lunedì 7 Aprile 2025

Denunce, sospensioni e incatenamenti: la lotta del liceo di Bologna contro la repressione

«Disturbavano le lezioni, così ho chiamato la Digos»: bastano le parole del preside per restituire il clima che si respira oggi nei licei italiani, dove l’intervento delle forze dell’ordine sembra essere diventato una risposta ordinaria a ogni forma di protesta studentesca. L’ultimo episodio si è verificato al Liceo Classico Minghetti di Bologna, dove un collettivo studentesco ha occupato l’istituto per manifestare contro le misure repressive introdotte dal governo con il nuovo Decreto Sicurezza. La reazione non si è fatta attendere: dieci studenti sono stati sospesi e per cinque di loro è scattata addirittura una denuncia per interruzione di pubblico servizio.

Tutto è cominciato il 18 marzo, quando il Collettivo Minghetti ha dato il via all’occupazione dell’istituto, protestando non solo contro il decreto sicurezza, ma anche contro la politica di riarmo europeo, la complicità del governo nell’assedio a Gaza e la riforma della scuola voluta dal ministro Valditara. Questioni che, secondo gli studenti «incombono sul nostro futuro come una spada di Damocle» e che li hanno spinti a utilizzare gli spazi scolastici per far sentire la propria voce.

Una scelta che, tuttavia, si è ritorta contro di loro seguendo la classica legge del contrappasso. «Già nei giorni precedenti, mentre circolava la voce di una possibile occupazione, il preside aveva minacciato conseguenze legali – ha raccontato a L’Indipendente Matteo Carrozzieri, uno degli studenti del Minghetti – Una volta iniziata l’occupazione, invece di fare denuncia contro ignoti, come da prassi consolidata, ha deciso di denunciare arbitrariamente alcuni di noi come responsabili dell’atto». Al momento sarebbero cinque gli studenti denunciati per il reato di interruzione di pubblico servizio, anche se non è ancora arrivata nessuna comunicazione ufficiale.

 «Siamo entrati nell’ufficio del preside assieme ai ragazzi del collettivo per discutere dell’occupazione – ci ha spiegato Giorgia Carlotta Spezia, rappresentante d’istituto – Il preside ha preso i nomi di chi era nel suo ufficio e li ha segnalati alle forze dell’ordine».

Non solo. Il collegio docenti ha approvato le sospensioni per dieci studenti, abbassando la condotta a 6 e imponendo, agli alunni dell’ultimo anno, la stesura di una tesina sulla cittadinanza attiva e sui principi costituzionali da presentare all’esame di maturità. Una misura calata dall’alto, voluta dal ministero dell’Istruzione guidato da Valditara, che suona come un tentativo di “rieducazione” attraverso gli stessi concetti che quei ragazzi avevano provato a difendere, scendendo in campo contro ciò che ne tradisce il significato profondo.

Una punizione ritenuta dura e ingiustificata non solo dagli studenti del collettivo, ma anche da molti loro compagni che non hanno partecipato all’occupazione. «Noi eravamo contrari alle modalità con cui è stata portata avanti la protesta a scuola – spiega sempre Giorgia Carlotta Spezia – Tuttavia, riteniamo che le ragazze e i ragazzi del collettivo siano giovani che, in un momento storico segnato dal disinteresse verso la politica e da un forte astensionismo, sognano e lottano attivamente per un mondo migliore. Sanzioni disciplinari e denunce rappresentano una reazione sproporzionata».

Solidarietà è arrivata anche da genitori, insegnanti e dalle oltre 15.000 persone che hanno firmato l’appello lanciato dal collettivo per chiedere il ritiro delle sanzioni disciplinari. Il primo aprile si è svolta una nuova manifestazione di protesta davanti alla scuola. «L’operazione è chiara e in linea con quanto sta accadendo nel Paese e nel mondo – ha scritto il regista Nicola Borghesi, ex studente del Minghetti, intervenuto in difesa dei ragazzi – abbattere ogni residuo di alterità e resistenza al progetto mostruoso che le destre stanno attuando. Colpirne uno, il Minghetti, per educarne cento».

La mobilitazione cittadina a sostegno degli studenti non ha però fatto cambiare idea al preside, deciso a procedere con sospensioni e denunce, che rivendica come aventi una «funzione simbolica e pedagogica».

È anche per questo che venerdì gli studenti sono tornati in piazza e, uniti al corteo del collettivo OSA e Cambiare Rotta, si sono recati davanti alla Prefettura per protestare contro le politiche repressive del governo nelle scuole e nelle università. Qui sono state consegnate le 15.000 firme raccolte nei giorni precedenti. Proprio in quelle ore il governo approvava, tramite decreto urgente, nuove misure in materia di sicurezza: pene più severe per le manifestazioni di dissenso, un nuovo reato di occupazione abusiva, fino a due anni di carcere per i blocchi stradali, aggravanti per chi ostacola la costruzione di opere pubbliche e aggravanti per i reati commessi in stazioni o mezzi pubblici.

E così si torna al liceo Minghetti, trasformato in un laboratorio sperimentale per l’applicazione della dottrina sempre più repressiva del governo. «È chiaro che c’è un intento intimidatorio nei nostri confronti – continua Matteo Carrozzieri – ma è altrettanto evidente che questo rappresenta un messaggio per tutti gli studenti che, in futuro, vorranno esprimere dissenso. Lo si vede anche nei licei romani, dove piovono sospensioni e bocciature per chi è accusato di aver ostacolato il diritto allo studio. Ma quattro giorni di occupazione al Minghetti non sono un pericolo per il diritto allo studio quanto lo sono i 350 milioni di tagli alla scuola previsti dalla riforma Valditara».

A chiudere, un altro episodio preoccupante. Al termine della manifestazione di venerdì, uno studente del Minghetti e un attivista di Potere al Popolo si sono incatenati davanti alla prefettura, annunciando che vi sarebbero rimasti fino a domenica, in segno di protesta non violenta. Poche ore dopo, entrambi sono stati prelevati con la forza dalla Digos e portati in questura, dove è stata notificata l’apertura di un’indagine a loro carico. Arriverà un’altra denuncia, questa volta per occupazione abusiva di suolo pubblico.

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Fulvio Zappatore

Nato a Cesena nel 1984, muove i primi passi nel giornalismo scrivendo articoli per la stampa locale. Dopo la laurea in Storia contemporanea diventa professionista e inizia a dedicarsi anche al giornalismo televisivo. Collabora a L’Indipendente come corrispondente dall’Emilia-Romagna.

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2 Commenti

  1. «L’operazione è chiara e in linea con quanto sta accadendo nel Paese e nel mondo – ha scritto il regista Nicola Borghesi, ex studente del Minghetti, intervenuto in difesa dei ragazzi – abbattere ogni residuo di alterità e resistenza al progetto mostruoso che le destre stanno attuando. Colpirne uno, il Minghetti, per educarne cento».

    E dai con ‘ste destre…il progetto mostruoso sarebbe appannaggio delle destre? Magari! Non c’è alcuna opposizione reale! Conosco delle persone di destra che son opiù pacifiste di tanti di sinistra… Finchè non diamo per assodato che in realtà si tratta di un sistema trasversale, comune a tutta la politica, finanza e mezzi d’informazione, non ne usciremo mai!!!

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