L’Italia è stata definita capitale del “senza glutine” per il fatto che il giro d’affari legato al settore degli alimenti per celiaci ha raggiunto negli ultimi anni un valore di 400 milioni di euro. Con un boom di prodotti in costante aumento sul mercato anno dopo anno: dai 280 del 2001 ad oltre 6500 di oggi. E un altro primato spetta al fatto che i prodotti in Italia sono più costosi che all’estero e sono più cari nelle farmacie che al supermercato. Tradotto, nel 2022 risulta che dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) siano state comprate più di 10 mila tonnellate di pasta e quasi 15 mila tonnellate di prodotti gluten free sostitutivi del pane. I prodotti senza glutine sono più costosi di quelli tradizionali fatti con la farina di grano e sono sempre più cari nel tempo, costano in media il 73% in più. Ma si può arrivare a spendere fino al +257%. E forse non tutti sanno che parte di questi soldi e di questo business è coperto dallo Stato e dal Sistema Sanitario Nazionale, con costi dunque a carico di tutti i contribuenti italiani. Infatti sin dagli anni 80 del secolo scorso lo Stato mette a disposizione dei fondi per le persone celiache che vogliano acquistare alimenti senza glutine in vendita presso farmacie, negozi specializzati e supermercati. Nel 2020 ha messo a disposizione 209 milioni di euro.
Il sussidio statale per celiaci
Nello specifico in Italia il sistema di sussidi economici si basa sulla erogazione di buoni di spesa da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), a tutti i pazienti celiaci aventi diritto a seguito di diagnosi medica della patologia. Funziona così: il celiaco dispone di un bonus mensile di circa 140 euro (l’importo in realtà varia in base all’età e al sesso), che può spendere nella sua Regione per l’acquisto di alimenti sostitutivi. La cifra è stata fissata dal legislatore nel 2001 sulla base dei fabbisogni calorici giornalieri, intendendo che dovessero coprire solo il 35% del fabbisogno complessivo del celiaco. I celiaci sono le persone affette da celiachia. La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, la proteina del frumento e di alcuni altri cereali come orzo, segale, farro. In merito all’avena, un altro cereale che in passato si reputava potesse risultare problematico, recenti studi hanno dimostrato che, se introdotta pura, ossia non contaminata da glutine durante la lavorazione, non risulterebbe lesiva per la maggior parte dei celiaci (99% delle persone).
E come funziona invece negli altri Paesi in Europa? L’erogazione “gratuita” degli alimenti senza glutine viene considerata una “eccellenza” tra le forme di assistenza del panorama internazionale, almeno da parte della Associazione Italiana Celiachia (AIC). In Europa ci sono Paesi che non prevedono alcun sostegno alla patologia (Spagna, Irlanda e Austria), altri che garantiscono pochi alimenti essenziali (10Kg/mese di farina in Croazia, 5kg/mese di farina in Serbia), altri ancora riconoscono un sostegno economico più basso di quello italiano (46€ in Francia, 38€ in Belgio, più elevato in Danimarca e Norvegia) oppure consentono di detrarre dalle imposte parte dei costi sostenuti (ad esempio Russia, Germania, Olanda e Portogallo). In poche parole, in Italia chi è celiaco è più assistito a livello economico e statale.
Dunque con questo buono di spesa mensile i celiaci possono acquistare ogni sorta di alimento o bevanda senza glutine come pasta, pane, biscotti, pizza, birra, fette biscottate, dolci e molto altro. Questi prodotti senza glutine in commercio oggi sono numerosissimi, come dicevamo, e costituiscono un vero e proprio business per le aziende produttrici. I canali di vendita di questi prodotti sono: farmacie, supermercati, negozi specializzati per alimenti gluten free, siti online. I profitti per le aziende sono altissimi in quanto questi alimenti hanno prezzi notevolmente superiori ai loro corrispondenti tradizionali, ma dobbiamo anche chiederci quali siano i benefici nutrizionali e per la salute delle persone celiache a cui tali prodotti sono destinati.
Ci sono dei reali benefici oppure no? A mio avviso, che sono abituato per professione a valutare l’aspetto salutistico del cibo prima ancora di quello edonistico e culturale, questi cibi senza glutine non apportano alcun beneficio di salute per i celiaci, e il sistema statale che nei fatti li promuove e li mantiene sul mercato è un vero e proprio sperpero di denaro pubblico, che come spesso accade anche in altri settori economici, va a ingrassare multinazionali e aziende che producono questi alimenti sostitutivi. Ora motiverò il mio punto di vista con qualche esempio concreto e spero chiarificatorio.
La pasta senza glutine
Nella immagine possiamo vedere la tabella nutrizionale di una confezione di pasta di un noto marchio alimentare, in vendita in tutti i supermercati. E di seguito riporto anche la lista degli ingredienti, per una analisi valutativa che ne mostra le differenze con la pasta tradizionale.
Ingredienti della pasta senza glutine in foto:
- Farina di mais bianco (60%);
- Farina di mais giallo (29,5%);
- Farina di riso integrale (10%);
- Acqua;
- Emulsionante: mono e digliceridi degli acidi grassi.
