martedì 11 Febbraio 2025

Palermo, maxi operazione antimafia: arrestate 183 persone

Una delle più importanti operazioni antimafia degli ultimi decenni ha colpito questa notte il cuore di Cosa Nostra. A Palermo, 183 persone sono infatti state arrestate nell’ambito un blitz coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che ha azzerato i vertici di storici mandamenti dell’organizzazione come Porta Nuova, Pagliarelli, San Lorenzo, Bagheria e Santa Maria del Gesù. L’inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella, ha svelato una mafia palermitana in cerca di slancio e nuovi metodi per riorganizzare le proprie strutture di vertice, legata a riti e a codici del passato ma in grado di padroneggiare con dimestichezza le nuove tecnologie per sfuggire ai radar degli investigatori.

Dalle indagini che hanno portato al blitz emerge come i boss della mafia palermitana abbiano adottato sistemi di comunicazione criptati per eludere le intercettazioni, riuscendo perfino a trasmettere ordini e assistere addirittura in diretta a pestaggi all’interno delle carceri, dove minuscoli cellulari e migliaia di SIM venivano introdotti illegalmente, permettendo ai detenuti di comunicare indisturbati. Sapendo di essere pedinati, i criminali a piede libero evitavano pericolose riunioni in presenza, affidandosi a chat e videochiamate. Tuttavia, i mafiosi Nunzio Serio e Francesco Stagno, durante una conversazione in merito a un affare di droga, hanno rivelato i nomi dei partecipanti a una chat riservata, svelando l’attuale gotha mafioso: Tommaso Lo Presti, Guglielmo Rubino, Cristian Cinà e Giuseppe Auteri. Gli investigatori hanno così potuto delineare il nitido quadro della riorganizzazione criminale in atto. Emblematica la figura di Giovanni Cusimano, classe 1949, tra gli arrestati dell’operazione. Già detenuto per omicidio e associazione mafiosa, una volta tornato in libertà si aspettava un trattamento rispettoso dalla «famiglia». Le intercettazioni lo hanno immortalato mentre rimpiangeva i tempi in cui la mafia era più strutturata e temuta. Il suo pensiero era condiviso anche da altri boss intercettati: Giancarlo Romano, emergente del mandamento di Brancaccio, si lamentava del declino della mafia palermitana, criticando le nuove generazioni incapaci di reggere il confronto con il passato. L’inchiesta ha inoltre attestato che il traffico di droga rimane uno dei settori più redditizi per Cosa Nostra, che si avvale di legami sempre più stretti con la ‘Ndrangheta (regina di questo business), così come il racket sul territorio. I carabinieri hanno documentato richieste di pizzo sistematiche, soprattutto nelle zone turistiche di Mondello e Sferracavallo.

La portata dell’operazione ricorda il celebre blitz di San Michele del 1984, che portò al Maxiprocesso di Palermo, prima vera sconfitta giudiziaria della consorteria. E, più da vicino, quanto accadde nel dicembre 2018 e nel gennaio 2019, quando a Palermo furono catturati decine di mafiosi di alto rango. Tra questi, i capimandamento di Palermo che – in seguito ai decessi in carcere di Bernardo Provenzano (luglio 2016) e Totò Riina (novembre 2017) –, nel maggio 2018 avevano ricostituito la Cupola ed eletto il nuovo capo di Cosa Nostra: il gioielliere di Palermo Settimo Mineo, anche lui tra i mafiosi arrestati. A finire in manette era stato anche il giovane Leandro Greco, nipote di Michele Greco (famoso “Papa” di Cosa Nostra, che fu vicinissimo a Totò Riina dalla fine degli anni Settanta, processato al “Maxi” di Falcone e Borsellino). Oggi l’ennesimo capitolo di una partita a scacchi che, dai tempi del pool antimafia di Palermo, tra mille chiaroscuri, punti di domanda e verità ancora avvolte nell’ombra, sembra ben lontana dallo “scacco matto” finale.

[di Stefano Baudino]

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