Mentre continua a portare avanti il genocidio nella Striscia di Gaza e a uccidere civili in Libano, radendo al suolo interi villaggi, il governo israeliano prosegue anche con le operazioni di censura dei mezzi di informazione che criticano il suo operato. Dopo la chiusura degli uffici di al-Jazeera, avvenuta a maggio, è ora il turno di Haaretz, una delle pochissime voci critiche tra i mezzi di informazione israeliani. Con una risoluzione approvata ieri, infatti, Israele taglia ogni rapporto dello Stato con il quotidiano, vietando anche agli enti di governo di inserirvi pubblicità o finanziarlo in alcun modo.
Secondo quanto riportato da Haaretz stesso, la decisione ha fatto seguito a «molti articoli che hanno messo in discussione la legittimità del governo di Israele e il suo diritto all’autodifesa». In particolare, a fornire a Tel Aviv il pretesto ottimale sono state alcune dichiarazioni fatte da un editore del quotidiano, Amos Schocken. Nel corso di una conferenza svoltasi a Londra, Schocken aveva infatti sottolineato come «al governo di Netanyahu non importa di imporre un crudele regime di apartheid sulla popolazione palestinese» e aggiunto come questo non tenga conto «dei costi sostenuti da entrambe le parti per difendere gli insediamenti e combattere i combattenti per la libertà palestinesi, che Israele chiama terroristi». Le affermazioni avevano scatenato l’ira del governo israeliano e costretto Schocken stesso a ritrattare quanto affermato. Qualche giorno più tardi, su Haaretz era comparso un editoriale, dal titolo Terrorists are not Freedom Fighters (I terroristi non sono combattenti per la libertà). Tuttavia, il ministro per le Comunicazioni israeliano Shlomo Karhi aveva comunque dato il via a un’iniziativa contro il quotidiano.
La risoluzione è stata votata ieri, domenica 24 novembre, nonostante non fosse inclusa nell’agenda di discussione settimanale del gabinetto israeliano. «L’ufficio del Procuratore Generale, non informato dell’intenzione di sottoporre la proposta al voto, non l’ha esaminata né ha presentato il proprio parere, contrariamente a quanto avviene di norma. La risoluzione è stata presentata ai ministri durante la discussione senza alcun parere legale» riporta Haaretz stesso. Fondato nel 1919, il quotidiano israeliano costituisce una delle pochissime voci critiche all’interno del Paese, in un contesto dove la stragrande maggioranza dei mezzi di informazione si fa strumento di propaganda delle politiche di governo. «Come Putin, Erdoğan, e Orbán, Netanyahu sta cercando di mettere a tacere un giornale critico e indipendente» ha commentato il giornale, aggiungendo che «Haaretz non si tirerà indietro e non si trasformerà in un pamphlet che pubblica messaggi approvati dal governo e dal suo leader».
Nel maggio di quest’anno, Israele aveva già chiuso tutte le sedi del quotidiano qatariota al-Jazeera presenti nel Paese. Al-Jazeera è un giornale in prima linea nel racconto della guerra a Gaza, disponendo di diversi propri giornalisti nella Striscia. Il giornale stesso aveva riportato come i soldati israeliani fossero entrati all’interno delle proprie sedi, sequestrando computer e attrezzature. Per bloccare il mezzo di informazione, Israele ha varato una legge apposita, che consente al governo di bloccare un mezzo di informazione straniero dal momento che questo è causa di potenziali danni alla sicurezza dello Stato.
[di Valeria Casolaro]