giovedì 6 Marzo 2025

Nel Regno Unito si arrestato giornalisti e attivisti che difendono la resistenza palestinese

Oggi, in quella rinomata cittadella della libertà di espressione e della libertà di stampa che è stato il Regno Unito, se professi il tuo sostegno per la resistenza palestinese puoi essere arrestato, perquisito e incarcerato, il tuo cellulare e pc possono essere confiscati e la tua casa devastata dalla polizia in tenuta d’assalto; puoi anche perdere il tuo posto di lavoro ed essere espulso dal Paese. 

Non era così in passato. Persino Karl Marx, per quanto tenuto sott’occhio dalla polizia, godeva pienamente della libertà di espressione e di stampa mentre risiedeva a Londra, dal 1849 fino alla morte, nel 1883. Lì poteva non solo far stampare il Manifesto del Partito Comunista, ma anche distribuire tranquillamente il suo saggio Sulla questione ebraica, testo che, pur rispettando l’ebraismo etnico, fustiga ferocemente quello economico – o “sionista”, diremmo oggi. Bei tempi passati. Oggi in UK c’è la repressione

La lunga mano della lobby sionista e l’intimidazione dei giornalisti pro-palestinesi 

In foto: il giornalista britannico Craig Murray

Il 16 ottobre 2023, il giornalista britannico Craig Murray, attivista per i diritti umani ed ex diplomatico di Sua Maestà (è stato ambasciatore del Regno Unito in Uzbekistan dal 2002 al 2004) è stato fermato dalla polizia antiterrorismo all’aeroporto di Glasgow di ritorno da un incontro con lo staff di WikiLeaks in Islanda. Ha subìto non solo il sequestro del suo pc e del suo cellulare, ma anche un interrogatorio durato un’ora che non riguardava solo l’organizzazione fondata da Julian Assange. Infatti, gli agenti – probabilmente dietro segnalazione della lobby sionista in UK, la quale tiene attivisti come Murray sotto stretto controllo – sapeva che il giornalista aveva assistito a una manifestazione pro-Palestina mentre era in Islanda e il brigadiere all’aeroporto voleva ragguagli su cosa si era detto a quell’evento. «Non ho idea, non parlo islandese, ci sono andato solo per solidarietà» ha risposto Murray. Gli agenti lo hanno lasciato andare, ma gli hanno sequestrato i dispositivi elettronici.

Il 15 agosto 2024, la polizia ha arrestato il giornalista pro-palestinese Richard Medhurst al suo arrivo all’aeroporto londinese di Heathrow. Motivo: i suoi post favorevoli alla resistenza palestinese, che qualcuno avrebbe segnalato alla polizia come apologia del terrorismo. Sbattuto in una cella per 15 ore, Medhurst ha dovuto dormire – mezzo svestito – su un freddo blocco di cemento. Alla fine, il giornalista è stato rilasciato con l’obbligo di presentarsi a un commissariato di polizia tre mesi dopo e con la raccomandazione di stare attento al contenuto dei suoi post in futuro. 

Due settimane dopo, all’alba del 29 agosto 2024, la polizia in tenuta antisommossa ha fatto irruzione nella casa della giornalista Sarah Wilkinson, mettendo a soqquadro tutte le stanze e confiscando il suo passaporto e i suoi dispositivi elettronici. Con irriverente crudeltà, stando alle dichiarazioni della stessa giornalista, gli agenti avrebbero sparso per terra e calpestato le ceneri della sua defunta madre, che Sarah teneva in un’urna sigillata su una mensola. Messa agli arresti domiciliari per sospettato sostegno al terrorismo, la 61enne non poteva nemmeno andare in farmacia per comprare i medicinali di cui aveva bisogno e, senza cellulare e col divieto di uscire da casa, non poteva chiedere ai vicini di farlo per lei. Ora rischia 14 anni di galera. Per che cosa? Per i suoi articoli a favore della lotta palestinese, ha dichiarato. «Vogliono inculcare la paura, farmi cessare di denunciare il genocidio a Gaza; ma non ci riusciranno».

