lunedì 27 Gennaio 2025

La ricchezza dei miliardari globali è cresciuta di duemila miliardi in un anno

Nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta, in termini reali, di 2mila miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno, a un ritmo tre volte superiore rispetto all’anno precedente. È quanto emerge da un dettagliato rapporto pubblicato da Oxfam e intitolato Takers, not Makers (“Prenditori, non produttori”). Il documento evidenzia chiaramente come un ristretto gruppo di persone, definito “aristocrazia”, detenga una ricchezza sproporzionata rispetto al resto della popolazione mondiale. Questa ricchezza, in molti casi, è il risultato di eredità intergenerazionali, pratiche colonialiste o di un sistema basato su monopoli e distorsioni del mercato capitalista, piegato al loro volere grazie all’enorme potere economico e politico che esercitano. Nonostante i tassi di povertà complessivi siano diminuiti nel mondo, il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà rimane invariato rispetto al 1990, rappresentando ancora il 44% della popolazione globale. Nel frattempo, l’1% delle persone più ricche possiede circa il 45% dell’intera ricchezza mondiale.

Eredità, clientelismo, corruzione e drenaggio di denaro pubblico

L’idea che la ricchezza estrema sia una ricompensa per un talento eccezionale è ampiamente diffusa e fortemente alimentata dalla narrazione prevalente, che spazia dai mass media alla cultura popolare. Questa percezione, tuttavia, non trova riscontro nella realtà dei fatti. Il rapporto di Oxfam sostiene che la ricchezza estrema della classe dei miliardari di oggi non sia in gran parte guadagnata, ma piuttosto ereditata o accumulata attraverso pratiche che somigliano a una vera e propria rapina, un fenomeno che non accenna ad arrestarsi. L’oligarchia mondiale si è consolidata grazie a un intreccio di eredità, clientelismo e potere monopolistico, che generano ricchezze spropositate. Inoltre, data la sua immensa influenza economica e politica, si potrebbe aggiungere che l’accumulo di tale ricchezza avviene anche tramite pratiche come l’insider trading, ovvero lo sfruttamento di informazioni privilegiate per trarre vantaggio sul mercato finanziario.

Nel 2023, la maggior parte dei nuovi miliardari si è arricchita tramite eredità piuttosto che attraverso l’imprenditorialità. Tutti i miliardari al mondo di età inferiore ai 30 anni hanno ereditato la loro fortuna. Nei prossimi tre decenni, oltre 1.000 miliardari attualmente in vita trasferiranno più di 5,2 mila miliardi di dollari ai loro eredi. Secondo Oxfam, il 36% della ricchezza dei miliardari deriva dall’eredità, che spesso è esente da tasse. L’analisi mostra che due terzi dei Paesi nel mondo non applicano alcuna tassazione sull’eredità per i discendenti diretti. Inoltre, metà dei miliardari vive in nazioni dove non esiste imposta di successione sul denaro che verrà trasferito ai figli. L’America Latina è la regione con il più alto volume di ricchezza ereditata al mondo. Questo fenomeno sta rapidamente creando una nuova aristocrazia globale, in cui la ricchezza estrema si trasmette di generazione in generazione, consolidando ulteriormente le disuguaglianze.

Il clientelismo e la corruzione sono altri due aspetti fondamentali che caratterizzano la fortuna di questa nuova aristocrazia. Non importa tanto il livello di competenza o conoscenza individuale, quanto piuttosto chi si conosce, su chi si può fare pressione, chi si può finanziare o corrompere. Gran parte della ricchezza estrema è infatti il risultato di legami clientelari tra i più ricchi e i governi. Questo fenomeno si manifesta frequentemente nell’intreccio tra pubblico e privato, dove le partnership pubblico-privato diventano uno strumento per drenare risorse pubbliche a vantaggio di interessi privati. Queste collaborazioni, spesso presentate come strategie per stimolare l’economia o migliorare i servizi, finiscono invece per rafforzare le disuguaglianze economiche e consolidare il potere di pochi.

Monopoli e colonialismo

I monopoli rafforzano la loro presa sulle industrie, permettendo ai miliardari di accumulare ricchezze senza precedenti. Il potere dei monopoli sta alimentando sia la crescita della ricchezza estrema sia l’aumento delle disuguaglianze a livello globale. Le società monopolistiche hanno la capacità di controllare i mercati, stabilire le regole, fissare i prezzi e definire i termini di scambio con altre aziende e con i lavoratori. Queste strategie non fanno altro che incrementare la ricchezza dei loro proprietari, i cosiddetti “aristocratici”, tra i quali figurano alcuni degli uomini più ricchi del pianeta. Un esempio emblematico è Jeff Bezos, con un patrimonio netto di 219,4 miliardi di dollari, che ha costruito il suo impero attraverso Amazon, azienda che rappresenta il 70% degli acquisti online in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Un altro esempio è Aliko Dangote, con un patrimonio netto di 11 miliardi di dollari, l’uomo più ricco dell’Africa, che detiene un monopolio sul cemento in Nigeria e un notevole potere di mercato in tutto il continente africano. Secondo Oxfam, il 18% della ricchezza dei miliardari del mondo deriva direttamente dal potere di monopolio, che continua a consolidare le disparità economiche su scala globale.

