Mercoledì 12 febbraio, in risposta a un’interrogazione parlamentare, il Governo ha esplicitato la sua posizione sullo scandalo Paragon, opponendosi all’accusa secondo la quale lo Stato italiano avrebbe adoperato uno spyware per compromettere i telefoni di giornalisti e attivisti. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (FI), è infatti intervenuto al Question Time, chiarendo che, nonostante l’Amministrazione abbia in atto un contratto con l’azienda israeliana, l’Intelligence non ha fatto nulla di male. Ciriani si è inoltre detto pronto a querelare chiunque suggerisca il contrario.
Palazzo Chigi aveva già pubblicato una nota sul caso il 5 febbraio, tuttavia molti dubbi erano rimasti irrisolti e, nel frattempo, sono emerse ulteriori indiscrezioni meritevoli di approfondimento. Federici Fornaro (PD) e Francesco Silvestri (M5S) hanno chiesto al Ministro preposto di colmare i buchi e di chiarire i non detti. “Come tutte le intelligence del mondo, anche i Servizi italiani, al fine di contrastare le organizzazioni terroristiche o criminali, in nome della sicurezza nazionale da molti anni fanno ricorso a strumenti come quelli prodotti e forniti dall’azienda Paragon Solutions”, ha risposto Ciriani.
Il Ministro ha dunque confermato che lo Stato ha in essere un contratto con l’azienda israeliana e ha negato formalmente quanto riportato dal The Guardian, ovvero che la Paragon Solutions abbia interrotto i rapporti con l’Italia a seguito di una violazione del codice etico del contratto siglato. “Va dato atto che la società Paragon Solutions ha garantito la fornitura del servizio, in ottemperanza alle clausole contrattuali, con massima professionalità e serietà. Nessuno ha rescisso in questi giorni alcun contratto nei confronti dell’intelligence. Tutti i sistemi sono stati e sono pienamente operativi contro chi attenta agli interessi e alla sicurezza della Nazione”.
Questi servizi, ha garantito Ciriani reiterando la posizione del Governo, non sarebbero stati adoperati dallo Stato per spiare i giornalisti e gli attivisti che ne contestano le scelte politiche. Detto questo, il Ministro non ha però mancato di notare che “la puntuale e costante applicazione della legge 124/2007 [quella che tutela le azioni a danno dei giornalisti, ndr] non esclude la disponibilità ad aggiornare la legislazione medesima, se necessario”. Attraverso l’interrogazione parlamentare è emerso anche che, martedì 11, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) ha riferito al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) sull’uso dello spyware.
Non ci sono stati chiarimenti sul chi abbia a questo punto spiato il Direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e gli attivisti che si oppongono al Governo, men che meno il perché. Il Ministro dei trasporti e Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini (Lega) aveva esplorato il tema ammettendo la propria ignoranza, ma suggerendo che “occorre un momento di chiarezza in quelli che sembrano regolamenti di conti all’interno dei servizi di Intelligence che svolgono un ruolo fondamentale per la stabilità, la sicurezza e la democrazia del Paese”.
Seguendo il ragionamento della salviniana opinione, insomma, potrebbe non essere stata l’Intelligence a spiare i cittadini italiani, bensì un gruppo di dissidenti interni ai Servizi Segreti che ha agito in autonomia. Illazioni su cui è forse meglio non attardarsi troppo, visto che il Governo è pronto a sguinzagliare i propri avvocati. “Il Governo intende adire le vie legali nei confronti di chiunque, in questi giorni, lo ha direttamente accusato di aver spiato i giornalisti. Come tutti hanno potuto constatare, il Governo non ha spiato i giornalisti, ma semmai li ha portati in salvo”, ha concluso Ciriani.
[di Walter Ferri]