giovedì 26 Dicembre 2024

Milano: il governo risponde militarizzando Corvetto dopo le rivolte

Dopo le proteste iniziate nel fine settimana a Milano, nel quartiere Corvetto, le istituzioni hanno deciso di adottare il pugno di ferro, militarizzando la zona. La questura di Milano ha infatti optato per l’invio di centinaia agenti nell’area con il compito di pattugliare le strade nelle ore notturne, mentre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si prepara a visitare Palazzo Marino. Le proteste sono scoppiate dopo la morte di un ragazzo di 19 anni, Ramy Elgaml, che ha avuto un incidente in scooter con un amico mentre veniva inseguito da una vettura dei carabinieri. Secondo le ricostruzioni, le forze dell’ordine stavano inseguendo i due ragazzi dopo che avevano superato un posto di blocco senza fermarsi, e lo scooter avrebbe avuto un incidente. Dopo la notizia, amici e conoscenti di Ramy sono scesi in strada, dando fuoco ai bidoni, appendendo striscioni e danneggiando autobus, chiedendo giustizia e verità per il ragazzo, accusando il carabiniere al volante di avere volontariamente speronato il motorino e causato l’incidente. Dopo l’apertura di indagini contro il carabiniere coinvolto e gli appelli della famiglia, le proteste si sono placate.

La decisione di militarizzare l’area di Corvetto è arrivata dalla procura di Milano, che ha annunciato l’invio di circa cinquecento agenti per pattugliare il quartiere durante le ore notturne. Ieri sono arrivati sul posto i primi trenta agenti, e non è chiaro quando e in che termini gli altri prenderanno servizio. Sembra invece definito il termine dell’operazione, che avverrà in concomitanza con la Prima della Scala, da dopo la seconda guerra mondiale fissata al 7 dicembre, giorno del patrono della città, Sant’Ambrogio. Parallelamente, il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha dichiarato di avere parlato con il prefetto, che gli ha comunicato che il ministro Piantedosi arriverà a Milano per affrontare l’emergenza Corvetto. Quest’ultimo annuncio è arrivato ieri, a margine dell’inaugurazione del Milano Welcome Center, il punto unico di accesso ai servizi per i migranti appena arrivati in città, e non è ancora chiaro quando Piantedosi arriverebbe nel capoluogo meneghino.

Le proteste a Corvetto sono scoppiate tra sabato 23 e domenica 24 novembre, dopo la morte di Ramy Elgaml, schiantatosi in scooter contro un muretto. Ramy si trovava a bordo del motorino sul sedile del passeggero, mentre il suo amico, un ragazzo di ventidue anni, è ancora ricoverato in ospedale, intubato in condizioni critiche. Le dinamiche dell’incidente sono ancora poco chiare: secondo una prima ricostruzione, i due ragazzi viaggiavano in motorino e non si erano fermati a un posto di blocco nella zona di via Farini (una strada della città nella zona a nord del centro), venendo inseguiti fino a via Ripamonti (una delle vie più lunghe di Milano, che inizia nell’area meridionale del centro arrivando fino alla periferia sud), dove è avvenuto l’incidente. Di preciso, lo scooter si è scontrato con un muretto nei pressi dell’incrocio con via Quaranta, alle porte del quartiere Vigentino. L’inseguimento sarebbe durato una ventina di minuti attraversando la città per circa otto chilometri.

Dopo la notizia dello schianto, amici e parenti di Ramy si sono riversati per le strade di Corvetto, un quartiere popolare situato a sud-est del centro, da dove il ragazzo proveniva. Le proteste sono durate per giorni, durante i quali i manifestanti hanno rivendicato su muri e striscioni “verità e giustizia per Ramy”, hanno bruciato cassonetti, danneggiato mezzi di linea, e lanciato petardi. «Facciamo casino perché non ci fanno vedere i video. L’hanno investito, l’hanno ammazzato», ha dichiarato uno dei manifestanti. Ci sarebbero infatti delle testimonianze che sosterrebbero che a provocare l’incidente siano stati i carabinieri, probabilmente speronando il motorino. Nel frattempo, è stata avviata una indagine sui due guidatori: il carabiniere e l’amico di Ramy. Nel pomeriggio di lunedì, tre camionette delle forze dell’ordine sono arrivate nel quartiere, gli autobus sono stati deviati, e nel corso della sera si sono registrati scontri diretti con la polizia, tra cariche, barricate, e lanci di lacrimogeni; una persona è stata arrestata. Da ieri, martedì 27 novembre, la situazione si è gradualmente placata.

La morte di Ramy e le conseguenti rivolte di Corvetto hanno riaperto una questione dimenticata, ma ancora molto attuale per la città di Milano. Corvetto è un quartiere popolare di composizione multietnica, situato a non più di una ventina di minuti dal centro storico del Duomo. Qui, si riversa un gran numero di persone ai margini della società, in condizioni di povertà e degrado che aumentano la percezione di insicurezza nella zona. Come tante aree “periferiche” e popolari meneghine, Corvetto è stata lasciata a sé stessa: molti edifici necessitano di ristrutturazioni, l’illuminazione è spesso ridotta, le strade sono lasciate senza manutenzione, e in generale la vita del quartiere subisce le condizioni di impoverimento generale causate dalla gentrificazione. Questi quartieri, quando non sono al centro delle politiche definite “di ripristino” e “integrazione”, vengono abbandonati ai loro problemi; quando invece lo sono, vengono trasformati, impreziositi, senza che vengano parallelamente implementati adeguati programmi di reinserimento sociale, e finiscono al centro della macchina speculativa che fa aumentare i costi della vita a dismisura, cacciando di fatto gli abitanti. La politica, nel mentre, segue due vie principali: da una parte strumentalizza l’effetto “banlieue” (che prende il nome dagli omonimi sobborghi parigini), scaricando la responsabilità del degrado di una zona lasciata a sé stessa sulla presenza degli immigrati; dall’altro ignora il problema senza intervenire per riqualificare l’area, né per reinserire le persone ai margini sociali. In ogni caso, quello che avviene è la politicizzazione di una problematica sociale, che ignora la sua complessità, finendo per farla crescere su sé stessa e alimentarsi ogni giorno di più.

[di Dario Lucisano]

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