I cerchietti in giallo sulla confezione indicano quei valori nutrizionali chiave che dobbiamo prendere in considerazione al fine di confrontare questa pasta con quella standard per un discorso di qualità nutrizionale. Il valore di carboidrati è superiore (79g anziché 71g della pasta tradizionale dello stesso marchio), e ciò non costituisce un vantaggio dato che la pasta è già un alimento ad altissimo contenuto di carboidrati, circa il 70% del prodotto e delle calorie arriva dai carboidrati. In questo caso abbiamo più carboidrati della pasta di grano e per giunta sono carboidrati di un tipo a più rapido assorbimento, cioè che fanno impennare ancora più repentinamente la glicemia e l’insulina nel sangue. Questo effetto è dovuto all’impiego delle farine di mais e di riso, che sono a più alto indice glicemico di quella di grano.
Poi c’è il valore di fibre, che purtroppo si dimezza rispetto alla pasta standard, e anche qui il consumatore celiaco perde qualità nutrizionale, fra l’altro la pasta non integrale ha già valori bassissimi di fibre, circa il 3%, e nel caso che esaminiamo siamo all’1,1%. Questo valore ribassato è dovuto purtroppo alle farine di bassa qualità e povere di fibre che di solito si utilizzano per fare la pasta senza glutine, come la farina di mais e quella di riso. Si tratta dei 2 cereali con bassissimi valori di fibre, ma sappiamo che invece le fibre sono utili sia per il benessere intestinale dei nostri batteri (se ne cibano e si rafforzano), sia per regolare l’indice glicemico e non far alzare la glicemia in maniera repentina quando si assumono alimenti ricchi in carboidrati. E infine il valore di proteine, altra nota dolente: nella pasta senza glutine di norma è la metà di quello della pasta tradizionale, nel caso in foto abbiamo 6,9 grammi di proteine anziché 13 grammi della stessa pasta di stesso marchio ma fatta con farina di grano. Anche qui abbiamo perso un bel po’ di qualità nutrizionale, al solo fine di poter mangiare un alimento che si spaccia come similare a quello tradizionale, ma che nei fatti non lo è. Non parliamo poi del sapore di queste paste senza glutine, notoriamente molto diverso da quello della pasta di grano e piuttosto deludente.
Infine mi pare doveroso e importante anche soffermarmi un attimo su un ingrediente alquanto poco salutare presente in questo prodotto: i mono e digliceridi degli acidi grassi. Sicuramente sconosciuti ai più, si tratta di additivi particolari che vengono usati per sopperire alla mancanza della tipica elasticità che offre la pasta tradizionale e che è data proprio dal glutine. In sostanza sono dei grassi, ma di una tipologia poco salutare e poco pregiata. Chi fa la pasta senza glutine è costretto ad usarli per legare l’impasto delle farine alternative che abbiamo menzionato pocanzi: farina di mais e farina di riso. Come detto pocanzi sono farine a bassissimo contenuto di proteine e quindi poco corpose e poco compatte, al contrario di quelle di grano o farro per esempio. Il problema è che tra gli emulsionanti, gli studiosi hanno puntato il dito su alcuni di essi in particolare: le carragenine, i mono e digliceridi degli acidi grassi, e le varie gomme come la gomma di Xantan e altre. Negli ultimi anni gli studi e ricerche che sono stati pubblicati additano queste sostanze come pericolose per lo sviluppo di tumori, diabete e patologie dell’intestino in genere.
Il destino di queste sostanze, a mio avviso, sarà quello di essere eliminate e vietate dalla catena alimentare, ma credo che ci vorrà del tempo e saranno necessari molti altri studi affinché il legislatore europeo decida di vietarle. Questo è l’iter processuale standard per le sostanze e gli additivi pericolosi per la salute (anche per farmaci e integratori). Numerosi sono i casi di sostanze simili che sono state lasciate in commercio per molti anni e infine vietate. Ma l’industria li usa e li aggiunge nei prodotti alimentari con molta disinvoltura, fino a che non c’è un divieto o un limite, perché sono sostanze a basso costo nel mercato rispetto ad altre più naturali, sicuramente dunque con più alti margini di profitto per le aziende. Il paradosso per chi si rivolge a questi sostituti industriali senza glutine dei cibi tradizionali è quindi quello di passare da un cibo che alimenta l’infiammazione intestinale tipica della celiachia e del glutine ad un altro che comporta lo sviluppo di diabete e squilibri del metabolismo, specie per chi ne fa un uso ricorrente negli anni, come di solito del resto avviene in chi acquista questo genere di prodotti. Ma ci sono delle alternative migliori a tutto ciò? Si, ce ne sono, e tra un attimo le vedremo.
Il caso che abbiamo analizzato fra l’altro è del tutto esemplificativo di tutta la pasta senza glutine in commercio, intendendo quella più commerciale e diffusa, al di là della marca o delle lieve differenze di ingredienti che possono esserci a seconda dei prodotti. Ed è esemplificativo anche di altri cibi senza glutine, come per esempio la pizza, che presenta più o meno gli stessi ingredienti e le stesse problematiche legate agli addensanti di cui abbiamo discusso.
