Con una sentenza del 5 marzo, il Consiglio della Shura, il più alto organo della giustizia amministrativa libanese, ha ordinato al governo del Paese di risarcire un cittadino con una somma pari a circa 5.000 euro per non aver impedito che venisse torturato. A percepire il risarcimento sarà Ziad Itani, attore arrestato nel 2017 con una falsa accusa di spionaggio. Itani fu trattenuto in carcere per settimane, durante le quali venne segregato in isolamento, incatenato per ore e malmenato. «Questa decisione rappresenta una rara svolta per la giustizia, che deve aprire la strada alla fine della lunga impunità per la tortura in Libano», ha scritto Amnesty International. «Le autorità libanesi devono ora agire per garantire che i responsabili della tortura siano puniti, che tutte le persone in detenzione siano protette dalla tortura e da altri maltrattamenti e che coloro che sono stati sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani vengano risarciti».
Ziad Itani era stato arrestato il 23 novembre 2017 dalla Direzione generale della sicurezza dello Stato e incarcerato sulla base di accuse, poi rivelatesi infondate, che lo dipingevano come una spia al servizio di Israele. Quando si è presentato per la prima volta davanti a un giudice militare, Itani ha fornito una descrizione dettagliata delle torture subite durante la detenzione, ma la corte non ha ordinato alcuna indagine. Il 13 marzo 2018, la corte militare ha assolto Itani e ne ha ordinato il rilascio. Durante i mesi di prigionia, è stato costretto all’isolamento senza la possibilità di contattare il proprio avvocato, picchiato con cavi elettrici, preso a calci e pugni, minacciato di stupro e appeso con catene ai polsi per ore consecutive. Il 20 novembre 2018, Itani ha presentato un esposto sui casi di tortura subiti.
Poco prima della sua incarcerazione, infatti, nell’ottobre 2017, il Libano aveva ratificato una legge anti-tortura. Questa, oltre a criminalizzare la tortura, dichiara inammissibili le dichiarazioni estorte con la violenza, impone tempi burocratici rapidi nei casi di denunce per tortura, stabilisce il diritto alla riabilitazione e definisce la tortura come un crimine non giustificabile per necessità o esigenze di sicurezza nazionale. Il caso presentato da Itani, tuttavia, non è mai arrivato a processo. Nell’agosto 2020, l’attore ha quindi presentato la questione al Consiglio della Shura, chiedendo un risarcimento, che gli è stato garantito. Tra le altre cose, la Corte ha condannato lo Stato per non aver indagato adeguatamente sulle torture inflitte a Itani e per non aver punito i responsabili ai sensi della legge contro la tortura. Malgrado siano passati oltre 7 anni dalla sua approvazione, tale legge è stata applicata poche volte, e per tale motivo la sentenza per Itani potrebbe aprire la strada per una sua possibile applicazione futura.
[di Dario Lucisano]
Considerata la situazione libanese attuale penso potrebbe essere un’operazione di facciata, ma nulla toglie nello specifico alla positività della sentenza, per lo meno per il povero Itani. E in Italia?