Entro il 2030, il governo dei Paesi Bassi dovrà adottare misure efficaci per ridurre l’impatto degli allevamenti intensivi sulle aree naturali sensibili alle emissioni di azoto. Greenpeace Olanda ha infatti vinto la causa intentata contro il governo, accusato di non aver preso misure adeguate per ridurre i livelli di azoto nell’ambiente, dovuti in gran parte agli allevamenti intensivi. La sentenza ha confermato che gli habitat naturali olandesi sono stati effettivamente deteriorati da questo tipo di inquinamento e che la normativa di riferimento non è stata rispettata dalle istituzioni. Entro cinque anni, il governo dovrà garantire che almeno metà delle aree naturali sensibili all’azoto siano al di sotto dei livelli stabiliti.
La sentenza contro il governo olandese è arrivata il 22 gennaio e la sua notizia è stata diffusa da Greenpeace. I giudici hanno stabilito che lo Stato deve dare immediata esecuzione alla sentenza anche in vista di un eventuale ricorso, concedendogli tempo fino al 2030 per ridurre i livelli di azoto al di sotto della soglia nociva in almeno la metà degli habitat più vulnerabili del Paese, quali le aree protette, pena il pagamento di 10 milioni di risarcimento a Greenpeace. Il tribunale ha inoltre contestato al neo-insediatosi governo Schoof la cancellazione del piano di riduzione delle emissioni di azoto messo in piedi dal precedente governo; il precedente esecutivo olandese aveva stanziato più di 24 miliardi, mentre Schoof lo ha tagliato a 5 miliardi. «Con questa sentenza il governo olandese dovrà dare una rapida risposta non solo per tutelare l’ambiente e i suoi cittadini, ma anche tutte quelle aziende agricole che devono essere sostenute verso la transizione ecologica», scrive l’associazione ambientalista.
La decisione dei giudici risulta particolarmente importante perché potrebbe fungere da apripista per altri analoghi procedimenti. Simona Savini di Greenpeace Italia l’ha definita una «vittoria agrodolce», che potrebbe suonare da monito per la stessa Italia, considerato che il Paese «è sottoposto a una procedura di infrazione per il mancato rispetto della Direttiva Nitrati, dovuta agli eccessivi carichi di azoto che contaminano alcuni territori italiani, provenienti principalmente dagli allevamenti intensivi». Nel suo comunicato stampa, l’associazione ambientalista, citando le stesse parole dell’ultima lettera inviata dalla Commissione Europea all’Italia, sottolinea proprio che l’Italia «rischia di dover rispondere di fronte alla Corte di Giustizia Europea e di dover “pagare ingenti sanzioni per non aver protetto adeguatamente le acque e la popolazione dall’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole”».
Le emissioni di inquinanti azotati hanno gravi conseguenze sull’ambiente. In primo luogo, queste emissioni sono una delle cause del cambiamento atmosferico. Come spiegano gli indicatori ambientali dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’azoto contribuisce alla produzione di gas serra come i vari ossidi di azoto, gas con un potenziale di riscaldamento globale molto più elevato della CO2. Circa due terzi degli apporti di azoto provengono attualmente dalle emissioni degli allevamenti intensivi, che secondo i dati dell’European Environmental Bureau (EEB) sono responsabili del 12-17% delle emissioni totali di gas a effetto serra. Gli allevamenti intensivi aumentano inoltre la produzione di ammoniaca, che, oltre a diffondersi nell’atmosfera, si accumula nel suolo, riducendone la fertilità e rendendo il terreno meno produttivo. In generale, spiega l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), i composti azotati presenti nell’aria si depositano sull’ambiente e sulle acque, aumentandone il carico di nutrienti. L’eutrofizzazione (questa condizione di eccesso di sostanze nutritive) causa cambiamenti nella struttura e nella funzione degli ecosistemi, finendo per danneggiare la fauna e avere un impatto diretto sulla biodiversità. L’inquinamento da azoto, infatti, è il terzo fattore più grave della perdita di biodiversità causata dall’uomo, dopo la distruzione degli habitat e l’emissione di gas serra. L’AEA riporta che, nel 2022, il 73 % degli ecosistemi dell’UE si trovava al di sopra dei carichi critici previsti per l’eutrofizzazione.
L’inquinamento atmosferico, la corruzione del suolo, la contaminazione delle acque e la variazione degli ecosistemi causata dall’eutrofizzazione, prese insieme, hanno ricadute dirette sulla salute umana. Secondo l’AEA, tra le malattie legate all’inquinamento atmosferico da azoto, il carico più elevato è dovuto al diabete mellito, seguito da ictus e asma; gli ultimi dati riportano che, nel 2021, nell’UE almeno 52.000 persone sono morte a causa dell’inquinamento da azoto. L’ammoniaca, inoltre, è tossica per la salute umana, mentre l’eutrofizzazione causa il rilascio di sostanze nocive che possono portare allo sviluppo di malattie e al proliferare di cellule tumorali.
[di Dario Lucisano]