Giovanni Battista Macciò aveva 52 anni ed era un operaio. È morto questa mattina mentre svolgeva il proprio lavoro, travolto da una ralla nel porto di Genova Prà. Un suo collega è rimasto ferito ed è attualmente ricoverato all’Ospedale San Martino, non in pericolo di vita. Subito dopo l’ennesimo incidente dell’annus horribilis delle morti sul lavoro, è stato proclamato uno sciopero immediato di 24 ore. I lavoratori si sono radunati davanti al varco Etiopia del porto, bloccando il lungomare Canepa. Presto tutti i varchi sono stati chiusi dai picchetti. «Ai valichi del porto di Genova in questo momento siamo presenti in molti, c’è la rabbia e il dolore per la perdita di uno di noi», si legge nella nota diramata dall’Unione Sindacale di Base (USB).
Porto bloccato per 24 ore, traffico in tilt e code chilometriche. È stata la rabbia degli operai, vittime sistemiche di un modello produttivo che in nome del profitto li sacrifica volentieri, a svegliare Genova. Nel porto campeggia una scritta eloquente: «Basta morti sul lavoro! Ci siamo rotti il cazzo!». Di fronte all’ennesimo lavoratore che non tornerà a casa, da moglie e figlio, l’USB punta il dito contro «il drammatico contesto di sfruttamento», ricordando che «ritmi di lavoro sopra le capacità fisiche, incremento dei turni notturni e festivi, introduzione di lavoro flessibile, sono la base su cui si fonda un affare da centinaia di miliardi, dove le aziende si fanno sempre meno scrupoli». La procura ha intanto aperto un’inchiesta. Secondo le prime ricostruzioni Giovanni Battista Macciò stava controllando i sigilli di un container intorno alle tre del mattino quando sarebbe stato travolto da una ralla a seguito di una sterzata improvvisa del conducente.
La lista dei morti sul lavoro si allunga. Nei primi dieci mesi dell’anno, da gennaio a ottobre, se ne sono registrati 890, il 2,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Il 2024 si è macchiato di diverse stragi, con vittime multiple, tra cui: l’esplosione nella centrale idroelettrica a Suviana, il crollo nel cantiere di via Mariti a Firenze, l’intossicazione degli operai a Casteldaccia e la recente esplosione a Calenzano. Un anno che rilancia la necessità di ripensare al rapporto col lavoro, per la sicurezza reale – e non quella di propaganda sbandierata dagli omonimi disegni di legge – di milioni di persone.
[di Salvatore Toscano]
Ci si indigna sempre DOPO. Si protesta sempre DOPO. Si fanno le leggi DOPO (anche il D.Lgs 81/2008 è nato DOPO). Si fanno leggi che sono punitive più che preventive.
OGNI GIORNO in Italia più di tre persone escono di casa per andare a lavorare e non tornano più. Sono numeri che conosciamo, che leggiamo nei titoli dei giornali, e che purtroppo sembrano ormai far parte di una tragica routine. Oltre 1.000 morti sul lavoro ogni anno. Ma quello che davvero dovrebbe farci riflettere è che questi numeri non cambiano, non cambiano da anni! Perché? Perché la prevenzione non si vede, non fa rumore, e soprattutto, non paga politicamente.