mercoledì 15 Gennaio 2025

La storia dell’attacco alla sinagoga di Bologna è una bufala totale

«Assalto alla sinagoga di Bologna», «Vandalizzata la sinagoga», «Presa di mira la sinagoga»: sono queste le parole che nei giorni scorsi hanno campeggiato sulle prime pagine dei giornali italiani, facendo risuonare l’allarme di un presunto attacco antisemita in una delle città più importanti della Penisola. Il riferimento è alle dure proteste avvenute la sera dell’11 gennaio nel capoluogo emiliano in solidarietà a Ramy Elgaml, 19enne di origine egiziana morto a Milano lo scorso novembre in circostanze controverse durante un inseguimento dei carabinieri. Eppure, nessun manifestante ha mai attaccato la sinagoga, dal momento che il corteo, nella via in cui si trova l’edificio, non ha mai messo piede. Tutto è partito quando, a poche ore dalla manifestazione, il sindaco di Bologna Matteo Lepore ha condannato l’azione dei dimostranti, esprimendo «particolare preoccupazione» per «gli atti vandalici e le minacce» che si sarebbero verificati «contro la Sinagoga di Bologna». Non è ancora chiaro chi abbia diffuso questa voce: sta di fatto che, subito dopo le dichiarazioni di Lepore, i giornali mainstream – incluse molte agenzie di stampa – l’hanno sparata ai quattro venti a suon di articoli e titoloni, senza mettere mano ad alcuna verifica e senza l’utilizzo del condizionale. Trasformando in una notizia una vera e propria fake news.

Partiamo dall’inizio. La manifestazione andata in scena a Bologna l’11 gennaio, nata per chiedere giustizia per Ramy Elgaml, è degenerata in atti di “guerriglia urbana” che hanno visto contrapporsi alcuni gruppi di manifestanti e le forze dell’ordine, con cariche, lanci di oggetti e lacrimogeni, sedie ribaltate e cassonetti incendiati: il corteo ha attraversato diverse vie del centro, comprese quelle vicine agli uffici della comunità ebraica di via de’ Gombruti. Qui finisce la cronaca dei fatti e inizia l’opera di disinformazione. La sinagoga di Bologna, situata in via Mario Finzi, non è stata nemmeno sfiorata dai manifestanti, che in quella strada non hanno mai messo piede. A confermarlo sono stati i militari dell’esercito che sorvegliano l’edificio e le telecamere di sicurezza. Le scritte “Free Gaza” e “Ramy Justice”, che hanno alimentato le accuse di antisemitismo, sono state trovate su muri di via de’ Gombruti, una strada parallela, e non su proprietà della sinagoga o della comunità ebraica. La prova del nove è arrivata con la dichiarazione di Daniele De Paz, presidente della comunità ebraica di Bologna, che a Repubblica ha detto: «Le sinagoghe non sono state toccate, non c’è stato alcun danno. Su questo voglio essere chiaro. Questa narrazione è stata innescata dal sindaco Lepore».

Nonostante tali precisazioni, il danno è stato fatto. L’ambasciatore d’Israele in Italia, Jonathan Peled, ha definito gli scontri «un grave attacco antisemita». Media e politici hanno cavalcato la notizia di una presunta offensiva anti-ebraica, alimentando un’ondata di indignazione basata su informazioni errate. Prova ne sono le prime pagine dei giornali – sia le edizioni cartacee che quelle online – del 13 gennaio: «Pretesti, non proteste. Nel corteo per Ramy vandalizzata la sinagoga a Bologna», il titolo di un articolo sul Foglio; «Vandalizzata la sinagoga del capoluogo emiliano», si è letto su La Verità; «Bologna, bombe carta e devastazioni: attacco alla sinagoga», scriveva Tgcom24; «A Bologna attacco alla sinagoga. I timori di una strategia», il titolo di un pezzo posizionato in prima pagina su Il Messaggero; «L’assalto alla sinagoga di Bologna ha una logica: la lotta al sistema liberal capitalistico occidentale», titolava l’editoriale di Andrea Cangini sull’Huffington Post; «Bologna, atti vandalici anche alla Sinagoga durante il corteo per Ramy», scriveva RaiNews24; «Scontri a Bologna a corteo Ramy, vandalizzata la Sinagoga: ira del sindaco», il titolo dell’AdnKronos. E così via, fino ad arrivare al titolone di prima pagina di Libero: «Fogna Rossa – diciotto poliziotti feriti a Roma e Bologna dove i manifestanti di estrema sinistra hanno preso di mira anche la sinagoga».

La verità è che la protesta non era né di natura antisemita né diretta contro la sinagoga. Come spiegato dal questore Antonio Sbordone, il passaggio in via de’ Gombruti – dove si trovano gli uffici della comunità ebraica – è infatti avvenuto soltanto perché il corteo tentava di raggiungere la questura, dove erano stati portati due fermati. Gli slogan sui muri riflettevano il tema della manifestazione: giustizia per Ramy e solidarietà alla causa palestinese, nulla di più. Eppure, una corale narrazione distorta ha trasformato una protesta in un capro espiatorio per giochi politici e mediatici. Con buona pace della deontologia giornalistica.

[di Stefano Baudino]

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