Gli studenti attivisti della ribattezzata intifada studentesca sono entrati nella sede torinese di Leonardo S.p.A., la principale azienda produttrice di materiale bellico italiana, occupando la struttura di corso Francia, nella periferia della città, per «denunciarne la complicità con il genocidio in corso a Gaza perpetrato dallo Stato illegittimo di Israele ai danni del popolo palestinese». Gli attivisti si sono mobilitati in un gruppo di una cinquantina di persone e, armati di striscioni con su scritto “Free Lebanon” e “Free Palestine”, hanno sfondato i cancelli della sede, e si sono mossi tra la nebbia rossa e bianca generata dai fumogeni arrivando fino al tetto, dove hanno appeso una bandiera palestinese. «Nonostante il gruppo industriale dichiari di lavorare prevalentemente nel campo della difesa, Leonardo da oltre un anno continua a sostenere l’esercito israeliano», scrivono gli studenti, facendo riferimento alle recenti notizie sul commercio di armi, veicoli, ed equipaggiamento militare tra Leonardo e Israele. Secondo quanto riportano le fonti mediatiche, 30 attivisti sono stati identificati dalla Digos.
La rapida incursione dell’intifada studentesca è avvenuta nel primo pomeriggio di ieri, mercoledì 13 novembre. Dopo essere entrati nel perimetro esterno, gli attivisti sono riusciti a occupare alcuni spazi interni e hanno gettato vernice rossa sull’edificio. Secondo quanto scrive il ministro della Difesa, Guido Crosetto, i «pericolosi eversivi» — queste le parole utilizzate da Crosetto per definirli — sarebbero arrivati mentre all’interno della struttura si stava tenendo «un’importante riunione anche con personale della Difesa». Dopo il blitz, le forze dell’ordine sono giunte sul luogo, facendo abbandonare la sede ai circa 50 manifestanti e identificandone 30; la polizia ha poi presidiato la struttura per scongiurare altre eventuali incursioni.
In seguito all’occupazione della sede di Leonardo S.p.A., gli attivisti hanno diffuso video delle azioni e rilasciato una nota: essi, richiamando le recenti notizie, accusano Leonardo di sostenere l’esercito israeliano con «spedizioni che includono assistenza tecnica da remoto, riparazioni materiali e fornitura di ricambi per i velivoli di addestramento della Israeli Air Force», oltre che «sistemi per i bulldozer blindati (Caterpillar Do), che da anni vengono sistematicamente usati per distruggere le abitazioni palestinesi». Effettivamente, Leonardo ha chiuso il 2023 con risultati record, registrando ordini sopra le previsioni a 17,9 miliardi di euro (+3,8%) e ricavi per un ammontare di 15,3 miliardi (+3,9% rispetto al 2022), in parte anche grazie all’aggressione a Gaza. L’importante ruolo delle armi “Made in Italy” a Gaza è stato evidenziato dagli stessi israeliani, che hanno dichiarato al sito specializzato Israel Defense che i missili che hanno colpito la Striscia provenivano anche da cannoni fabbricati in Italia e venduti a Tel Aviv. Recentemente, è inoltre emerso che il colosso italiano delle armi ha consegnato 12 elicotteri allo Stato ebraico nell’ambito di una serie di trattative risalenti al periodo che va dal 2019 al 2022, e che potrebbe portare nelle basi militari israeliane altri 4 velivoli.
Per questi motivi, Leonardo S.p.A. e, in generale, tutto il settore bellico sono da mesi al centro delle azioni dell’intifada studentesca e degli attivisti che si impegnano a sostegno della causa palestinese. Nella stessa Torino è stata lanciata una manifestazione regionale per la Palestina e contro la guerra, che si terrà il prossimo sabato 16 novembre. Sempre a Torino, gli studenti si erano mobilitati contro i poli universitari della città, accusati di «stringere accordi con società come Leonardo, mettendo a disposizione le menti di studentesse e studenti e il sapere prodotto negli atenei, anche attraverso tirocini non retribuiti». In generale, la mobilitazione contro Leonardo e gli accordi degli atenei giudicati controversi ha coinvolto numerose città italiane. Lo scorso maggio il movimento ha raggiunto decine di università, i cui studenti chiedevano l’interruzione di tutti gli accordi con le omologhe istituzioni israeliane. Il più recente successo è stato registrato dagli studenti dell’Università Statale di Milano, dopo che l’ateneo ha annunciato il congelamento di tutti i rapporti con le università israeliane. Gli studenti hanno poi rilanciato il movimento: «Ora vogliamo lo stesso in tutte le università italiane. Non è finita qui».
[di Dario Lucisano]