All’alba del 17 ottobre 2024, la polizia ha messo a soqquadro la casa del noto giornalista Asa Winstanley, vice capo redattore del portale filo-palestinese Intifada Elettronica, confiscando il suo cellulare e il suo pc e intimidendolo durante la perquisizione. Anche in questo caso, il motivo sono stati i suoi scritti pro-resistenza palestinese, che qualcuno ha denunciato alla polizia come apologia del terrorismo. È facile immaginare quale potente lobby può aver incoraggiato quel qualcuno a passare al setaccio ogni parola degli articoli di Winstanley apparsi sul suo giornale, per poter poi sporgere una denuncia circostanziata e farlo arrestare. 

La legge contro il terrorismo, manipolata ad arte

Questi soprusi della polizia britannica sono stati resi possibili per via di una draconiana legge contro il terrorismo risalente all’anno 2000, il Terrorism Act. In particolare, la Sezione 12 criminalizza qualsiasi sostegno dato a un’organizzazione proscritta, nonché qualsiasi espressione di simpatia nei confronti di quella organizzazione. 

Il Terrorism Act fa un elenco delle organizzazioni proscritte che non si possono aiutare e di cui non è possibile parlare favorevolmente, pena commettere un reato. La maggior parte sono gruppi realmente terroristi, come al-Qaida e ISIS (nei Paesi musulmani), Boko Haram (in Nigeria) o al-Shabaab (in Somalia). Ma nel 2019 e poi nel 2021, dietro pressioni della potente lobby sionista in UK, sono stati aggiunti alla lista di organizzazioni proscritte due gruppi armati che si oppongono alle occupazioni israeliane. Da una parte, Hezbollah, la resistenza armata creata nel 1982 per respingere l’esercito israeliano che aveva invaso e stava occupando il Libano. Dall’altra, Hamas, la resistenza armata creata nel 1987 per cacciare l’esercito israeliano che stava occupando Gaza. 

È bene notare che né l’uno né l’altro di questi due gruppi cercavano di occupare terre israeliane; costituivano forze di resistenza contro chi occupava le loro terre. In questo senso, esse si possono paragonare ai partigiani italiani durante il dominio nazista dell’Italia oppure ai partigiani cinesi, guidati da Mao Tse-Tung, che cacciarono gli occupanti giapponesi e fondarono la Repubblica Popolare Cinese. 

Alla luce di tutto ciò, è manifestamente pretestuoso designare Hezbollah e Hamas come organizzazioni «terroriste» – anche perché la XX Assemblea Generale dell’ONU (1965) ha legittimato «la lotta [armata] da parte dei popoli…per l’autodeterminazione e l’indipendenza». Nonostante la pretestuosità, però, la lobby sionista in UK (e anche altrove nel mondo) è riuscita a far chiamare «terroristi» – da apposite leggi e perciò da molti esponenti politici e da gran parte dei mass media – sia Hezbollah, forza di resistenza armata libanese, sia Hamas, forza di resistenza armata palestinese. Ma succede spesso così. Durante la Resistenza in Italia, i nazisti fecero chiamare «banditi» i partigiani italiani come, durante la Resistenza in Cina, i giapponesi fecero chiamare «diavoli» i partigiani cinesi, per alienare loro le simpatie della gente. 

Per via della Sezione 12 del Terrorism Act, nel Regno Unito è diventato proibito parlare favorevolmente di Hezbollah o di Hamas o anche semplicemente della «resistenza palestinese»: sono tutti atti che costituiscono apologia del terrorismo. Da qui, gli arresti e le perquisizioni dei malcapitati giornalisti britannici che hanno osato sostenere il diritto dei palestinesi a difendersi. 

Ma una legge sul terrorismo così generica ha maglie troppo larghe e la polizia non riesce a controllare tutte le possibili violazioni negli scritti di tutti i giornalisti del Paese. La repressione del giornalismo pro-palestinese in UK è dunque senz’altro il frutto anche di una rete – questa a maglie strettissime – di sionisti di base che forniscono le segnalazioni usate poi dai loro vertici per far reprimere dalla polizia chiunque fustighi il sionismo oggi. 

Gli attivisti britannici potrebbero avviare un’azione legale chiedendo all’Alta Corte di riconoscere che Hezbollah e Hamas sono sì gruppi di resistenza armata, ma non organizzazioni terroristiche; di conseguenza, sostenerli non costituirebbe un reato.

[di Patrick Boylan – autore del libro Free Assange e co-fondatore del gruppo Free Assange Italia]

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