Le alternative salutari alla pasta senza glutine dell’industria
Partiamo dal presupposto che non esiste una terapia vera e propria per la patologia della celiachia, nel senso che l’unica soluzione valida in grado di evitare problemi di salute alle persone che ne sono affette è quella dell’astensione completa e permanente da tutti gli alimenti o bevande (come la birra) che contengono il glutine. Fortunatamente questo aspetto dietetico non comporta privazioni o disagi severi nello stile di vita per i celiaci, in quanto a parte i pochi cibi a base di grano come pane, pasta e pizza, i celiaci possono tranquillamente mangiare centinaia di altri alimenti senza alcun problema, banalmente tutto ciò che residua come ad es. altri tipi di carboidrati come il riso, le patate, i legumi di ogni tipo, la quinoa, il grano saraceno (non è un cereale a dispetto del nome), il mais, le castagne, la polenta, formaggi, uova, pesce, carne, frutta, verdura, frutta secca, e tanto altro. Quindi la dieta di chi soffre di celiachia non sarebbe affatto triste e privativa, se non fosse che però in Italia abbiamo da molto tempo questa vera e propria fissa di dover mangiare un sacco di frumento e di impostare quasi l’intera giornata alimentare a base di cibi derivati dal frumento come pane, pasta, biscotti, fette biscottate, pizza, panini. E quindi mediamente i celiaci in Italia si sentono persi se non hanno a disposizione sostituti “finti” del vero pane e della pasta, ovvero proprio quei cibi che l’industria prepara in grande varietà ogni giorno e su cui ha costruito un business gigantesco.
Ma abbiamo visto che questi sostituti oltre ad essere dei veri e propri cibi ultra-processati con pochissimo valore nutrizionale e quindi da considerare prodotti più che veri e propri alimenti, riducono la dieta dei celiaci ad una triste monotonia in cui la varietà alimentare è pesantemente sacrificata. Basterebbe appunto sviluppare un punto di vista più corretto su come impostare la dieta del celiaco: puntare sui tanti e gustosi cibi naturali che sono naturalmente privi di glutine, quelli che ho elencato poche righe sopra, eppoi eventualmente acquistare dei prodotti più validi che sono stati studiati da aziende con un occhio più attento alla salute e alla formulazione degli alimenti. Mi riferisco per esempio alla pasta di legumi, che oggi si trova in commercio in quasi tutti i supermercati, e che è fatta senza additivi o ingredienti particolari, ma semplicemente riducendo a farina i legumi cotti e poi facendo la pasta, sia in versione pasta fresca che pasta secca. Questo prodotto è molto salutare, perché è esattamente corrispondente a mangiare dei legumi. Chiaramente questa pasta si potrà condire come meglio si crede, con i classici condimenti al ragù, pomodoro, pesto verde o altro. Ad oggi esiste la pasta di ceci, di lenticchie, di piselli. Quella di ceci e di lenticchie ha un sapore davvero gradevole, quella di piselli non è gradita ai più invece.
Di recente sono arrivate sul mercato anche la pasta di fagioli neri e quella di soia. Altre possibilità interessanti sono quelle della pasta di sorgo. Il sorgo è meno noto di quinoa e riso pur avendo valori nutrizionali interessanti, non solo per l’apporto di antiossidanti, ma anche di sali minerali e fibre. Il sorgo è un cereale dalle origini millenarie. Il suo luogo di provenienza è verosimilmente l’Africa equatoriale, ma attualmente è diffuso in tutti i continenti del globo. È usato per fare anche il pane. La coltura del sorgo è rimasta in auge in alcune zone povere del Pianeta (dall’Africa settentrionale all’India), è stata recentemente rivalutata proprio per l’assenza di glutine, che lo rende indicato nell’alimentazione del celiaco. Negli Stati Uniti d’America il sorgo viene utilizzato nella fermentazione per la produzione di birra, mentre in Italia la sua coltivazione riveste un’importanza quasi irrilevante.
Infine una menzione tra le alternative alla pasta senza glutine dell’industria la merita anche la pasta di Konjac. Realizzata con farina ricavata dalla radice del konjac, una pianta nativa della zona subtropicale asiatica. Conosciuta anche con il nome di shirataki, che in Giappone identifica gli spaghetti di konjac (la parola significa infatti ‘cascata bianca’). Questa pasta presenta un basso contenuto di carboidrati ed è l’unica che ha significativamente meno calorie (circa un sesto) rispetto alle altre versioni.
Tutte queste alternative che abbiamo elencato a chiusura dell’articolo sono 100% naturali e senza additivi di alcuna sorta, nel senso che si compongono di un solo ingrediente che nello specifico è un legume o un cereale, quindi non andrebbero nemmeno considerate “industriali”, da un punto di vista di schietta analisi della qualità dell’alimento, al contrario della pasta senza glutine maggiormente diffusa in commercio, di cui abbiamo visto, in cui l’industria però cerca di imitare la pasta tradizionale con l’aggiunta di emulsionanti, addensanti e grassi di pessima qualità, e con l’utilizzo di farine “glicemiche” come quella di mais e quella di riso.
[di Gianpaolo Usai]