Il numero di detenuti all’interno delle carceri italiane ha superato le 62mila unità, facendo segnare il dato più alto da quando, nel 2013, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato il nostro Paese per i trattamenti inumani e degradanti generalizzati all’interno delle case circondariali dello Stivale. È quanto ha reso noto in un comunicato l’associazione Antigone, aggiungendo che, nonostante i posti disponibili conteggiati dal Ministero della Giustizia siano 51.196, soltanto nell’ultimo anno la popolazione carceraria è cresciuta di quasi 3mila unità. Mentre la situazione, dati e cronache alla mano, appare su vari fronti sempre più insostenibile, con il recente suicidio di un uomo nel carcere di Prato è salito a 77 il numero dei detenuti che si sono tolti la vita all’interno delle prigioni italiane dall’inizio dell’anno.
Nella sua nota, l’associazione Antigone – impegnata da decenni nella battaglia per la tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario italiano -, denuncia che «le politiche governative, a partire dal ddl sicurezza, non fanno altro che spingere il sovraffollamento carcerario», chiedendo dunque «di bloccarne l’approvazione» e di «prendere immediati provvedimenti al fine di ridurre il numero di persone detenute e garantire la legalità del sistema penitenziario, dove oggi ci sono 15.000 persone che non hanno un posto regolamentare», nonché «condizioni di lavoro dignitose per gli operatori». L’associazione ha poi evidenziato come in 23 delle 73 carceri visitate nell’ultimo anno «sono state trovate celle che non rispettavano il parametro minimo dei 3mq», condizione «riconosciuta dagli stessi Tribunali di Sorveglianza italiani che sistematicamente condannano l’Italia». Nell’arco dello scorso anno, infatti, su 9.574 istanze per sconti di pena ne sono state decise 8.234 e, di queste, 4.731 (il 57,5%) sono state accolte. La situazione interna alle carceri rimane allarmante anche per il numero di suicidi. Negli scorsi giorni, nel carcere della Dogaia di Prato si è infatti verificato l’ennesimo suicidio – il quarto dall’inizio dell’anno all’interno della struttura –, portando a 77 il numero di detenuti che hanno scelto di mettere fine alla propria vita nel 2024. L’uomo, un cinquantenne italiano con fine pena fissata al 2030, si è impiccato nella sua cella e a nulla sono valsi i soccorsi degli operatori della polizia penitenziaria e dei medici. Nel 2023 erano stati almeno 70 i suicidi all’interno delle mura carcerarie, il numero più elevato mai registrato dopo quello del 2022. Il 2024 si chiuderà dunque registrando una situazione ancora più allarmante.
Nel 2013, con la cosiddetta “sentenza Torreggiani”, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – organo giurisdizionale internazionale – aveva condannato il nostro Paese proprio a causa del sovraffollamento delle carceri. La pronuncia, arrivata in seguito a sette ricorsi depositati da altrettanti detenuti dei penitenziari di Busto Arsizio e di Piacenza e aventi ad oggetto le pessime condizioni con cui lamentavano di aver fatto i conti in carcere, aveva infatti non solo riconosciuto loro il diritto al risarcimento per i danni morali, ma anche giudicato incompatibile la situazione carceraria italiana con l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (che vieta la tortura e le pene o i trattamenti inumani o degradanti). Oltre a ritenere sostanzialmente inaccettabili le condizioni carcerarie dei ricorrenti, la Corte aveva infatti constatato che il sovraffollamento carcerario in Italia non riguardasse «esclusivamente i casi dei ricorrenti», definendolo come un problema di carattere «strutturale e sistemico». A quanto pare, però, a distanza oltre un decennio dalla sentenza le condizioni carcerarie continuano ad essere estremamente critiche. A riprova basta consultare il rapporto pubblicato lo scorso aprile da Antigone, dal titolo “Nodo alla gola”, che ha attestato il netto peggioramento della situazione legata al tasso di sovraffollamento carcerario, che risultava vicino a una media del 120% a livello nazionale, con picchi di oltre il 200% in due strutture della Lombardia.
[di Stefano Baudino]