Si è svolto sabato scorso l’ultimo incontro tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e quello cinese Xi Jinping, prima dell’imminente insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Durante il colloquio, tenutosi a Lima, in Perù, nell’ambito del forum sulla cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC), i due Capi di Stato hanno concordato non solo sulla necessità di mantenere stabili e collaborative le relazioni tra le due potenze, ma hanno anche raggiunto un accordo su intelligenza artificiale e armi nucleari. Nello specifico, i due presidenti hanno stabilito di evitare di dare all’intelligenza artificiale (IA) il controllo dei sistemi di armi atomiche, impegnando entrambi i Paesi a garantire che ci sia sempre «un controllo umano sulla decisione di usare armi nucleari». Lo ha riferito ai giornalisti il consigliere per la sicurezza nazionale americano Jake Sullivan in una conferenza stampa dopo l’incontro. Quest’ultimo aveva come obiettivo, tra gli altri, quello di garantire che la collaborazione tra le due nazioni, pur tra alti e bassi, prosegua anche con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, in quanto il presidente eletto ha promesso una politica dura verso la Cina, nominando alcuni falchi anticinesi in ruoli chiave. Nonostante ciò, Xi Jinping ha dichiarato a Biden di voler continuare a avere relazioni stabili con gli USA: «L’obiettivo della Cina di una relazione Cina-USA stabile, sana e sostenibile rimane invariato», ha dichiarato, aggiungendo che «la Cina è pronta a lavorare con la nuova amministrazione statunitense per mantenere la comunicazione, espandere la cooperazione e gestire le differenze».
L’accordo sull’uso dell’IA segna una svolta tra le due nazioni sulle questioni di sicurezza nucleare, dopo che si sono registrati scarsi progressi sul tema negli scorsi anni a causa delle tensioni tra Washington e Pechino. Il Dragone, ad esempio, a luglio aveva annullato una riunione sulla questione, in segno di protesta contro una vendita di armi a Taiwan da parte degli Stati Uniti, mentre i colloqui sulle armi nucleari risultano da tempo arenati. «I due capi hanno affermato la necessità di mantenere il controllo umano sulla decisione di usare armi nucleari», ha affermato la Casa Bianca in una dichiarazione, aggiungendo che gli stessi «hanno anche sottolineato la necessità di considerare attentamente i potenziali rischi e sviluppare la tecnologia IA in campo militare in modo prudente e responsabile». I primi colloqui bilaterali formali sull’IA tra i due Paesi si erano svolti lo scorso maggio a Ginevra, ma non avevano toccato l’argomento del processo decisionale sulle armi nucleari. Nonostante l’accordo raggiunto durante l’ultimo colloquio tra Biden e Xi, non sono previsti negoziati formali sul controllo degli armamenti nucleari nell’immediato futuro.
Lo scorso anno il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha stimato che Pechino possiede 500 testate nucleari operative e che probabilmente ne introdurrà più di 1.000 entro il 2030. Ciò avvicinerà il Dragone alle 1.770 e 1.710 testate operative dispiegate rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Russia. Inoltre, la potenza asiatica ha modernizzato il suo programma nucleare, avviando la produzione del suo sottomarino lanciamissili balistici di nuova generazione: la dotazione di armi nucleari nei domini di terra, aria e mare conferisce alla Cina la cosiddetta “triade nucleare” di cui non tutti gli Stati in possesso di armi atomiche dispongono. Il Dragone non ha formalmente dettagliato il suo arsenale, ma la sua rapida accelerazione in tale ambito preoccupa Washington che ha spesso demonizzato le iniziative in tal senso di Pechino. Tuttavia, la nazione asiatica mantiene ufficialmente una politica di non primo utilizzo e di mantenimento di una deterrenza nucleare moderna che è minima, al contrario della potenza a stelle e strisce. Washington, infatti, nel 2022 ha stravolto la sua dottrina sulle armi nucleari attraverso il documento “2022 National Defense Strategy of The United States”, dove si stabilisce, tra le altre cose, la possibilità di utilizzare ordigni nucleari per primi, ignorando quindi la regola del “no first use”. Dal canto suo, invece, la Cina si attiene a tale politica, esortando anche le altre potenze a fare lo stesso.
Durante l’incontro avvenuto sabato scorso, entrambi i presidenti hanno concordato sul fatto che le buone relazioni tra USA e Cina sono fondamentali non solo per le due nazioni, ma per tutto il mondo. Negli ultimi quattro anni, le due amministrazioni hanno ripristinato il dialogo e la cooperazione Cina-USA, attraverso il riavvio o l’istituzione di più di venti meccanismi di comunicazione, ottenendo risultati positivi in diversi settori. Nonostante ciò, la guerra economico-commerciale tra le due nazioni prosegue, poiché Joe Biden ha portato avanti la stessa politica protezionistica avviata da Trump. Tuttavia, non è mai venuto meno il dialogo. Il presidente cinese ha sottolineato quindi che vale la pena rivedere le esperienze degli ultimi quattro anni e trarne ispirazione, mentre Biden ha affermato che la relazione tra Stati Uniti e Cina è la più importante al mondo, non solo per i due popoli, ma anche per il futuro del mondo. Un chiaro messaggio alla futura amministrazione Trump che pone seri interrogativi sul rapporto futuro tra le due potenze, dal momento che il presidente eletto ha promesso di adottare un approccio poco conciliante nei rapporti con Pechino.
[di Giorgia Audiello]
In un Mondo sempre più pericoloso, cosa aspetta questa Italia a ritagliarsi un suo angolo di sicurezza?
A questo punto possiamo solo buttarci su armi Biologiche che costano zero di importazione di materie prime, solo richiedono lavoro intellettuale di altissimo livello Medico, che poi ha comunque ricadute importantissime sulla Medicina.
Cosa aspetta l’Italia a dedicare un migliaio di scienziati Italiani in Italia a cercare armi Biologiche all’avanguardia del Mondo con relativi vaccini e contromisure in grado di costringere chiunque al rispetto del nostro paese!