Sono stati venduti ai francesi circa 700 quintali di olio che doveva essere extravergine d’oliva ma in realtà era olio semplice: è questa l’accusa che ha affrontato l’azienda Carapelli, la quale dovrà pagare una penale di oltre 230.000 euro. A stabilirlo è il giudice Susanna Zanda del Tribunale di Firenze, che ha depositato la sentenza di primo grado rigettando i ricorsi della società e condannandola al pagamento di ulteriori 14.000 euro di spese legali. Secondo la sentenza, che conclude un’indagine partita a novembre del 2017, i prodotti venduti non rispettavano i parametri previsti dalla normativa europea, confermando i «difetti di rancido» rilevati dalle autorità francesi. L’azienda ha precisato che starebbe provvedendo per replicare con “solide argomentazioni” al fine di ottenere la sospensione del provvedimento, anche se l’indagine, di fatto, sembra aggiungere un ulteriore tassello ad una scia di controversie che coinvolgono l’azienda dal 2010.
L’olio di oliva si divide in diverse categorie, stabilite in base a parametri chimici e sensoriali. L’olio extravergine di oliva è il più pregiato, ottenuto unicamente tramite processi meccanici e con un’acidità libera non superiore allo 0,8%. L’olio vergine di oliva è meno pregiato e può avere un’acidità fino al 2%. Infine, l’olio di oliva semplice è una miscela di oli raffinati e vergini, meno costoso e con caratteristiche organolettiche inferiori. Nel caso di Carapelli Firenze Spa (del gruppo Deoleo Global), secondo quanto riportato, le indagini sarebbero scattate a novembre del 2017, quando le autorità francesi hanno segnalato al ministero italiano il sospetto che un lotto di olio venduto come extravergine non rispettasse gli standard previsti dall’Unione Europea. Gli ispettori italiani hanno poi prelevato campioni di olio dalle bottiglie spedite in Francia e, sottoponendole ad analisi nel laboratorio di Perugia, hanno riscontrato che il prodotto non rientrava nei parametri richiesti per essere commercializzato come extravergine.
Tali studi sono state poi analizzati nel corso del provvedimento che ha portato alla sentenza emessa recentemente dal giudice Susanna Zanda, la quale ha confermato che l’olio Carapelli non rispettava i parametri UE e non poteva essere venduto come extravergine. La presenza del «difetto di rancido», rilevato sia dagli esperti francesi che dalle analisi italiane, ha portato alla condanna dell’azienda, che ora dovrà pagare una sanzione di 230 mila euro e coprire le spese legali. D’altra parte, la difesa di Carapelli ha sostenuto che il problema riscontrato fosse legato alla filiera di conservazione e non alla qualità intrinseca dell’olio, dichiarando che l’azienda starebbe lavorando per ottenere la sospensione del provvedimento: «La motivazione di giudizio riguarda un problema sensoriale di gusto, imputabile alla filiera di conservazione, che non rappresenta assolutamente un rischio per la salute dei consumatori», ha precisato in una nota.
Tuttavia, a prescindere dal risultato a cui porteranno tali indagini, una cosa rimane certa: la vicenda è l’ennesima di una lunga scia che, nel caso di Carapelli, è partita dal lontano 2010. In uno studio condotto quell’anno da ricercatori dell’università della California “Davis olive center”, è stato riscontrato che l’olio extravergine di oliva Carapelli era stato identificato come “erroneamente etichettato olio extra vergine di oliva”. Nel 2015, poi, la procura di Torino e poi quella di Firenze avevano aperto un’inchiesta per frode alimentare, basandosi su analisi dei carabinieri del Nas che avevano riscontrato irregolarità simili a quelle emerse nella recente sentenza. L’anno successivo, l’Antitrust aveva inflitto una multa da 300.000 euro per pubblicità ingannevole, provvedimento prima impugnato dall’azienda al Tar e poi dichiarato estinto nel 2022 in quanto, secondo quanto riportato, la società non aveva inteso proseguire nel giudizio. Anche un’inchiesta svolta a maggio 2021 dalla rivista Il Salvagente aveva rilevato alcuni difetti: tra i prodotti che non si sono dimostrati composti da olio extravergine nonostante fossero indicati come tali nell’etichetta ha figurato anche il Carapelli Frantolio.
[di Roberto Demaio]