I cinquecentomila euro che la legge di bilancio prevedeva fossero stanziati per incrementare i fondi a favore dell’insegnamento dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole secondarie verranno impiegati dal governo per la formazione dei docenti sull’infertilità. A confermarlo è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani, rispondendo a un’interrogazione parlamentare avanzata dalla Lega. La decisione, che ha scatenato il plauso della Lega e lo sdegno delle opposizioni, ha riportato l’attenzione sul dibattito tra la necessità dell’Italia di dotarsi di strumenti per impartire l’educazione affettiva (il nostro Paese è uno dei pochissimi in Europa a non disporre di una legislazione in tal senso) e il timore del diffondersi di quella che le destre definiscono «ideologia gender».
In particolare, i fondi saranno impiegati per fornire «moduli informativi rivolti agli insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado per aggiornare su contenuti su eventi educativi e corsi di informazione e prevenzione prioritariamente riguardo alle tematiche della fertilità maschile e femminile, con particolare riferimento all’ambito della prevenzione della infertilità». Inoltre, ha aggiunto Ciriani, «la scelta di attribuirla al fondo per le Pari Opportunità non consente attività dirette nelle scuole e interventi nella organizzazione scolastica, di pertinenza del ministero dell’Istruzione e del Merito, alle quali la norma approvata non fa nessun riferimento». La notizia ha suscitato immediate reazioni nella politica: se, da un lato, si è sollevata la protesta delle opposizioni, con Riccardo Magi (Europa+, primo firmatario dell’emendamento) che ha accusato il governo di «prestare il fianco alle associazioni Pro-Vita», la Lega ha espresso soddisfazione ribadendo che nell’attuale governo non vi sarà alcuno spazio per la cosiddetta «ideologia gender». «L’ideologia gender esiste» ha dichiarato il deputato Sasso, «quando docenti politicizzati e cosiddetti esperti esterni vorrebbero impartire lezioni di educazione sessuale a bambini di prima elementare. Come si può pensare di parlare di argomenti come il coito, il piacere sessuale, la masturbazione a bambini di 5 anni?».
Al di là del fatto che il testo dell’emendamento prevedeva interventi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado (quindi non ai bambini di 5 anni), l’educazione sessuale e affettiva ha, nelle parole stesse del ministero della Salute, un’accezione alquanto diversa. Si tratta infatti di una materia «strettamente connessa con l’educazione all’affettività e alle relazioni, al rispetto dei diritti umani e della parità tra i sessi». Essa va impartita in maniera appropriata all’età, tramite un «approccio olistico basato sul concetto di affettività e sessualità come area del potenziale umano, che aiuta a far maturare nei bambini e negli adolescenti le competenze che li renderanno capaci di determinare autonomamente la propria sessualità e le proprie relazioni nelle varie fasi dello sviluppo». Uno degli obiettivi che si pone l’insegnamento dell’educazione sessuale è infatti proprio quello di facilitare la costruzione di relazioni basate sul rispetto reciproco, il cui apprendimento è fondamentale sin dalla tenera età. Ai bambini delle suole materne e primarie viene insegnato a gestire le proprie delusioni, esprimere emozioni, desideri e bisogni e mettere dei confini a situazioni spiacevoli, insieme alla capacità di riconoscere stereotipi di genere e comportamenti sessisti che possono alimentare, se non ben decodificati, comportamenti irrispettosi e violenti.
Nel panorama europeo, l’Italia è uno dei pochissimi Paesi a non disporre di una legge che disciplini l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole – insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania. E proprio l’assenza di un quadro legislativo chiaro lascia ampio spazio di manovra a un dibattito puramente ideologico.
[di Valeria Casolaro]