Le autorità sarde hanno emanato due Daspo urbani, la misura di divieto di accesso al territorio comunale, nei confronti di attivisti sardi che hanno partecipato alle proteste contro la speculazione eolica. Gli attivisti, di preciso, avevano preso parte a una protesta notturna presso il porto di Oristano-Santa Giusta, con l’obiettivo di impedire il trasporto delle pale eoliche tra le strade provinciali 49 e 56. Nei prossimi giorni, ipotizzano i quotidiani locali, misure analoghe potrebbero colpire altre persone presenti alla manifestazione: i due attivisti sanzionati, infatti, si sarebbero limitati a protestare vicino ai tir, nei pressi dei quali si trovavano però altre decine di manifestanti.
Nello specifico, uno dei Daspo urbani già recapitati ha colpito un’attivista di 60 anni, Rosi Tocco, la quale avrebbe insultato con foga l’autista del tir che trasportava la pala eolica, che l’avrebbe attaccata a parole. Tramite il suo avvocato, Michele Zuddas, Tocco chiederà di essere ascoltata in Questura al fine di chiarire la sua posizione. «Ho ricevuto un procedimento amministrativo perché io e alcuni compagni di vari comitati in lotta contro la speculazione energetica, abbiamo legittimamente protestato a Santa Giusta – ha scritto Tocco in un post Facebook – Nello specifico, io ho ostacolato con veemenza l’esecuzione della manovra del mezzo pesante impedendo la prosecuzione, obbligando l’autista ad una sosta forzata, ho insultato e minacciato l’autista e un operatore a terra. Di conseguenza lorsignori ritengono che io sia una persona socialmente pericolosa. Oramai non si può più neanche dissentire con “veemenza “, avrei dovuto dire all’autista con modi gentili e per gentilezza di non trasportare quell’enorme mostro a Villacidro!». Tocco ha concluso il suo post scrivendo: «Io non mi lascio intimorire, per me è soltanto un onore essere processata per aver difeso la mia amata Terra». Un altro Daspo è stato emesso all’indirizzo di un attivista barbaricino di cui non sono state rese note le generalità, ma ci si aspetta che ne arrivino molti altri. In totale, infatti, le persone in protesta a ridosso del tir erano circa trenta, mentre altre venti dimostranti avevano fatto sentire la loro voce per le strade dello scalo portuale.
Quella notte, il grande autoarticolato posizionato nel piazzale del porto industriale, con un’enorme pala eolica caricata per il trasporto, doveva raggiungere il Comune di Villacidro. Alcune decine di militanti del Presidio del popolo sardo, giunti da ogni angolo dell’Isola, avevano inscenato una protesta davanti al mezzo in partenza, rallentando le operazioni per circa un’ora. Sotto l’attenzione controllo delle forze dell’ordine, i manifestanti avevano scandito lo slogan “Fuori la mafia dalla Sardegna!”. Tra le pale e gli agenti, di tanto in tanto, sono comparse le maschere dell’Anonymous sardo, decorate con i Quattro Mori, per richiamare l’attenzione sulla mobilitazione contro l’espansione incontrollata di impianti eolici, fotovoltaici e agrivoltaici sul territorio.
La popolazione sarda lotta da tempo contro la speculazione delle multinazionali dell’eolico. Un presidio permanente presso il porto di Oristano è iniziato nel luglio dell’anno scorso, sfociando fin dai primi giorni in tensioni con le forze dell’ordine, che hanno effettuato sgomberi, identificazioni e denunce all’indirizzo degli attivisti. Contestualmente, nell’entroterra cagliaritano, alcuni cittadini hanno dato il via alla Rivolta degli Ulivi, sollevazione popolare spontanea che risponde agli espropri coattivi dei terreni dei contadini (dove dovranno sorgere i parchi eolici) piantando ulivi e altre specie vegetali.
Nel frattempo, la vicenda ha visto negli ultimi giorni una novità importante sul versante normativo e giurisprudenziale. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge regionale della Sardegna che, lo scorso luglio, aveva introdotto una moratoria sulla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili per un anno e mezzo, in attesa del via libera alla legge regionale per l’individuazione delle aree idonee. Contro la moratoria il governo italiano aveva subito deciso di ricorrere alla Consulta, vincendo la partita. Nel testo della sentenza si spiega infatti che le disposizioni regionali impugnate, sebbene «finalizzate alla tutela del paesaggio, nello stabilire il divieto di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili», si pongono in contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione sanciti a livello europeo e recepiti a livello statale.
[di Stefano Baudino]