Più di 3.000 morti e quasi 14.000 feriti: è questo, ad oggi, il bilancio dell’attacco israeliano in Libano da quando, nel settembre scorso, è scattata l’invasione di terra. L’operazione che Israele ha scatenato contro il Paese confinate è stata accompagnata dalla distruzione di decine di villaggi e paesi, alcuni dei quali demoliti con cariche esplosive, come testimoniato da immagini satellitari e video girati da droni dell’esercito israeliano. Mentre il sud del Libano viene man mano raso al suolo, si moltiplicano gli attacchi contro la capitale, Beirut, e molte altre città del Paese.
A questi dati va poi aggiunto quello sul numero degli sfollati, ormai più di un milione. Un quarto degli edifici nel sud del Paese è inoltre stato distrutto o danneggiato dai bombardamenti israeliani. Mentre l’esercito di Tel Aviv avanza da sud verso nord, decine di paesi sono stati distrutti dagli attacchi aerei e di artiglieria, così come dalle cariche esplosive piazzate per le demolizioni in simultanea di interi quartieri o villaggi, come testimoniato da immagini satellitari o da riprese aeree effettuate dai droni dell’esercito israeliano.
Mentre la guerra si trascina e aumenta la sua portata, con poche indicazioni di un potenziale cessate il fuoco, crescono i timori su tutti gli aspetti della vita in Libano e sul suo futuro sociale ed economico, già martoriato da cinque anni di feroce crisi. Come riportato da Middle Est Eye, l’Independent Task Force for Lebanon (ITFL), un gruppo di economisti e ricercatori libanesi, ha avvertito che le perdite economiche del Paese a causa dei bombardamenti israeliani potrebbero superare i 20 miliardi di dollari, mentre la percentuale di persone che vivono in condizioni di estrema povertà potrebbe raggiungere l’80% nelle aree bombardate. Tutti i settori della vita sociale ed economica del Libano sono in gravi difficoltà e l’elettricità è spesso razionata. L’organizzazione umanitaria internazionale Mercy Corps ha affermato che il PIL del Paese potrebbe contrarsi del 12,81% se la guerra continuasse in questo modo, o del 21,9% se Israele imponesse un blocco o espandesse i bombardamenti e i combattimenti di terra. Questo in un Paese in cui più di 3 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria e il 25% della popolazione è composta da rifugiati, in gran parte provenienti dalla Siria.
Sebbene il governo israeliano abbia giustificato la decisione dell’invasione di terra con la volontà di creare una zona cuscinetto tra il sud del Libano e il nord di Israele, con l’obiettivo di far così indietreggiare Hezbollah e permettere agli israeliani di tornare agli insediamenti abbandonati a causa degli attacchi dell’organizzazione sciita libanese, vale la pena di ricordare che molti dei componenti del governo israeliano sono sostenitori della Grande Israele, la quale comprenderebbe Gaza, Cisgiordania così come un pezzo di Egitto, di Arabia Saudita, di Siria e di Libano.
[di Michele Manfrin]