mercoledì 18 Dicembre 2024

Olimpiadi Masai: quando la conservazione riscrive la cultura indigena

Nella riserva faunistica keniota Kimana Sanctuary, lungo il confine con la Tanzania, si sono svolte il 14 e 15 dicembre scorsi le Olimpiadi Maasai. Gare podistiche, lancio di giavellotto e salto in alto sono alcune delle competizioni che hanno visto la partecipazione dei giovani membri della tribù, oltre che delle donne. L’evento si svolge ogni due anni a partire dal 2012, quando questo ha sostituito la tradizionale caccia al leone, rito che segnava il passaggio dei giovani maasai all’età adulta. Secondo gli organizzatori, si tratta di un modo per garantire la protezione del leone, la cui popolazione in Africa si è ridotta del 90% in 100 anni. Tuttavia, la progressiva estinzione di questa specie – che risulta del tutto scomparsa in 26 Paesi africani – è dovuta soprattutto a fattori quali il bracconaggio illegale e il degrado dell’habitat naturale dei felini.

Secondo quanto spiegato dalla Big Life Foundation, organizzazione che si occupa di conservazione in Africa e che dal 2012 organizza l’evento, sono stati gli stessi maasai (Menye Layiok o “padri culturali” maasai) a chiedere di sostituire l’antico rito tradizionale con un tipo di evento differente. Gli esemplari di questo grande felino, infatti, si sono ridotti drasticamente negli ultimi anni, arrivando ad una popolazione di appena 20 mila in tutto il continente. Nei soli ultimi 20 anni, denuncia il WWF, la popolazione di leoni in Africa si è ridotta di ben il 43%. Tra le cause principali, l’organizzazione elenca il progressivo degrado del loro habitat naturale, la scomparsa delle prede (dovuta al commercio di carne di animali selvatici), l’uccisione per tutelare gli allevamenti di animali domestici (spesso situati nei territori di caccia dei leoni) e il bracconaggio illegale. A seguito dell’introduzione di normative più stringenti per limitare il commercio di ossa di tigre, per esempio, è impennata la domanda internazionale di ossa di leone.

Nonostante l’uccisione dei leoni, ora sostituita da gare sportive, fosse un rito originariamente dedicato al passaggio all’età adulta da parte dei giovani uomini del gruppo, è stata incentivata anche la partecipazione delle donne, per evidenziare una volontà di “inclusione” di entrambe i sessi. «Dal momento che le giovani donne sono spesso la motivazione che spinge i guerrieri a cacciare i leoni e sono anche potenziali sostenitrici della conservazione, la loro inclusione è fondamentale» ha scritto Big Life Foundation. Le giovani partecipano a due dei sei eventi totali: la gara dei 100 metri e quella dei 1500. Ogni anno, prima dello svolgersi dell’evento, spiega l’associazione, viene proiettato un film che istruisce i maasai sull’importanza della conservazione dei leoni e quindi sulla rilevanza dell’evento. Secondo Big Life, l’84% dei guerrieri maasai intervistati dopo le Olimpiadi del 2016 ha dichiarato che queste costituivano un’ottima alternativa alla caccia al leone. «Gli atleti competono per riconoscimento, per esprimere coraggio, attrarre le donne e identificare i leader» spiega l’associazione.

Fornire un giudizio di merito sull’uccisione di un animale a scopi rituali, questione assai difficile da sbrogliare, non è oggetto di questo articolo – anche se va osservato come nemmeno l’Occidente sia esente da pratiche simili: si pensi, ad esempio, all’uccisione di centinaia di migliaia di agnelli nel periodo pasquale per motivi legati alla ritualità e alla tradizione. Piuttosto, è interessante notare come le popolazioni locali siano costrette a snaturare tradizioni antiche per riparare a un danno che non è stato fatto da loro. È inoltre interessante osservare come, nel nome di una certa idea di “modernità”, si aderisca criteri di “inclusione” che portano al paradosso di introdurre le donne in una competizione nata come rito di passaggio maschile.

Abolendo quelle che possono essere considerate le caratteristiche più «primitive» e «selvagge» della propria cultura, i maasai possono più facilmente essere riconosciuti come “uguali a noi” (dove il “noi” sta per l’uomo occidentale) e dimostrare di aver acquisito una sensibilità propria di altri contesti socioculturali. E ora più che mai queste popolazioni hanno bisogno di essere “viste” e tutelate: riduzione della libertà di circolazione, sottrazione delle proprie terre ancestrali, eliminazione del diritto di voto sono solamente alcune delle realtà alle quali questi popoli devono far fronte quotidianamente.

[di Valeria Casolaro]

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