Ieri, in occasione della Giornata della Memoria, media e associazioni pro Israele sono scesi in campo per silenziare la funzione storica e sociale del 27 gennaio. “Mai più” non è soltanto uno slogan, non è un esercizio di retorica, piuttosto è un monito impellente affinché tragedie come l’Olocausto non si ripetano; tuttavia, nell’inerzia della comunità internazionale, un altro genocidio, questa volta in Palestina, è già diventato fatto storico. Parlarne, soprattutto in occasione del 27 gennaio, ha acceso l’animo degli amici di Israele, che in un attacco su più fronti hanno provato a sminuire quanto sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania e preso di mira Vaticano, ANPI e varie organizzazioni internazionali tra cui Amnesty e Medici senza Frontiere. Tra i più attivi in questa trasformazione della Giornata della Memoria in una occasione per difendere il genocidio di Gaza o per appiccicare in modo diffamatorio l’etichetta dell’antisemitismo verso chiunque denunci i crimini del governo Netanyahu troviamo al solito alcuni tra i principali quotidiani italiani e diversi “stimati” editorialisti.
Sul Foglio titolano che «la memoria, oggi, è il dovere di affermare un altro mai più». Mai più 7 ottobre, viene specificato poco dopo. Silenzio sul massacro odierno a Gaza, dove Israele in un anno e mezzo ha ucciso più di 47 mila persone (stime al ribasso) — a cui si aggiungono almeno 110 mila feriti — e reso la popolazione infantile locale quella più amputata al mondo. Libero preferisce concentrarsi sulla comparsa di «un nuovo antisemitismo, fomentato dalla propaganda islamica e dai deliri di inattesi “complici” come l’ANPI». L’associazione dei partigiani è finita sotto la lente della critica di varie comunità ebraiche per aver osato parlare di genocidio in riferimento alle violazioni del diritto internazionale commesse da Israele in Palestina. Del boicottaggio verso l’ANPI ne parla anche Il Tempo che, titolando «SCHLEINdler’s List» (un’unione tra il cognome della leader dem e il noto film di Spielberg, NdR), allarga alla «rottura fra ebrei e sinistra nel Giorno della Memoria».
A Roma, nella notte tra il 26 e il 27 gennaio, è stata proiettata sulla piramide Cestia e sulla facciata del palazzo della FAO la scritta: “Se Israele avesse bombardato i treni per Auschwitz, vi sareste schierati con Hitler. Buon Giorno della Memoria”. Il messaggio — come dimostra la proiezione dei loghi storpiati — era rivolto proprio all’ANPI, oltre che a Medici senza Frontiere, Croce Rossa, Emergency e Amnesty. Quest’ultima, a dicembre, aveva pubblicato un rapporto dal titolo eloquente: «Israele sta commettendo genocidio contro la popolazione palestinese a Gaza». Nell’ultimo anno e mezzo Medici senza Frontiere ed Emergency hanno curato centinaia di bambini palestinesi in uno scenario apocalittico, sfidando l’assedio totale israeliano. A fornire assistenza sanitaria alla popolazione gazawi è stata anche la Croce Rossa, pagando con la vita di 30 operatori, uccisi dall’esercito occupante. Un’attività costante di sostegno e informazione, contro un alleato dell’Italia macchiatosi di crimini di guerra e crimini contro l’umanità: queste le “colpe” delle associazioni finite nel mirino dell’iniziativa capitolina. Progetto Dreyfus, un’organizzazione pro Israele, ha sostenuto l’azione senza rivendicarla, descrivendola come «un forte messaggio di denuncia nei confronti dell’ipocrisia delle ONG e dell’ANPI. Le loro campagne social da mesi bombardano gli utenti raccogliendo fondi e sfruttando la pietà con accuse di genocidio e crisi umanitaria, indirizzando odio a senso unico verso Israele».
A dar fastidio, evidentemente, è l’esercizio della memoria, quale strumento di pensiero critico. La risposta a tale affronto appare univoca: tacciare di antisemitismo qualsiasi posizione contraria ai crimini commessi da Israele in Palestina. Una sorta di caccia alle streghe moderna, che non di rado finisce in scivoloni riportati fideisticamente dalla stampa compiacente, come il presunto attacco alla Sinagoga di Bologna rivelatosi poi una bufala totale.
Conoscere la storia per comprendere il presente e prendere posizione. Primo Levi ammoniva sul rischio che le coscienze potessero nuovamente essere sedotte e oscurate. Un rischio oggi quanto mai concreto, complice una congiuntura politica e mediatica che con troppa facilità abbandona la giustizia e la verità per sposare interessi superiori.
[di Salvatore Toscano]
Bravo.