Dietro le mura della prigione di Anstalten, in Groenlandia, Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd e noto attivista ambientalista, ha trascorso il suo 74esimo compleanno in attesa di un destino incerto. Arrestato lo scorso luglio con l’accusa di cospirazione per danneggiamenti legati a un’azione del 2010 contro la baleniera giapponese Shonan Maru 2, Watson nega con forza ogni responsabilità. Intanto, il tribunale di Nuuk ha prorogato la sua detenzione fino al 18 dicembre, valutando una possibile estradizione in Giappone, dove rischierebbe una condanna a vita. Nel corso degli ultimi mesi, dalla Groenlandia i legali del Capitano Watson hanno denunciato irregolarità nel processo, chiedendo il rilascio dell’attivista. Secondo la difesa, infatti, il mandato d’arresto internazionale si baserebbe su prove false fabbricate dalle autorità nipponiche. Dalla sua cella, Watson ha scritto negli scorsi giorni una lettera accorata, nella quale ha ribadito la propria innocenza e riflettuto sul significato della sua lotta per la salvaguardia degli oceani. La pubblichiamo integralmente qui di seguito.
«Torno in tribunale di nuovo il 2 dicembre, giorno del mio compleanno. Sarà la mia sesta comparizione in aula dopo 134 giorni. Non è stata ancora presa alcuna decisione. Il 21 luglio ero sicuro che sarei stato rilasciato una volta che la polizia avesse esaminato le prove e i fatti. Le prove dimostrano chiaramente che non ero coinvolto né nella pianificazione né nelle attività legate al presunto “crimine”. Quando mi sono presentato in tribunale il 15 agosto, mi è stato detto che la polizia non aveva ancora esaminato i video. È stato ordinato il mio trattenimento fino a settembre. Il 3 settembre, sono stato finalmente interrogato dalla polizia e di nuovo portato in tribunale, dove giudice e pubblico ministero si sono rifiutati di visionare i video. La mia detenzione è stata prorogata fino al 2 ottobre. Dopo due mesi, ero certo che il Ministero della Giustizia danese avesse avuto il tempo di esaminare il caso. Mi sono presentato in aula fiducioso che le prove e i fatti avrebbero portato al mio rilascio. Invece, è stato nuovamente ordinato il mio trattenimento fino al 2 dicembre.
Il 2 dicembre compirò 74 anni. Non vedo i miei figli da giugno e mi è consentito di fare solo una telefonata settimanale di 10 minuti alla mia famiglia. In cinque mesi mi sono presentato quattro volte al tribunale della Groenlandia, ogni volta con speranza e fiducia. Dalla documentazione video si evince chiaramente che si tratta di un’accusa politica per un reato minore commesso 14 anni fa. L’accusa stessa non giustifica un’estradizione. Non ho ferito nessuno; in realtà, nessuno è stato ferito. Un baleniere ha riportato una piccola vescica sul guancia, autoinflitta dal suo stesso spray al peperoncino. Questo fatto avrebbe potuto essere dimostrato attraverso un’analisi chimica degli indumenti che indossava, ma tali indumenti sono stati bruciati, poiché ritenuti “non rilevanti”. La distruzione delle prove dovrebbe di per sé annullare le accuse.
Tornerò in tribunale il 2 dicembre, ma questa volta senza speranze o aspettative di rilascio. Questa situazione è diventata una forma di tortura psicologica e, ora, il mio ultimo atto di difesa è smettere di sperare, accettare che non passerò il Natale con i miei figli e che non li vedrò per altri sei mesi. La domanda è: perché il Ministro della Giustizia danese non prende una decisione quando prove e fatti dimostrano chiaramente che il caso non può comportare l’estradizione e io ho già scontato più tempo in carcere di quanto avrei scontato se fossi stato colpevole in Groenlandia? I miei avvocati affermano che per un’accusa simile in Groenlandia avrei ricevuto solo una multa simbolica, senza carcere.
Il vero crimine qui sono le operazioni illegali di caccia alle balene condotte dal Giappone nel Santuario dell’Oceano Meridionale, in violazione della moratoria globale della Commissione Internazionale sulla Caccia alle Balene, una violazione confermata dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia nel 2014. Mi trovo in questa prigione perché il mio programma televisivo Whale Wars ha esposto al mondo i crimini dei balenieri giapponesi, causando loro umiliazione e imbarazzo».
[di Stefano Baudino]
Un giorno voi tutti che commentate nonchè i giornalisti che hanno scritto questo articolo mi spiegherete perchè le balene dovrebbero avere PIU’ DIGNITA’ dei TONNI. E ora non vi dichiarate tutti vegan,i è chiaro che mangiate gli spaghetti al tonno ma non gli spaghetti alla balena. Chissà forse un giorno ci arriverete che è solo un FATTO CULTURALE. In alcune regioni della Cina mangiano I CANI evidentemente da loro il cane NON è mai stato un animale da compagnia. A meno che non siete VEGANI vi informo che TUTTI gli animali sono COMMESTIBILI magiarne uno e innalzare agli altari un altro è SOLO un fatto CULTURALE! Buona Riflessioni!!
Sono sempre stato affascinato dalla cultura giapponese,ma da quando ho scoperto la mattanza di delfini,balene e squali,mi viene il voltastomaco solo a pensare di come si accetti tutto questo,tutti consapevoli di quello che succede,una vergogna inaudita.Sempre al tuo fianco Capitano,mi dispiace immensamente per tutto quello che stai subendo.
quando si mettono avanti gli interessi economici alla giustizia avvengono queste ignobili distorsioni della verità- ignobile l’essere umano quando piega forza e regole a soddisfare la speculazione, che sia sfruttamento di animale umano o non umano non cambia. #free paul watson
Vedo che l ingiustizia si aggira in ogni paese. Mi turba che anche nel nord Europa queste cause non hanno voce. Anzi come in Italia se qualcuno o qualcosa è scomodo… Gira e rigira viene fatto rinchiudere, prove bruciate, fatti non analizzati, ritenuti non importanti… Mmmmh! C’è veramente da aver paura.