La grande finanza non si è mai dimostrata particolarmente sensibile alle tematiche ambientali. E ora che è anche cambiato il vento politico globale e la forza dei movimenti ambientalisti è inferiore rispetto a qualche anno fa, non serve nemmeno fingere. Così, il gruppo BlackRock, il più grande gruppo finanziario al mondo con 11 mila miliardi di dollari di asset in gestione, ha abbandonato l’alleanza globale di società che lavorano per raggiungere – attraverso la gestione dei propri investimenti – gli obiettivi di neutralità climatica. La decisione di BlackRock segue quella di altri sei grandi gruppi finanziari. Nonostante il ritiro, molti hanno confermato a parole il loro impegno individuale per la riduzione delle emissioni. Ma che queste intenzioni, in assenza di impegni scritti, si tramutino in fatti è ora una possibilità ancor più remota. Una decisione che dimostra come il presunto interesse delle élite finanziarie verso la decarbonizzazione e l’ambiente fosse di facciata.
L’alleanza globale degli assicuratori per l’obiettivo zero emissioni di carbonio, la Net Zero Asset Managers Initiative (NZAM), era stata creata nel luglio 2021 sotto l’ala dell’ONU. Nella primavera del 2023, aveva già perso gran parte dei suoi membri, tra cui i fondatori Scor, Axa e Allianz. Ora, a distanza di nemmeno un anno, si è quasi del tutto svuotata. Prima di BlackRock, ad abbandonare la nave ci sono stati Goldman Sachs, Wells Fargo, Citi, Bank of America, Morgan Stanley e JPMorgan Chase.
Nel complesso, si va indebolendo la pressione degli azionisti delle grandi multinazionali a favore di risoluzioni in difesa di ambiente e diritti sociali. In particolare, già lo scorso luglio l’associazione di investimento responsabile ShareAction aveva evidenziato una riduzione nel sostegno da parte dei grandi fondi finanziari ai cosiddetti criteri ESG (Environmental, Social e Governance) di sostenibilità. Nel 2022, i quattro maggiori gestori patrimoniali del mondo – Vanguard, Fidelity Investments, BlackRock e State Street Global Advisors – avevano ridotto il loro supporto alle proposte degli azionisti relative a questioni ambientali e sociali, sostenendo solo il 20% delle risoluzioni ESG, rispetto al 32% del 2021. Il calo di supporto da parte di questi gestori, tutti con sede negli Stati Uniti, sarebbe stato, ad esempio, influenzato dalle posizioni anti-ecologiche delle compagnie energetiche, le quali hanno ottenuto profitti record grazie alla guerra in Ucraina. BlackRock, in particolare, ha sostenuto solo il 16% delle risoluzioni legate al clima nelle aziende energetiche nel 2022, un drastico calo rispetto al 72% del 2021. Nel 2024, solo due risoluzioni degli azionisti legate alle politiche ambientali hanno ricevuto il sostegno della maggioranza dell’assemblea degli azionisti delle maggiori società USA quotate in borsa. Così, ora che le proteste ambientaliste sono un po’ scemate, l’attenzione mediatica e politica sulle tematiche ecologiche lo è altrettanto, e i big della finanza stanno tornando serenamente a sostenere i soliti settori che gli garantiscono guadagni certi.
Negli Stati Uniti, inoltre, banche e gestori patrimoniali subiscono da sempre la pressione di una dozzina di stati conservatori, i quali ritengono che iniziative come la NZAM violino le leggi antitrust, ostacolino lo sviluppo dei combustibili fossili e comportino un aumento dei prezzi. Ma, al di là delle attività di lobby, le entità economiche private difficilmente pensano ad altro che non sia il profitto. In balia delle logiche di mercato, la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici vivono solo finché portano a un aumento, o quantomeno non a un calo, dei ricavi. Come anticipato, un’altra pressione con un peso significativo è stata quella pubblica, ma non appena questa ha iniziato ad affievolirsi quasi tutti i grandi gruppi finanziari e industriali hanno gettato la maschera green. La tendenza vale anche e soprattutto per le grandi compagnie fossili che, da un anno a questa parte, hanno iniziato a ridimensionare o abbandonare gli obiettivi di riduzione delle emissioni promessi in precedenza. Shell, TotalEnergies e BP sono solo i principali colossi fossili che hanno deciso di fregarsene anche delle apparenze.
[di Simone Valeri]
Beh, i CEO ed i consigli di amministrazione di tutti i gestori finanziari al mondo facevano, fanno e faranno in primis i propri interessi e poi quelli dei propri azionisti. A seconda di come tira il vento che adesso spira in un’ altra direzione. Nulla di nuovo sul fronte occidentale.