mercoledì 12 Marzo 2025

Il nuovo governo siriano annuncia uno storico accordo di pace coi ribelli curdi

Il nuovo regime siriano ha annunciato di aver raggiunto un accordo di pacificazione con le Forze Democratiche Siriane (SDF), guidate dai curdi, al fine di integrare queste ultime con le istituzioni dello Stato centrale. Ad annunciarlo è stato l’ufficio della presidenza siriana, che ha rilasciato le immagini dell’incontro tra il presidente ad interim Al-Sharaa (precedentemente noto come Al-Julani) e il capo delle SDF, Mazloum Abdi. L’accordo, suddiviso in otto punti chiave, darà il via a un processo politico che dovrebbe terminare entro la fine di quest’anno. Il cessate il fuoco tra le due parti sarà il punto di partenza per l’attuazione della transizione e l’integrazione militare, politica ed economica della regione controllata dai curdi con il nuovo regime siriano guidato dagli jihadisti. Al contempo, il nuovo Stato siriano dichiara di riconoscere la comunità curda e di assicurarne la protezione.

Con la firma dell’accordo, dunque, la comunità curda viene riconosciuta come parte integrante dello Stato siriano, con i suoi diritti protetti dalla cittadinanza e dalla Costituzione. Viene così meno ogni tentativo di autonomia o indipendenza della regione del nord-est della Siria, nota anche come Rojava o Kurdistan siriano. Obiettivo che peraltro non è mai stato alla base dell’ideologia dei curdi, basata sui principi di autonomia e municipalismo del “confederalismo democratico” teorizzati dal leader del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), Abdullah Ocalan. Contrariamente a quanto comunemente creduto, il confederalismo democratico del Rojava non ricerca l’indipendentismo, ma l’autonomia amministrativa, senza che i confini statali siano modificati. L’idea è, di fatto, il superamento dell’istituzione statale in quanto intimamente collegata – nell’analisi di Ocalan – con la struttura capitalistica dell’economia moderna e le logiche di sfruttamento.

L’accordo giunge a meno di due settimane dallo storico annuncio del leader curdo del PKK, Abdullah Ocalan, con il quale questi invitava alla dissoluzione dell’organizzazione politico-militare e alla riappacificazione con lo Stato turco. Proprio questo annuncio potrebbe aver avuto un certo peso nell’arrivare alla firma dell’accordo di pacificazione. Le informazioni sul contenuto dell’accordo sono ancora poche e le forze curde non l’hanno ancora commentato pubblicamente. Secondo quanto anticipato dall’agenzia di stampa siriana SANA, l’accordo integrerebbe «tutte le istituzioni civili e militari nel nord-est della Siria nell’amministrazione dello Stato siriano, compresi i varchi di frontiera, gli aeroporti e i giacimenti di petrolio e gas». Rimane tuttavia non chiaro quale status e quale reale grado di autonomia otterranno i curdi in cambio della rinuncia alla lotta armata.

La storia è quindi ancora tutta da scrivere, e i curdi hanno dimostrato più volte nella loro storia di essere pronti a riprendere le armi per rivendicare quelli che considerano propri diritti come comunità nazionale. Di certo le basi dell’accordo potrebbero avere punti in grado di soddisfare tutti: i curdi otterranno l’autonomia necessaria per proseguire il loro esperimento di socialismo e auto-organizzazione municipale, il nuovo regime siriano farà un passo deciso verso la pacificazione del territorio e, il terzo incomodo dell’accordo, ossia la Turchia di Erdogan (sponsor principale del governo siriano), compirà un altro passo verso la pacificazione della questione curda.

Nella nuova Siria rimangono diversi i fronti aperti. L’accordo tra governo e curdi siriani arriva mentre nella provincia di Latakia e dintorni si aggrava la persecuzione contro gli alauiti, presi di mira dal nuovo regime fin dal suo insediamento, con oltre un migliaio di vittime registrate solamente negli ultimi giorni. Mentre nel sud crescono le tensioni con la minoranza drusa, utilizzata da Israele come pretesto per mantenere e allargare la propria presenza militare nel Paese.

[di Michele Manfrin]

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1 commento

  1. Speriamo bene! Un accordo tra i nuovi tagliagola siriani, il dittatore Erdogan e i curdi fa solo tremare (per questi ultimi). Può darsi che per una volta i mezzi diplomatici abbiano davvero la meglio rispetto a violenze e soprusi. Certo la presa di posizione di Ocalan avrà contribuito. Però, come si dice, bisogna vedere le carte: quale reale autonomia per la continuazione di un progetto politico e sociale (quello del Rojava) che ho sempre considerato con grande interesse e simpatia

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