mercoledì 5 Febbraio 2025

Gli zuccheri aggiunti delle bevande potrebbero essere i più pericolosi per la salute

Quando si assumono sostanze dolci non bisognerebbe considerare solo la quantità di zucchero al loro interno, ma anche il contesto e le modalità di assunzione: è quanto suggerisce un nuovo studio condotto da scienziati dalla Lund University, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Public Health. La ricerca ha coinvolto decine di migliaia di cittadini svedesi e ha analizzato la correlazione tra l’assunzione di zucchero proveniente da tre fonti alimentari diverse e lo sviluppo di malattie cardiovascolari, scoprendo che le bevande zuccherate sono associate ad un rischio più elevato, al contrario di cibi solidi come dolcetti, pasticcini o biscotti. «Gli zuccheri liquidi, presenti nelle bevande zuccherate, in genere forniscono meno sazietà rispetto alle forme solide», e per questo spesso «vengono consumati eccessivamente», ha commentato la coautrice Suzanne Janzi, la quale successivamente però ha invitato alla cautela avvertendo che la ricerca ha riscontrato correlazione e non causalità, la quale verrà indagata in studi successivi.

I ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da due importanti coorti svedesi: lo Swedish Mammography Cohort e il Cohort of Swedish Men. Complessivamente, le diete di 69.705 partecipanti sono state monitorate prima attraverso questionari compilati nel 1997 e nel 2009, poi con un follow-up fino al 2019. In questo periodo di tempo, oltre 25.000 individui hanno ricevuto diagnosi di malattie cardiovascolari come ictus ischemico, infarti, aneurismi e insufficienza cardiaca, le quali sono state poi confrontate con tre principali categorie di consumo di zucchero: condimenti come il miele, dolcetti come pasticcini o biscotti e infine bevande zuccherate come le bibite gassate. Secondo i risultati pubblicati su Frontiers in Public Health, quest’ultime hanno aumentato significativamente il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari in quanto, come spiegato da Janzi, gli zuccheri liquidi sembrano avere un effetto maggiore perché non inducono sazietà, portando a un consumo eccessivo. D’altra parte invece, un consumo moderato di dolcetti è stato associato a una riduzione del rischio cardiovascolare rispetto a un’assunzione estremamente bassa di zucchero, anche se questo risultato andrebbe sottoposto ad ulteriori verifiche che escludano eventuali bias derivati dal metodo utilizzato.

La ricerca infatti, come spiegano gli stessi autori, essendo di natura osservazionale non può stabilire un solido rapporto di causalità tra consumo, tipologia di assunzione e insorgenza di patologie. Per esempio, per quanto riguarda il rischio leggermente maggiore (rispetto ai dolcetti) associato al consumo estremamente basso di zucchero, vi è la possibilità che gli individui del campione ne assumano appositamente poco a causa di altre condizioni di salute preesistenti, oppure «una teoria è che le persone con un consumo di zucchero molto basso potrebbero sostituire lo zucchero con altri cibi o nutrienti non sani», ha spiegato Janzi. Inoltre, c’è inoltre la possibilità che alcuni fattori culturali e dietetici, come la tradizionale pausa caffè svedese, abbiano influenzato i dati: «Questa pratica è così radicata nella società svedese che molti luoghi di lavoro hanno programmato delle pause apposite giornaliere. È possibile che il consumo di dolcetti durante queste interazioni sociali sia fortemente collegato alle relazioni sociali, che in precedenza erano state collegate alla salute cardiovascolare», ha aggiunto. Tuttavia, nonostante abbia ribadito che non è necessario eliminare completamente lo zucchero per prevenire le malattie cardiovascolari, la coautrice ha concluso che risulta necessario studiare ulteriormente le correlazioni rilevate, in quanto i risultati riscontrati sono tutt’altro che indifferenti: «Diverse fonti di zuccheri aggiunti variano anche nei loro modelli di consumo, il che potrebbe spiegare ulteriormente perché si associano in modo diverso al rischio di malattie cardiovascolari».

[di Roberto Demaio]

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