Questa mentalità economica deve la sua esistenza al colonialismo, che continua a produrre effetti tangibili nel presente nonostante sia un fenomeno storico risalente a secoli fa e apparentemente concluso con la decolonizzazione dei Paesi colonizzati. Oggi, la maggior parte dei miliardari risiede nei Paesi ricchi del Nord del mondo, che ospitano appena un quinto della popolazione globale. Come evidenziato nel rapporto, è difficile spiegare questa concentrazione di ricchezza senza considerare l’impatto persistente del colonialismo.

Il colonialismo è un fenomeno sia storico che moderno. Il colonialismo storico si riferisce al periodo di occupazione e dominio formale da parte delle potenze occidentali, principalmente europee, terminato in gran parte con le lotte di liberazione nazionale nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale. Il colonialismo moderno, o neocolonialismo, descrive invece quei processi attuali che continuano a estrarre ricchezza dai Paesi del Sud del mondo verso quelli del Nord. Questo avviene attraverso meccanismi di controllo economico e coercizione che, pur non basandosi più sul dominio diretto, perpetuano gli impatti del colonialismo storico.

L’economia globale odierna è chiaramente strutturata in modo tale che la ricchezza fluisca dal Sud del mondo al Nord, e più precisamente dalle classi meno abbienti del Sud alle élite più ricche del Nord. Tuttavia, non tutte le persone nei Paesi ricchi beneficiano di questo sistema: la ricchezza è concentrata nelle mani di una piccola minoranza, e anche all’interno di queste nazioni la disuguaglianza continua a crescere in modo significativo, Italia inclusa.

Il mondo odierno, profondamente segnato dalla brutale storia coloniale, è ancora dilaniato da divisioni razziali e da un sistema economico che favorisce le élite a discapito della maggioranza. L’eredità di disuguaglianza forgiata attraverso il saccheggio e lo sfruttamento durante il colonialismo storico continua a plasmare le vite moderne, creando un sistema globale in cui la ricchezza viene sistematicamente estratta dal Sud del mondo per avvantaggiare una piccola élite nel Nord del mondo.

Multinazionali e colonialismo moderno

L’impresa multinazionale è una diretta eredità del colonialismo, discendente di istituzioni come la Compagnia delle Indie Orientali, che agiva come un’entità autonoma ed era responsabile di numerosi crimini coloniali. Oggi, le multinazionali, spesso in posizioni di monopolio o semi-monopolio, continuano a sfruttare i lavoratori del Sud del mondo per conto di ricchi azionisti prevalentemente basati nel Nord del mondo.

Le catene di fornitura globali e le industrie di trasformazione per l’esportazione rappresentano moderni sistemi coloniali di estrazione della ricchezza dal Sud al Nord. I lavoratori coinvolti in queste catene di fornitura affrontano spesso condizioni di lavoro precarie, privazione dei diritti di contrattazione collettiva e scarsa protezione sociale. In alcuni casi, si trovano in situazioni assimilabili alla schiavitù, simili a quelle del colonialismo storico. Come evidenziato da Oxfam, i salari nel Sud del mondo sono tra l’87% e il 95% inferiori rispetto a quelli del Nord del mondo per lavori con pari competenze.

Le grandi multinazionali dominano le catene di fornitura globali, beneficiando della manodopera a basso costo e della continua estrazione di risorse. Queste aziende catturano la stragrande maggioranza dei profitti, perpetuando dipendenza, sfruttamento e controllo attraverso strumenti economici.

Nel 2022, uno studio condotto dall’Universitat Autonoma de Barcelona e pubblicato su Nature Communication ha cercato di quantificare il vantaggio derivante da questo scambio ineguale tra il Sud e il Nord del mondo tra il 1995 e il 2015. I risultati hanno rivelato che ben 242 mila miliardi di dollari sono stati trasferiti dal Sud al Nord del mondo in questo periodo. Questo costante depauperamento, radicato nei secoli di storia umana, costituisce la base su cui si fonda l’aristocrazia globale degli ultra-ricchi miliardari di oggi.

