad un’altra non importa più nulla.
Mi chiedo: cosa dovrebbe essere la “giustizia climatica”? E chi l’ha detto? (quinta riga dell’articolo)