Sale la tensione in Yemen, dove gli Stati Uniti hanno lanciato un vasto bombardamento, uccidendo almeno 53 persone e ferendone un centinaio. In risposta, il movimento yemenita degli Houthi ha colpito la portaerei statunitense Harry S. Truman, costringendola a fermare un attacco che si sarebbe abbattuto sul Paese. L’attacco degli USA arriva dopo che il movimento yemenita ha annunciato la ripresa del blocco del transito delle navi collegate a Israele nel Mar Rosso in sostegno alla Palestina. A ordinarlo è stato lo stesso presidente Trump, che con un post sul social Truth ha minacciato di «far piovere l’inferno» su di loro. Trump ha poi lanciato un messaggio all’Iran, intimandogli di «cessare immediatamente il supporto ai terroristi»; proprio l’Iran sembrerebbe uno degli obiettivi indiretti del presidente statunitense, che ha recentemente inviato una lettera a Teheran per ridiscutere la sua dottrina nucleare.
Gli attacchi degli USA agli Houthi sono stati ordinati da Trump nella serata di sabato 15 marzo. Ad essere prese di mira sono state diverse località dello Yemen. In totale, gli USA hanno eseguito più di 47 attacchi aerei, prendendo di mira la capitale Sana’a e le province di Ibb, Al-Bayda, Al-Jawf, Dhamar, Hajja, Ma’rib, Sa’da e Ta’izz. I bombardamenti hanno provocato danni in gran parte dell’area del Paese controllata dagli Houthi: nella capitale, sono stati segnalati almeno otto raid, uno dei quali ha colpito una zona residenziale, uccidendo almeno 15 persone; a Sa’da, colpita da una dozzina di raid, un attacco alla centrale elettrica di Dahyan ha causato un blackout; a Ta’izz, invece, è stato colpito un sito militare. In totale sono morte almeno 53 persone, ma il numero delle vittime non sembra ancora definitivo e continua a salire.
Ieri, in risposta all’offensiva statunitense, gli Houthi hanno condotto un’operazione contro la portaerei statunitense USS Harry S. Truman e le sue navi da guerra di accompagnamento nel Mar Rosso settentrionale, utilizzando un numero indefinito di droni, e 18 missili balistici e da crociera. Dopo la controffensiva, gli Houthi hanno rilasciato una dichiarazione per rivendicare l’attacco, annunciando che «affronteremo l’escalation con l’escalation» e avvertendo gli USA che eventuali attacchi non rimarranno senza risposta. Successivamente, gli USA hanno lanciato altri attacchi di minore intensità contro le località controllate dagli Houthi, e il movimento yemenita ha risposto attaccando nuovamente la portaerei USS Harry S. Truman, costringendo i caccia statunitensi decollati dalla nave a rientrare.
Nel suo post su Truth, Trump ha motivato l’attacco contro gli Houthi sostenendo che «hanno condotto una campagna incessante di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri Paesi». Martedì 11 marzo, il gruppo ha rilasciato una dichiarazione in cui annunciava che, alla luce delle continue violazioni del cessate il fuoco a Gaza da parte di Israele e dell’interruzione della rete elettrica e dell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, avrebbero ripreso a pattugliare lo stretto di Bab al-Mandab, sul Mar Rosso, «ripristinando il divieto di passaggio per tutte le navi israeliane». Prima degli attacchi statunitensi, comunque, non si erano registrati movimenti ostili degli Houthi nei confronti di navi israeliane.
Il post di Trump menziona anche l’Iran, che sembrerebbe un altro dei bersagli indiretti del presidente. Recentemente, gli USA hanno mandato una lettera a Teheran per riaprire il dialogo sul suo programma nucleare, intimando alla Repubblica islamica di rivederlo. L’obiettivo dichiarato del presidente era quello di «impedire all’Iran di acquisire armi nucleari» e «scongiurare una possibile azione militare»: «Ci sono due modi in cui l’Iran può essere gestito», aveva dichiarato Trump poco dopo l’invio della lettera. «Militarmente, o se si fa un patto. Io preferirei fare un patto». L’Ayatollah Ali Khamenei aveva definito la lettera un «inganno per l’opinione pubblica», sostenendo di non potersi fidare degli Stati Uniti e di non avere alcuna intenzione di dotare il Paese di testate nucleari; Khamenei aveva poi detto che non avrebbe negoziato con gli USA se questi avessero continuato ad assumere un atteggiamento «da bulli», riservandosi il diritto di rispondere a eventuali attacchi di Washington.
[di Dario Lucisano]