Dopo una lunga lotta durata oltre dieci anni, le comunità nigeriane del Delta del Niger hanno finalmente ottenuto l’opportunità di portare Shell davanti alla giustizia. Il processo preliminare per le devastazioni ambientali causate dalle attività petrolifere della compagnia nel Delta del Niger, una delle regioni più colpite dal disastro ecologico, si terrà presso l’Alta Corte del Regno Unito dal 13 febbraio al 10 marzo 2025.
La lotta ha unito gli agricoltori della zona di Ogale (che conta 40mila abitanti), situata sul delta del Niger e della zona di Bille, abitata perlopiù da pescatori (per un totale di circa 13mila individui), accomunati da un’unica grande richiesta: che Shell ripulisca i territori dall’inquinamento e risarcisca i cittadini per avergli distrutto ogni mezzo di sussistenza. A causa delle continue fuoriuscite di petrolio, infatti, le comunità non possono più né coltivare né pescare. Il torrente che attraversa Ogale, la principale fonte di acqua per la comunità, utilizzata per l’agricoltura e l’acqua potabile, è stato contaminato dal petrolio – gli abitanti dicono che l’acqua che fuoriesce dai rubinetti è visibilmente marrone. L’inquinamento ha ucciso i pesci e rovinato i terreni agricoli. A Bille, le fuoriuscite di petrolio hanno contaminato tutti i fiumi attorno alla zona. Le persone dicono di sentirne l’odore del greggio persino nelle proprie case. I pescatori sono disperati: pesci e i molluschi sono morti, così come le mangrovie dentro alle quali si riparavano.
La Shell, che ha recentemente annunciato il suo massimo profitto annuale di quasi 40 miliardi di dollari, si è difesa sostenendo che le comunità non avrebbero titolo legale per chiedere la bonifica, poiché molte delle fuoriuscite risalgono a più di cinque anni fa. La compagnia ha anche affermato che le perdite sarebbero state causate da furti e sabotaggi da parte di terzi, ma le denunce delle comunità dimostrano un quadro di inquinamento sistematico.
Amnesty International ha documentato a lungo gli impatti devastanti delle operazioni petrolifere nel Delta del Niger. Secondo l’organizzazione, la situazione è così grave che, in alcuni casi, i bambini nati in queste comunità presentano deformità a causa dell’esposizione a metalli pesanti e altre sostanze pericolose.
Il caso è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di battaglie legali tra Shell e le comunità del Delta del Niger. Già nel 2009, Amnesty International denunciava le violazioni dei diritti umani derivanti dall’inquinamento causato dall’industria petrolifera, sottolineando come la popolazione locale fosse stata privata del diritto a un ambiente sano, a un lavoro dignitoso e a risorse naturali vitali.
Nel 2021, Shell aveva dichiarato di aver risarcito le comunità di Oruma, Goi e Ikot Ada Udo, ma gli avvocati delle comunità di Ogale e Bille sostengono che la tragedia ambientale sia di dimensioni ben più ampie e che non siano stati fatti abbastanza per risolvere il problema.
Per tutti questi motivi, il processo previsto per il prossimo anno rappresenta un’importante occasione per ottenere un risarcimento che possa aiutare le comunità a ricostruire le loro vite e restituirgli il diritto di vivere in un ambiente sano.
[di Gloria Ferrari]
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