Educazione alla disuguaglianza

Come spiegato da Oxfam, nel 1820, il reddito del 10% più ricco del mondo era 18 volte superiore a quello del 50% più povero. Nel 2020, questa disparità è salita a 38 volte. L’attuale sistema educativo contribuisce a perpetuare l’eredità coloniale della disuguaglianza attraverso il predominio della conoscenza e delle lingue occidentali, oltre che le profonde disparità nei finanziamenti e nella ricerca a livello globale. L’influenza sproporzionata di poche istituzioni educative situate nel Nord del mondo ha plasmato le politiche economiche e sociali del Sud del mondo. Nel 2017, ad esempio, il 39% dei capi di stato a livello globale aveva studiato in università nel Regno Unito, negli Stati Uniti o in Francia.

Molto spesso, durante il periodo della decolonizzazione, l’indipendenza politica non è stata accompagnata dall’instaurazione dell’uguaglianza o della giustizia sociale. In molti Paesi, i governanti coloniali sono stati semplicemente sostituiti da élite nazionali, che hanno mantenuto sistemi economici e politici profondamente ineguali in cambio di un arricchimento personale smisurato rispetto al tenore di vita della popolazione. Inoltre, l’eredità coloniale, fatta di confini arbitrari e Stati fragili, ha contribuito a generare conflitti, guerre e instabilità persistenti.

Razzismo, odio e gerarchie sociali radicate continuano a influenzare le società moderne, manifestandosi anche nelle disparità salariali all’interno dei singoli Paesi, come negli Stati Uniti, in Australia e in Sudafrica. Durante il colonialismo storico, divisioni basate su casta, religione, genere, sessualità, lingua e geografia sono state sfruttate e aggravate con l’obiettivo di massimizzare i profitti e ostacolare ogni forma di opposizione unitaria.

Motori economici di estrazione come istituzioni globali, mercati finanziari e multinazionali, tutti plasmati dal colonialismo e dal predominio dei Paesi ricchi, continuano oggi a perpetuare schemi che favoriscono il trasferimento di ricchezza dal Sud al Nord del mondo. Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite rappresentano ancora oggi simboli tangibili della disuguaglianza mondiale. I Paesi del G7 detengono infatti il 41% dei voti nel FMI e nella Banca Mondiale, nonostante rappresentino meno del 10% della popolazione globale. Inoltre, i leader della Banca Mondiale e del FMI sono nominati rispettivamente dagli Stati Uniti e dall’Europa.

Queste organizzazioni esercitano una significativa influenza nel modellare il sistema economico globale, insistendo sull’attuazione di politiche che spesso penalizzano i Paesi a basso e medio reddito. Il FMI, ad esempio, richiede ai Paesi debitori di dare priorità al rimborso dei debiti rispetto ad altre esigenze e promuove misure come la privatizzazione, la liberalizzazione del commercio e la riduzione della spesa pubblica come condizioni per l’accesso a nuovi prestiti.

Secondo il rapporto di Oxfam, tra il 1970 e il 2023, i governi del Sud del mondo hanno pagato 3,3 mila miliardi di dollari in interessi ai creditori del Nord del mondo. Inoltre, Oxfam stima che per ogni dollaro ricevuto dai Paesi poveri tramite il FMI, questi abbiano dovuto tagliare quattro dollari dai loro già magri bilanci pubblici.

 

Banche, tasse e sistema finanziario globale

Le valute forti delle nazioni ricche conferiscono a questi Paesi e ai proprietari di asset finanziari al loro interno un enorme vantaggio economico. Nel primo trimestre del 2024, ad esempio, circa il 58,9% delle riserve valutarie globali detenute dalle banche centrali era in dollari statunitensi. Questo consente a queste nazioni di accedere a capitali a un costo estremamente basso, che vengono poi investiti in attività più redditizie nei Paesi del Sud del mondo. Questo squilibrio genera un flusso di quasi mille miliardi di dollari all’anno dal Sud al Nord del mondo, di cui circa 30 milioni di dollari all’ora finiscono nelle mani dell’1% più ricco delle nazioni ricche.

Oggi, Paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito continuano a ospitare i mercati e le istituzioni finanziarie più potenti del mondo, oltre alle principali agenzie di rating. Queste agenzie plasmano la percezione globale della stabilità finanziaria e del rischio, influenzando direttamente il costo dei prestiti per i Paesi, soprattutto quelli del Sud del mondo, che vengono invariabilmente collocati in fondo alla scala delle valutazioni.

L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), un club esclusivo di nazioni ricche, continua a dominare la politica fiscale globale. Oltre il 70% di tutti gli abusi fiscali aziendali avviene attraverso i Paesi dell’OCSE, privando le nazioni del Sud del mondo di ingenti entrate fiscali. Inoltre, la maggior parte dei paradisi fiscali si trova all’interno dei Paesi ricchi o in piccolissimi Stati che dipendono esplicitamente da essi, perpetuando un sistema che favorisce la concentrazione della ricchezza e l’elusione fiscale.

[di Michele Manfrin]

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