La transizione energetica in Italia avverrà con nuovi metanodotti, con il gas liquido trasportato via nave, con lo stoccaggio della CO₂ nei vecchi giacimenti esauriti, eventualmente anche con il nucleare. Sicuramente non con le fonti rinnovabili. È questo il messaggio che emerge forte e chiaro da un convegno tenutosi a Ravenna, organizzato da Il Resto del Carlino, dal titolo Energia e sostenibilità, a cui hanno partecipato alcuni dei principali protagonisti della politica energetica italiana: l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, l’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, e il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. Tutti concordi su un punto: la crisi energetica si supera diversificando le fonti di approvvigionamento. Tuttavia, non potenziando l’eolico, il solare o l’idroelettrico, bensì costruendo sempre più infrastrutture per acquistare gas da qualsiasi paese sia disposto a vendercelo. Ovviamente con l’eccezione della Russia: «Anche dopo la fine della guerra in Ucraina non torneremo al gas russo» è stato il commento, lapidario, di Descalzi.
Il tema è di grande attualità, soprattutto considerando che a gennaio il prezzo dell’elettricità in Italia ha registrato una nuova impennata,con un aumento del 44%. «In base ai dati del 2024, l’Italia sta pagando l’87% in più rispetto alla Francia, il 72% in più rispetto alla Spagna e il 38% in più rispetto alla Germania» ha spiegato Orsini, esprimendo forte preoccupazione per le ricadute sul settore industriale. Aumenti che, inevitabilmente, si rifletteranno anche sulle bollette degli italiani: secondo le stime di Nomisma, nel 2025 le famiglie spenderanno in media 216 euro in più rispetto ai già elevati costi del 2024. Sempre che il mercato si mantenga stabile, evento sempre più raro.
L’aumento dei costi in Italia è legato al fatto che il prezzo dell’elettricità è strettamente connesso a quello del gas e che il nostro Paese continua a farne largo uso: oltre la metà della produzione energetica nazionale deriva da fonti fossili, mentre le rinnovabili restano ferme al 19%. Negli ultimi giorni si è discusso molto della forte crescita economica della Spagna, il cui PIL è aumentato del 3,2% nel 2024. Molti analisti concordano sul fatto che uno dei fattori determinanti sia proprio il basso costo dell’elettricità, dovuto allo sviluppo massiccio delle energie rinnovabili, che nel 2024 hanno coperto il 57,5% del fabbisogno energetico del Paese. Nel nostro paese, invece, gli impianti eolici restano bloccati, mentre si dà priorità alla rigassificazione del gas liquido, importato via mare principalmente dagli Stati Uniti. Del resto, il presidente Donald Trump è stato chiaro: «Se l’Europa vuole evitare i dazi, dovrà investire in armi e in GNL» ha dichiarato nei giorni scorsi. Un invito di fronta al quale la “sovranissima” l’Italia si è già pienamente allineata.
Proprio a Ravenna, Snam è pronta ad accogliere la nave rigassificatrice BW Singapore, che arriverà in porto tra pochi giorni dopo un iter accelerato, che ha permesso di approvare e realizzare il progetto in meno di due anni. L’impianto entrerà in funzione ad aprile e, da quel momento, inizieranno gli arrivi delle navi cariche di gas liquido statunitense (Inutile sottolineare quanto costi, sia economicamente che a livello di impatto ambientale, trasportare gas via nave invece che attraverso un gasdotto). Ravenna è sempre più strategica per Snam ed Eni, che puntano a trasformarla in un hub europeo del gas. Tra i progetti principali, spicca il metanodotto Linea Adriatica, che partirà dalla provincia di Taranto per raggiungere il Nord Europa passando proprio per Ravenna. Inoltre, nuovi condotti collegheranno l’Italia ai giacimenti di gas in Egitto e Libia: «E qual è la prima porta d’accesso in quei territori per l’Europa?» ha domandato Venier. «Indubbiamente Ravenna».
E la transizione energetica? Secondo Venier e Descalzi, dovrebbe passare principalmente attraverso il sistema di stoccaggio della CO₂ (Carbon Capture and Storage, CCS). Anche in questo caso, Ravenna è all’avanguardia: qui è stato inaugurato il primo impianto in Italia, che prevede l’iniezione della CO₂ prodotta dalle industrie locali nei giacimenti di gas esauriti al largo dell’Adriatico, con l’obiettivo di ridurre le emissioni. Tuttavia, questa tecnologia è controversa: uno studio del 2022 ha rilevato che 10 dei 13 principali impianti CCS nel mondo hanno fallito o funzionato ben al di sotto delle aspettative.
Insomma, questi sono i piani di “Energia e sostenibilità”: in un’ora di colloquio con il presidente della Regione Michele de Pascale, i due amministratori delegati hanno sorvolato quasi completamente sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. L’unico accenno, segnalato con poco entusiasmo, è stato a un progetto bloccato da anni, che tuttavia potrebbe realmente segnare un passo in avanti per l’Italia nel settore dell’energia pulita: il parco eolico Agnes.
Si tratta di un impianto offshore da 75 turbine, al largo dell’Adriatico, che insieme ai pannelli fotovoltaici potrebbe generare energia pulita e a basso prezzo, sufficiente a soddisfare il fabbisogno di mezzo milione di famiglie. A Ravenna se ne è iniziato a parlare ben prima del rigassificatore, eppure i lavori non sono ancora partiti. L’impianto per la riconversione del gas liquido invece, altamente inquinante e a caro prezzo, sarà operativo tra poche settimane e godrà di una concessione di 25 anni.
[di Fulvio Zappatore]
E invece BISOGNA ritornare al gas Russo. Senza se e senza ma.
Ma perchè continuate a votare ‘sta gente, perchè??!!!!