giovedì 13 Febbraio 2025

Dalle pale agli asini: i nuovi capolavori dei media sulla “crisi” dell’esercito russo

Gli asini scendono letteralmente in campo nel conflitto russo-ucraino, ritagliandosi con gli zoccoli un piccolo ruolo da protagonisti sui media mainstream. Pubblicata con enfasi da Il Messaggero (Guerra ucraina, russi a cavallo? «Esaurite le scorte militari». Il generale Sobolev: «Asini per trasportare munizioni»), la notizia è stata desunta da un pezzo traduci, copia e incolla di Newsweek, che ci informa che la Russia avrebbe iniziato a schierare le sue truppe a cavallo – divenute poi misteriosamente asini – in Ucraina, a causa della carenza di equipaggiamenti, «mentre emergono notizie secondo cui il presidente Vladimir Putin avrebbe quasi esaurito le sue scorte militari sovietiche». 

Secondo la rivista statunitense, che è ancora in attesa di conferma via mail dal governo russo (che non escludiamo abbia preso la missiva come uno scherzo o un tentativo di phishing), esaurite le scorte militari (ma non erano già finite?), ora ci sarebbero gli asini a trasportare le munizioni, a dimostrazione delle “gravi difficoltà della Russia”. A testimonianza della ricostruzione, alcuni misteriosi e traballanti video pubblicati su X e rilanciati da Anton Gerashchenko, attuale consigliere ed ex viceministro presso il Ministero degli affari interni dell’Ucraina, e l’intervista del 6 febbraio del generale Viktor Sobolev, membro della Duma di Stato russa, al Gazeta. In questa intervista, il generale spiega che «i droni ucraini danno la caccia principalmente ai veicoli che forniscono munizioni e cibo alle unità e alle suddivisioni situate in prima linea» e che, quindi, si è deciso di ricorrere agli asini. Il che non significa, sia chiaro, che i soldati russi combattono a dorso d’asino come un moderno Sancho Panza, ma che si è pensato a un escamotage per evitare che i droni continuino a impallinare i blindati russi. Un soldato interpellato da Newsweek avrebbe spiegato che gli asini vengono assegnati alle unità di supporto, adducendo difficoltà nel trasporto dovute alla distruzione dei camion militari: «Abbiamo problemi con i trasporti, i nostri camion vengono distrutti. Quindi ora abbiamo un asino per trasportare le munizioni». La notizia era troppo ghiotta per non ritagliarsi ampio spazio sulle colonne dei media pro-Kiev.

Il 4 febbraio Forbes ha pubblicato un articolo in cui, invece di fare chiarezza sui video di alcuni soldati a cavallo che circolano sui social russi, si plaude alla de-meccanizzazione della fanteria russa: «È finalmente successo. Un video che è circolato sui social media questa settimana mostra due soldati russi a cavallo nel fangoso paesaggio ucraino». Davide Ascia, autore del pezzo, è però consapevole «che questo non significa che la Russia stia perdendo la guerra più ampia. Per quanto gravi siano i problemi di generazione di forza della Russia, quelli dell’Ucraina sono peggiori». 

La crisi del Cremlino è sicuramente il sogno pruriginoso dell’Occidente collettivo che dall’inizio dell’Operazione Speciale ci ha regalato alte vette di informazione: dai russi costretti a combattere senza calzini perché «Sul campo di battaglia neanche il freddo sta con Putin»(cit. Il Foglio, 26 novembre 2022) e a mani nudi con le pale, (Guerra nucleare? Missili ipersonici? La Russia (senza fondi) combatte con le pale e i carri armati della Seconda guerra mondiale, sempre Il Messaggero, 6 marzo 2023) all’esaurimento dei chip (ancora Il Messaggero, Russia a secco di chip, in crisi industria e difesa. Così soffre la macchina bellica, 7 settembre 2022). Mancano all’appello sono le fionde e i gavettoni.

La narrazione dominante è oscillata dalla cronaca delle presunte efferatezze russe alle ingenue ricostruzioni delle difficoltà dell’esercito russo (vi ricordate la bufala dei forni crematori mobili pubblicata dal Telegraph in cui affermava che, in Ucraina, l’esercito russo portava al proprio al seguito dei forni crematori mobili per nascondere le sue perdite, con tanto di video fake a corredo?). La guerra sembrava sempre sul punto di finire, grazie alla fantomatica controffensiva ucraina, che nel 2022 ha inebriato i media occidentali: questi, storditi dai fumi delle analisi alcoliche pro-Kiev, hanno pregustato nuove schiaccianti vittorie. A due anni e mezzo di distanza, smuovere quei ricordi può essere doloroso, come ripercorrere lo stato dell’informazione del nostro Paese.

È bene ricordare come i media mainstream abbiano ripetuto a spron battuto che la Russia non era più in grado di sostenere la guerra. Sempre sul punto di collassare. Solo che questo “punto” si spostava sempre più in là, come avviene nelle migliori profezie che non si realizzano. Se non è avvenuto oggi, accadrà “domani”.

Dal marzo 2022, infatti, la stampa occidentale ha più volte insistito sulla narrazione secondo la quale la Russia sarebbe senza risorse, armi né munizioni, incapace di continuare a sostenere il conflitto. A ripeterlo è stato anche il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, che nel marzo 2023 si diceva convinto che «l’esercito russo fallirà nei suoi obiettivi questa primavera, esaurirà i suoi strumenti di guerra». Insomma, tre mesi e poi tutti a casa. Peccato che siano passati quasi due anni da questa litania, rimbalzata sui quotidiani, ma smentita dai fatti. 

Il 4 marzo del 2022, già La Stampa sosteneva questa versione: secondo l’economista Vladimir Mirov – collaboratore di Navalny – Putin aveva finito le risorse e la guerra in Ucraina si sarebbe fermata entro 2-3 settimane al massimo. L’intervista era stata ripresa da Open e altri colleghi, con scarse doti di lungimiranza, ma in prima linea sul fronte dell’Inquisizione digitale. A prefigurare l’imminente collasso del Cremlino era anche il Wall Street Journal che, sempre a marzo 2022, sosteneva che «Putin potrebbe temere più il default che la sconfitta in Ucraina». Sempre a marzo, il WSJ sosteneva che il conflitto sarebbe durato al massimo due settimane. Ursula von der Leyen, che esattamente un anno fa invitava l’Europa ad armarsi per salvaguardare la libertà dell’UE dalle mire espansionistiche del Cremlino (si sa mai che arrivi fino al Portogallo), ora chiama a raccolta l’UE dichiarando che «oggi si fa la storia, spezzate le catene con la Russia». Ma a risultare spezzata sembra semmai la credibilità degli osservatori occidentali.

[di Enrica Perucchietti]

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