venerdì 10 Gennaio 2025

Venezuela, Maduro e l’opposizione alla resa dei conti: USA e UE soffiano sul fuoco

In Venezuela è giunta la resa dei conti tra il presidente Nicolás Maduro e l’opposizione guidata da María Corina Machado e il suo presidente Edmundo González Urrutia. Oggi, venerdì 10 gennaio, è in programma il terzo insediamento di Maduro, in cui culminerà una stagione di accuse di brogli, proteste e scontri che ha interessato le due fazioni. Le carte in tavola sono pronte: sotto il motto «Gloria al popolo coraggioso», l’opposizione ha chiamato una giornata di mobilitazione da fare seguire a quella di ieri; Maduro si muove in un contesto di isolamento sulla scena internazionale, con la maggior parte dei Paesi della regione e del blocco occidentale a guida USA schierati dalla parte di Machado, ma gode ancora dell’appoggio degli indigeni, della Cina e della Russia; la stessa Machado ha denunciato un presunto attacco al convoglio che la scortava, mentre il governo la accusa di essersi inventata tutto; González Urrutia, infine, ha terminato il suo giro del continente e sembra intenzionato a partire da Santo Domingo per giungere in piazza in una Caracas militarizzata e reclamare simbolicamente la vittoria.

È tutto pronto per l’insediamento di Maduro. La cerimonia è prevista per oggi a mezzogiorno, le 17:00 italiane, davanti al Parlamento venezuelano, dove Maduro presterà giuramento. Nel frattempo, l’opposizione ha chiamato i cittadini a mobilitarsi, e già ieri il Paese è stato investito da un forte moto di proteste. A sollevarsi sembrano essere stati almeno 20 dei 23 Stati venezuelani, dove le piazze sono state solcate da manifestanti di entrambe le parti; Maduro gode infatti ancora dell’appoggio di una larga fetta della popolazione, e specialmente di alcune frange del popolo indigeno, che hanno rimarcato il proprio sostegno al presidente con diversi comunicati. Ieri, a Maracay e nello Stato di Carabobo, alcuni manifestanti sono stati colpiti da gas lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine. Le manifestazioni, inoltre, sono arrivate nella capitale Caracas: Machado si è presentata presso il comune di Chacao per partecipare a un raduno di suoi sostenitori. Al rientro, il partito della politica, Vente Venezuela, ha denunciato che un gruppo di «truppe del regime» avrebbe sparato sul convoglio di motociclette su cui stava viaggiando la propria leader, facendola cadere. Machado sarebbe così stata arrestata, per poi venire rilasciata qualche ora dopo. Il governo ha smentito le accuse, sostenendo che Machado avrebbe condotto una «operazione sotto falsa bandiera».

Il presunto arresto di Machado ha scatenato una reazione globale di condanna. Il modo in cui i media internazionali hanno riportato l’evento e la ricezione della notizia da parte dei leader mondiali forniscono un quadro limpido dello scacchiere geopolitico: la quasi totalità dei siti di informazione provenienti da quei Paesi schierati contro Maduro, infatti, ha dato la versione di Machado per assodata, specialmente nei titoli e negli articoli che non trattano direttamente la notizia. Viceversa, le agenzie di stampa dei Paesi alleati a Maduro, non sembra neanche abbiano parlato dell’argomento. In generale, sul panorama internazionale, González Urrutia e Machado sono sostenuti da buona parte del continente sudamericano, che in questi giorni si è sollevato per protestare contro Maduro, dagli USA (Trump compreso), dal Canada, e dall’UE. Maduro, invece, gode dell’appoggio della Cina, della Russia, della Turchia e dell’Iran; a livello regionale, invece, è sostenuto da Cuba, Nicaragua e Bolivia, anche se il presidente di quest’ultimo Paese, Luis Arce, ha dichiarato che non sarà presente all’inaugurazione a causa dei troppi impegni.

Oggi sono previste manifestazioni filo-Maduro e filo-opposizione ancora più grandi in tutto il Venezuela. Il governo ha mobilitato un gran numero di agenti delle forze dell’ordine e dell’esercito, di fatto blindando il Paese. Maduro ha attivato gli Órganos de Dirección de Defensa Integral – gli uffici di difesa integrata che coordinano gli enti statali con l’esercito – in tutti i 5.297 circuiti comunali del Paese, mentre le forze armate hanno dispiegato 1.200 soldati. Da giorni sono ripresi gli arresti e l’allerta nel Paese è cresciuta progressivamente, invertendo quella tendenza di alleggerimento delle tensioni che sembrava starsi affermando con i rilasci dei manifestanti detenuti in occasione delle manifestazioni antigovernative post-elettorali. La tensione, insomma, è alta, anche perché sembra che oggi González Urrutia abbia intenzione di entrare nel Paese. Nel giro degli ultimi mesi, il presidente dell’opposizione ha girato il continente visitando i leader di tutti quegli Stati che lo hanno riconosciuto come vincitore delle elezioni. Era partito dalla Spagna, dove aveva trovato asilo politico, e ora si trova in Repubblica Dominicana. Maduro, tuttavia, ha più volte minacciato di arrestarlo nel caso in cui dovesse entrare su suolo venezuelano, tanto che il Cuerpo de Investigaciones Científicas Penales y Criminalísticas (CICPC) ha promesso una ricompensa di 100.000 dollari per la sua cattura.

[di Dario Lucisano]

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Ancora una situazione dove gli elettori hanno votato male. Ormai c’e’ la produzione in serie. Nella Georgia la presidente sconfitta alle elezioni vuole rimanere attaccata alla poltrona e non lascia l’ufficio. In Romania improvvisamente la Corte dichiara il risultato non valido. In Slovacchia si e’ passati subito a vie di fatto attentando alla vita del presidente eletto. In Venezuela il risultato era gia’ conosciuto prima delle elezioni: Urrutia si era dichiarato vincitore ancor prima dello spoglio. Sembrano dati di una commedia ma e’ il modo con cui l’imperialismo occidentale tenta di mantenersi alla gestione del potere.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti