venerdì 7 Febbraio 2025

La Corte Europea dei Diritti Umani contro l’Italia per gli eccessi nei controlli fiscali

La Corte Europea per i Diritti Umani ha condannato l’Italia per violazione del diritto al «rispetto del domicilio e alla corrispondenza». La decisione è arrivata nell’ambito di un caso riguardante le ispezioni di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate avvenute tra il 2018 e il 2022 nei locali di oltre una dozzina di aziende di Foggia e dei Comuni vicini. La Corte ha criticato il «potere discrezionale illimitato» delle istituzioni nell’effettuare le verifiche e ha respinto la difesa del governo, che sostiene che tali modalità siano invece necessarie per combattere l’evasione fiscale. La CEDU ha quindi sancito la necessità di introdurre norme più specifiche in tal senso, oltre che di garantire ai professionisti l’accesso a un ricorso «efficace».

Nello specifico, la pronuncia della CEDU riguarda il caso “Italgomme Pneumatici S.r.l. v. Italy” e altre 12 richieste analoghe, presentate da diverse aziende. Le società coinvolte hanno denunciato la mancanza di tutele contro l’invadenza delle ispezioni fiscali, che si sono tradotte in sequestri di documenti, copie di registri contabili e accesso illimitato a informazioni aziendali sensibili. La Corte ha respinto la difesa del governo italiano, che aveva sostenuto che le ispezioni fossero giustificate dalla necessità di contrastare l’evasione fiscale e che i contribuenti avrebbero potuto presentare ricorso. Per i giudici europei, le leggi attuali non garantiscono infatti sufficienti salvaguardie, poiché la legalità, necessità e proporzionalità delle ispezioni non sono soggette a un adeguato scrutinio. In particolare, la CEDU ha evidenziato come non sia richiesta alcuna giustificazione specifica per autorizzare le ispezioni nei locali aziendali e, in alcuni casi, la Guardia di Finanza non necessiti neppure di un’autorizzazione scritta per procedere. Di conseguenza, la CEDU ha dichiarato che le ispezioni fiscali condotte in assenza di un controllo adeguato costituiscono una violazione dell’Articolo 8 della Convenzione.

La sentenza non si limita però a una semplice constatazione di violazione. La Corte ha infatti richiesto all’Italia di adottare misure generali di riforma per conformare la legislazione e la prassi nazionale ai principi sanciti dalla Convenzione Europea. In particolare, il nostro Paese sarà chiamato a chiarire le condizioni e i limiti delle ispezioni fiscali, specificando con precisione le circostanze in cui le autorità possono effettuare controlli nei locali aziendali e professionali con l’obiettivo di impedire accessi indiscriminati e limitare l’acquisizione di documenti non strettamente necessari. Inoltre, l’Italia dovrà garantire un effettivo controllo giudiziario: le aziende e i professionisti devono poter contestare le ispezioni in tempo reale, così che un giudice abbia margine per valutare la legittimità e la proporzionalità dei controlli prima che si concludano, senza che il ricorso sia subordinato all’eventuale esito dell’accertamento fiscale.

Questo verdetto inaugura un’importante sfida per il sistema di controlli fiscali in Italia. Se il governo non adotterà le riforme richieste, potrebbe essere soggetto a ulteriori ricorsi e sanzioni da parte della CEDU. Inoltre, la decisione potrebbe rappresentare un precedente per altre aziende che hanno subito controlli invasivi, con un aumento del contenzioso nei confronti dello Stato. La palla passa ora al legislatore, che dovrà intervenire per garantire che le verifiche fiscali siano condotte nel rispetto delle garanzie previste dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

[di Stefano Baudino]

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1 commento

  1. In Italia la raccolta delle tasse fatta dalle forze armate della finanza per mandarle in Ukraina ad ammazzate i Russi è il peggior crimine contro l’umanità mai commesso dalla fondazione di Roma, se continua così dovremo cambiare la Capitale.

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